Autorizzazione all’apertura e all’esercizio.
Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private. Gazzetta Ufficiale N. 227 del 27 Settembre 2002
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Gazzetta Ufficiale N. 227 del 27 Settembre 2002
MINISTERO DELL’INTERNO
DECRETO 18 settembre 2002
Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private.
IL MINISTRO DELL’INTERNO
Vista la legge 27 dicembre 1941, n. 1570;
Visto l’art. 1 della legge 13 maggio 1961, n. 469;
Visto l’art. 2 della legge 26 luglio 1965, n. 966;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.547;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n.577;
Visto il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626;
Rilevata la necessità di emanare specifiche disposizioni di prevenzione incendi per le strutture sanitarie, pubbliche e private;
Visto il progetto di regola tecnica elaborato dal Comitato centrale tecnico scientifico per la prevenzione incendi di cui all’art. 10 del
decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577;
Visto l’art. 11 del citato decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577;
Espletata la procedura di informazione ai sensi della direttiva 98/34/CE, come modificata dalla direttiva 98/48/CE;
Decreta:
Art. 1. Scopo e campo di applicazione
1. Il presente decreto ha per scopo l’emanazione di disposizioni di prevenzione incendi riguardanti la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie di seguito elencate e classificate sulla base di quanto riportato all’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 (supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 42 del 20 febbraio 1997) in relazione alla tipologia delle prestazioni erogate:
a) strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo e/o diurno;
b) strutture che erogano prestazioni in regime residenziale a ciclo continuativo e/o diurno;
c) strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio.
Art. 2. Obiettivi
1. Ai fini della prevenzione incendi, allo scopo di raggiungere i primari obiettivi di sicurezza relativi alla salvaguardia delle persone e alla tutela dei beni contro i rischi di incendio, le strutture sanitarie, di cui al precedente articolo, sono realizzate e gestite in modo da:
a) minimizzare le cause di incendio;
b) garantire la stabilità delle strutture portanti al fine di assicurare il soccorso agli occupanti;
c) limitare la produzione e la propagazione di un incendio all’interno dei locali;
d) limitare la propagazione di un incendio ad edifici e/o locali contigui;
e) assicurare la possibilità che gli occupanti lascino il locale indenni o che gli stessi siano soccorsi in altro modo;
f) garantire la possibilità per le squadre di soccorso di operare in condizioni di sicurezza.
Art. 3. Disposizioni tecniche
1. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi di cui all’art. 2, è approvata la regola tecnica di prevenzione incendi allegata al presente decreto.
Art. 4. Applicazione delle disposizioni tecniche
1. Fatto salvo quanto previsto al successivo comma 4, le disposizioni tecniche riportate al titolo II dell’allegato si applicano alle strutture sanitarie di cui al precedente art. 1, comma
1, lettere a) e b), di nuova costruzione ed a quelle esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, nel caso siano oggetto di interventi comportanti la loro completa ristrutturazione e/o il cambio di destinazione d’uso.
Qualora gli interventi effettuati su strutture esistenti, comportino la sostituzione o modifica di impianti e/o attrezzature di protezione attiva antincendio, la modifica parziale delle caratteristiche costruttive e/o del sistema di vie di uscita, e/o ampliamenti, le disposizioni del presente decreto si applicano
solamente agli impianti e/o alle parti della costruzione oggetto degli interventi di modifica. In ogni caso gli interventi di modifica effettuati su strutture esistenti, che non comportino un loro cambio di destinazione, non possono diminuire le condizioni di sicurezza preesistenti.
A fronte di interventi di ampliamento e/o modifiche di strutture sanitarie esistenti, comportanti un incremento di affollamento, in misura tale da essere compatibile con il sistema di vie di uscita esistente e con l’eventuale nuovo assetto planovolumetrico, il predetto sistema di vie di uscita dovrà essere rispondente alle disposizioni di cui al titolo III.
2. Fatto salvo quanto previsto al successivo comma 4, le strutture sanitarie di cui all’art. 1, comma 1, lettere a) e b), esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono adeguate alle disposizioni riportate al titolo III dell’allegato entro i termini temporali di cui al successivo art. 6.
Non sussiste l’obbligo dell’adeguamento per le strutture sanitarie:
a) per le quali sia stato rilasciato il certificato di prevenzione incendi;
b) per le quali siano stati pianificati, o siano in corso, lavori di modifica, adeguamento, ristrutturazione o ampliamento sulla base di un progetto approvato dal competente Comando provinciale dei Vigili del fuoco.
3. Le disposizioni di cui al titolo IV dell’allegato si applicano alle strutture sanitarie di cui all’art. 1, comma 1, lettera c), di nuova costruzione ed esistenti.
4. Le disposizioni di cui al titolo IV dell’allegato si applicano ltresi’:
a) alle strutture, fino a 25 posti letto, che erogano prestazioni a ciclo diurno in regime di ricovero ospedaliero e/o residenziale, sia esistenti che di nuova costruzione;
b) alle strutture esistenti, fino a 25 posti letto, che erogano prestazioni in regime residenziale a ciclo continuativo.
Art. 5. Commercializzazione CE
1. I prodotti provenienti da uno dei Paesi dell’Unione europea, o da uno dei Paesi contraenti l’accordo SEE, legalmente riconosciuti sulla base di norme armonizzate ovvero di norme o regole tecniche applicate in tali Stati che permettono di garantire un livello di protezione, ai fini della sicurezza antincendio, equivalente a quello perseguito dalla presente regolamentazione, possono essere commercializzati per essere impiegati nel campo di applicazione disciplinato dal presente decreto.
2. Nelle more dell’entrata in vigore di apposite norme armonizzate, agli estintori, alle porte e agli elementi di chiusura per i quali è richiesto il requisito di resistenza al fuoco, nonchè ai prodotti per i quali è richiesto il requisito di reazione al fuoco, si applica la regolamentazione italiana vigente, che prevede specifiche clausole di mutuo riconoscimento, concordate con i servizi della Commissione europea, stabilite nei seguenti decreti del Ministro dell’interno:
decreto 12 novembre 1990 per gli estintori portatili;
decreto 5 agosto 1991 per i materiali ai quali è richiesto il requisito di reazione al fuoco;
decreto 6 marzo 1992 per gli estintori carrellati;
decreto 14 dicembre 1993 per le porte e gli altri elementi di chiusura ai quali è richiesto il requisito di resistenza al fuoco.
Art. 6. Disposizioni transitorie e finali
1. Fatti salvi gli obblighi ed i relativi termini di adeguamento stabiliti nella vigente legislazione tecnica in materia di sicurezza, le strutture sanitarie esistenti di cui al comma 2 del precedente art. 4 sono adeguate entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del decreto.
2. Il presente decreto entra in vigore il novantesimo giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
è fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Roma, 18 settembre 2002
Il Ministro: Pisanu
Allegato
REGOLA TECNICA DI PREVENZIONE INCENDI PER LA PROGETTAZIONE, COSTRUZIONE ED ESERCIZIO DELLE STRUTTURE SANITARIE, PUBBLICHE E
PRIVATE
Titolo I
DEFINIZIONI E CLASSIFICAZIONE
1. – Generalità.
1.1 – Termini, definizioni e tolleranze dimensionali.
1. Per i termini, le definizioni e le tolleranze dimensionali si rimanda a quanto emanato con decreto ministeriale 30 novembre 1983 (G.U. n.339 del 12/12/1983).
2. Ai fini delle presenti disposizioni, si definisce inoltre:
a) corridoio cieco: corridoio o porzione di corridoio dal quale è possibile l’esodo in un’unica direzione. La lunghezza del corridoio cieco va calcolata dall’inizio dello stesso fino all’incrocio con un corridoio dal quale sia possibile l’esodo in almeno due direzioni, o fino al più prossimo luogo sicuro o via di esodo verticale;
b) esodo orizzontale progressivo: modalità di esodo che prevede lo spostamento dei degenti in un compartimento adiacente capace di contenerli e proteggerli fino a quando l’incendio non sia stato domato o fino a che non diventi necessario procedere ad una successiva evacuazione verso luogo sicuro;
c) percorso orizzontale protetto: percorso di comunicazione orizzontale o suborizzontale protetto da elementi con caratteristiche
di resistenza al fuoco adeguata, con funzione di collegamento tra compartimenti o di adduzione verso luogo sicuro;
d) piano di uscita dall’edificio: piano dal quale sia possibile l’evacuazione degli occupanti direttamente in luogo sicuro all’esterno dell’edificio, anche attraverso percorsi orizzontali protetti;
e) scala di sicurezza esterna: scala totalmente esterna, rispetto al fabbricato servito, munita di parapetto regolamentare e realizzata secondo i criteri sotto riportati: i materiali devono essere di classe 0 di reazione al fuoco;
la parete esterna dell’edificio su cui è collocata la scala, compresi gli eventuali infissi, deve possedere, per una larghezza pari alla proiezione della scala, incrementata di 2,5 m per ogni lato, requisiti di resistenza al fuoco almeno REI 60. In alternativa la scala esterna deve distaccarsi di 2,5 m dalle pareti dell’edificioe collegarsi alle porte di piano tramite passerelle protette con setti laterali, a tutta altezza, aventi requisiti di resistenza al fuoco pari a quanto sopra indicato.
1.2 – Classificazione delle aree delle strutture sanitarie.
1. Le aree delle strutture sanitarie, ai fini antincendio, sono cosi’ classificate:
tipo A – aree od impianti a rischio specifico, classificati come attività soggette al controllo del C.N.VV.F. ai sensi del decreto ministeriale 16 febbraio 1982 (Gazzetta Ufficiale n. 98 del 9 aprile 1982) e del decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio 1959, n. 689 (Gazzetta Ufficiale n. 212 del 4 settembre 1959) (impianti di produzione calore, gruppi elettrogeni, autorimesse, ecc.);
tipo B – aree a rischio specifico accessibili al solo personale dipendente (laboratori di analisi e ricerca, depositi, lavanderie, ecc.) ubicate nel volume degli edifici destinati, anche in parte, ad aree di tipo C e D;
tipo C – aree destinate a prestazioni medico-sanitarie di tipo ambulatoriale (ambulatori, centri specialistici, centri di diagnostica, consultori, ecc.) in cui non è previsto il ricovero;
tipo D – aree destinate a ricovero in regime ospedaliero e/o residenziale nonchè aree adibite ad unità speciali (terapia intensiva, neonatologia, reparto di rianimazione, sale operatorie, terapie particolari, ecc.);
tipo E – aree destinate ad altri servizi pertinenti (uffici amministrativi, scuole e convitti professionali, spazi per riunioni e convegni, mensa aziendale, spazi per visitatori inclusi bar e limitati spazi commerciali).
1.3 – Rinvio a norme e criteri di prevenzione incendi.
1. Per le aree di tipo A ed E, salvo quanto diversamente previsto nella presente regola tecnica, si applicano le specifiche disposizioni di prevenzione incendi o, in mancanza di esse, i criteri tecnici generali di prevenzione incendi di cui all’art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577 (Gazzetta Ufficiale n. 229 del 20 agosto 1982).
Titolo II
STRUTTURE DI NUOVA COSTRUZIONE CHE EROGANO PRESTAZIONI IN REGIME DI RICOVERO OSPEDALIERO E/O IN REGIME RESIDENZIALE A CICLO CONTINUATIVO E/O DIURNO
2. – Ubicazione.
2.1 – Generalità.
1. Le strutture sanitarie di cui al presente titolo devono essere ubicate nel rispetto delle distanze di sicurezza, stabilite dalle disposizioni vigenti, da altre attività che comportino rischi di esplosione od incendio.
2. Le strutture sanitarie possono essere ubicate:
a) in edifici indipendenti ed isolati da altri;
b) in edifici o porzioni di edifici, anche contigui ad altri aventi destinazioni diverse purchè queste ultime, fatta salva l’osservanza delle specifiche disposizioni di sicurezza antincendio, se soggette ai controlli di prevenzione incendi, siano limitate a quelle di cui ai punti 64, 83, 84, 85, 89, 90, 91, 92, 94 e 95 del decreto ministeriale 16 febbraio 1982.
2.2 – Comunicazioni e separazioni.
1. Salvo quanto disposto nelle specifiche regole tecniche di prevenzione incendi, le strutture sanitarie:
a) non devono comunicare con attività ad esse non pertinenti;
b) possono comunicare con attività ad esse pertinenti non soggette ai controlli dei Vigili del fuoco ai sensi del decreto ministeriale 16 febbraio 1982 e del decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio 1959, n. 689, con le limitazioni di cui al successivo punto 3.3;
c) possono comunicare tramite filtri a prova di fumo o spazi scoperti con le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, ad esse pertinenti, di cui ai punti 43 (limitatamente ad archivi), 83, 84, 85, 90, 91 (ad esclusione dei locali di installazione di apparecchi per la climatizzazione degli edifici e per la produzione centralizzata di acqua calda, acqua surriscaldata e/o vapore), 92 e 95 del decreto ministeriale 16 febbraio 1982;
d) devono essere separate dalle attività indicate alle lettere a), b) e c) del presente comma, mediante strutture e porte aventi le caratteristiche di resistenza al fuoco richieste dalle specifiche disposizioni di prevenzione incendi e comunque non inferiori a REI 90.
2.3 – Accesso all’area.
1. Per consentire l’intervento dei mezzi di soccorso dei Vigili del fuoco, gli accessi all’area dove sorgono gli edifici devono possedere i seguenti requisiti minimi:
larghezza: 3,50 m;
altezza libera: 4 m;
raggio di svolta: 13 m;
pendenza: non superiore al 10%;
resistenza al carico: almeno 20 tonnellate (8 sull’asse anteriore, 12 sull’asse posteriore, passo 4 m).
2.4 – Accostamento mezzi di soccorso.
1. Deve essere assicurata la possibilità di accostamento agli edifici delle autoscale dei Vigili del fuoco in modo da poter raggiungere almeno una finestra o balcone di ciascun piano.
3. – Caratteristiche costruttive.
3.1 – Resistenza al fuoco delle strutture e dei sistemi di compartimentazione.
1. Le strutture e i sistemi di compartimentazione devono garantire rispettivamente requisiti di resistenza al fuoco R e REI secondo quanto sotto riportato:
piani interrati: R/REI 120;
edifici di altezza antincendio fino a 24 m: R/REI 90;
edifici di altezza antincendio oltre 24 m: R/REI 120.
2. Per le strutture e i sistemi di compartimentazione delle aree a rischio specifico si applicano le disposizioni di prevenzione incendi all’uopo emanate.
3. I requisiti di resistenza al fuoco dei singoli elementi strutturali e di compartimentazione nonchè delle porte e degli altri elementi di chiusura, devono essere valutati e attestati in conformità al decreto ministeriale 4 maggio 1998 (Gazzetta Ufficiale
n. 104 del 7 maggio 1998) e successive integrazioni.
3.2 – Reazione al fuoco dei materiali.
1. I materiali installati devono essere conformi a quanto di seguito specificato:
a) negli atri, nei corridoi, nei disimpegni, nelle scale, nelle rampe, nei percorsi orizzontali protetti, nei passaggi in genere, è consentito l’impiego di materiali di classe 1 in ragione del 50% massimo della loro superficie totale (pavimento + pareti + soffitto + proiezioni orizzontali delle scale). Per le restanti parti devono essere impiegati materiali di classe 0 (non combustibili);
b) in tutti gli altri ambienti è consentito che le pavimentazioni, compresi i relativi rivestimenti, siano di classe 2 e che gli altri materiali di rivestimento siano di classe 1, oppure di classe 2, se in presenza di impianti di spegnimento automatico o di sistemi di smaltimento dei fumi asserviti ad impianti di rivelazione degli incendi;
c) i materiali di rivestimento combustibli, nonchè i materiali isolanti in vista di cui alla successiva lettera f), ammessi nelle varie classi di reazione al fuoco, devono essere posti in opera in aderenza agli elementi costruttivi di classe 0 escludendo spazi vuoti o intercapedini. Ferme restando le limitazioni previste alla precedente lettera a), è consentita l’installazione di controsoffitti nonchè di materiali di rivestimento e di materiali isolanti in vista posti non in aderenza agli elementi costruttivi, purchè abbiano classe di reazione al fuoco non superiore a 1 o 1-1 e siano omologati tenendo conto delle effettive condizioni di impiego anche in relazione alle possibili fonti di innesco;
d) i materiali suscettibili di prendere fuoco su entrambe le facce (tendaggi, ecc.) devono essere di classe di reazione al fuoco non superiore ad 1;
e) i mobili imbottiti (poltrone, poltrone letto, divani, divani letto, sedie imbottite, ecc.) ed i materassi devono essere di classe 1 IM;
f) i materiali isolanti in vista, con componente isolante direttamente esposte alle fiamme, devono essere di classe di reazione al fuoco non superiore ad 1. Nel caso di materiale isolante in vista, con componente isolante non esposto direttamente alle fiamme, sono ammesse le classi di reazione al fuoco 0-1, 1-0, 1-1;
g) le sedie non imbottite devono essere di classe non superiore a 2.
2. I materiali di cui al comma 1 devono essere omologati ai sensi del decreto ministeriale 26 giugno 1984 (supplemento ordinario Gazzetta Ufficiale n. 234 del 25 agosto 1984) e successive modifiche ed integrazioni. Per i materiali rientranti nei casi specificatamente previsti dall’art. 10 del citato decreto ministeriale 26 giugno 1984, è consentito che la relativa classe di reazione al fuoco sia attestata ai sensi del medesimo articolo.
3. è consentita la posa in opera di rivestimenti lignei delle pareti e dei soffitti, purchè opportunamente trattati con prodotti vernicianti omologati di classe 1 di reazione al fuoco, secondo le modalità e le indicazioni contenute nel decreto ministeriale 6 marzo 1992 (Gazzetta Ufficiale n. 66 del 19 marzo 1992).
4. I materiali isolanti installati all’interno di intercapedini devono essere non combustibili.
3.3 – Compartimentazione.
1. Le strutture sanitarie devono essere progettate in modo da circoscrivere e limitare la propagazione di un eventuale incendio. A tal fine devono essere osservate le prescrizioni di seguito indicate. 2. Le aree di tipo C devono essere suddivise in compartimenti, distribuiti sul medesimo livello, di superficie singola non superiore a 1.500 m2.
3. Le aree di tipo D devono essere suddivise in compartimenti, distribuiti sul medesimo livello, di superficie singola non superiore a 1.000 m2.
4. Le aree di tipo E devono essere suddivise in compartimenti antincendio per attività omogenee e, qualora nel loro ambito siano previste attività soggette ai controlli dei Vigili del fuoco ai sensi del decreto ministeriale 16 febbraio 1982, queste devono rispondere ai requisiti di compartimentazione stabiliti nelle specifiche normative di prevenzione incendi, ove esistenti.
5. I compartimenti delle aree di tipo D (limitatamente alle unità speciali quali terapia intensiva, rianimazione, neonatologia, sale operatorie, ecc.) ed E (limitatamente a scuole e convitti, spazi per riunioni, mensa aziendale), possono comunicare con altri compartimenti e con i percorsi di esodo orizzontali e verticali, tramite filtri a prova di fumo o spazi scoperti.
6. I compartimenti delle aree di tipo C, D (limitatamente alle aree destinate a ricovero) ed E (limitatamente agli uffici amministrativi fino a 500 addetti e agli spazi per visitatori), possono comunicare con altri compartimenti e con i percorsi di esodo orizzontali e verticali, tramite porte aventi caratteristiche REI conformi a quanto previsto per le strutture separanti al comma 1 del punto 3.1.
7. Le aree di tipo B devono rispettare le disposizioni relative alle compartimentazioni ed alle comunicazioni impartite al successivo punto 5.
3.4 – Limitazioni alle destinazioni d’uso dei locali.
1. Nessun locale deve essere ubicato oltre quota -10 m rispetto al piano di uscita dall’edificio.
2. I locali ubicati a quote comprese tra -7,5 m e -10 m, e comunque oltre il primo piano interrato, devono essere protetti mediante impianto di spegnimento automatico e devono immettere direttamente in percorsi orizzontali protetti che adducano in luoghi sicuri dinamici.
3. I piani interrati non devono essere destinati a degenza.
4. Le aree tecniche contenenti laboratori di analisi e ricerca ed
apparecchiature ad alta energia possono essere ubicate ai piani interrati a condizione che siano separate mediante filtri a prova di fumo dalle vie d’accesso ai piani sovrastanti.
5. I locali destinati ad apparecchiature ad alta energia non possono essere ubicati in contiguità ad aree di tipo D.
3.5 – Scale.
1. Tutte le scale devono essere almeno di tipo protetto, con caratteristiche di resistenza al fuoco congrue con quanto previsto al punto 3.1.
2. Le scale a servizio di edifici destinati anche in parte ad aree di tipo D, devono essere a prova di fumo; per tali aree si ritiene opportuno escludere il ricorso a scale di sicurezza esterne in quanto non compatibili con il particolare stato psico-fisico dei ricoverati.
3. I filtri a prova di fumo a servizio di aree di tipo D, devono avere dimensioni tali da consentire l’agevole movimentazione di letti o barelle in caso di emergenza.
4. Le scale, sia protette che a prova di fumo, devono immettere, direttamente o tramite percorsi orizzontali protetti, in luogo sicuro all’esterno dell’edificio.
5. Le rampe delle scale devono essere rettilinee, avere non meno di tre gradini e non più di quindici. I gradini devono essere a pianta rettangolare, di alzata e pedata costanti, rispettivamente non superiore a 17 cm e non inferiore a 30 cm. Ad esclusione delle scale a servizio delle aree di tipo D, sono ammesse rampe non rettilinee, a condizione che vi siano pianerottoli di riposo almeno ogni quindici gradini e che la pedata del gradino sia di almeno 30 cm, misurata a 40 cm dal montante centrale o dal parapetto interno.
6. I vani scala privi di aperture di aerazione su parete esterna, devono essere provvisti di aperture di aerazione in sommità di superficie non inferiore ad 1 m2, con sistema di apertura degli infissi comandato sia automaticamente da rivelatori di incendio che manualmente mediante dispositivo posto in prossimità dell’entrata alle scale, in posizione segnalata.
3.6 – Ascensori e montacarichi.
1. Tutti gli ascensori ed i montacarichi devono avere il vano corsa di tipo protetto, con caratteristiche di resistenza al fuoco congrue con quanto previsto al punto 3.1.
2. Gli ascensori non devono essere utilizzati in caso di incendio ad eccezione di quelli di cui al successivo punto 3.6.1.
3. Le caratteristiche di ascensori e montacarichi debbono rispondere alle specifiche disposizioni vigenti di prevenzione incendi.
3.6.1 – Montalettighe utilizzabili in caso di incendio.
1. Gli edifici destinati anche in parte ad aree di tipo D devono disporre di almeno un montalettighe utilizzabile in caso di incendio per le operazioni di soccorso e di evacuazione da parte del personale appositamente incaricato e dai Vigili del fuoco. Tale montalettighe deve possedere i seguenti requisiti:
immettere in luogo sicuro all’esterno, in corrispondenza del piano di uscita, direttamente o tramite percorso orizzontale protetto;
avere strutture del vano corsa e del locale macchinario di caratteristiche REI 120;
immettere ai piani tramite filtro a prova di fumo di resistenza al fuoco REI 120;
avere accesso al locale macchinario direttamente dall’esterno o tramite filtro a prova di fumo, con strutture di resistenza al fuoco non inferiori a REI 120;
avere doppia alimentazione elettrica, una delle quali di sicurezza;
essere predisposto per il passaggio automatico da alimentazione normale ad alimentazione di sicurezza in caso di incendio;
avere montanti dell’alimentazione elettrica normale e di sicurezza del locale macchinario protetti contro l’azione del fuoco per un tempo almeno pari a 120 minuti primi;
essere dotato di sistema citofonico tra cabina, locale macchinario, pianerottoli e centro di gestione delle emergenze per l’utilizzo in caso di emergenza;
avere vano corsa e locale macchinario distinti da quelli di altri elevatori.
4. – Misure per l’esodo in caso di emergenza.
4.1 -Affollamento.
1. Il massimo affollamento è stabilito in:
a) aree di tipo B: persone effettivamente presenti incrementate del 20%;
b) aree di tipo C:
ambulatori e simili: 0,1 persone/m2;
sale di attesa: 0,4 persone/m2;
c) aree di tipo D:
3 persone per posto letto in strutture ospedaliere;
2 persone per posto letto in strutture residenziali;ù
d) aree di tipo E:
uffici amministrativi: 0,1 persone/m2;
spazi per riunioni, mensa aziendale, scuole, convitti e simili: numero dei posti effettivamente previsti;
spazi riservati ai visitatori: 0,4 persone/m2.
4.2 – Capacità di deflusso.
Ai fini del dimensionamento delle uscite, le capacità di deflusso non devono essere superiori ai seguenti valori:
50 per piani con pavimento a quota compresa tra più o meno un metro rispetto al piano di uscita dall’edificio;
37,5 per piani con pavimento a quota compresa tra più o meno 7,5 m rispetto al piano di uscita dall’edificio;
33 per piani con pavimento a quota al di sopra o al di sotto di più o meno 7,5 m rispetto al piano di uscita dall’edificio.
4.3 – Esodo orizzontale progressivo.
1. Tutti i piani che contengono aree di tipo D, devono essere progettati in modo da consentire l’esodo orizzontale progressivo.
2. Per conseguire tale obiettivo ciascun piano deve essere suddiviso in almeno due compartimenti. Ciascun compartimento deve poter contenere in situazioni di emergenza, oltre ai suoi normali occupanti, il numero di persone previste per il compartimento adiacente con la capienza più alta, considerando una superficie media di 0,70 m2/persona. Tale superficie deve essere elevata a 1,50 m2/persona qualora l’evacuazione dei degenti debba necessariamente avvenire con letti o barelle.
4.4 – Sistemi di vie d’uscita.
1. I compartimenti in cui risultano suddivise le aree di cui al punto 3.3 devono essere provvisti di un sistema organizzato di vie d’uscita, dimensionato in base al massimo affollamento previsto per i ingoli compartimenti in funzione della capacità di deflusso e che adduca verso un luogo sicuro.
2. I percorsi del sistema di vie di uscita comprendono corridoi, vani di accesso alle scale e di uscita all’esterno, scale, rampe e passaggi in genere.
3. Nella predisposizione dei sistemi di vie di uscita dovranno essere tenute presenti le disposizioni vigenti in materia di superamento ed eliminazione delle barriere architettoniche di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503 (supplemento ordinario Gazzetta Ufficiale n. 227 del 27 settembre 1996).
4.5 – Lunghezza delle vie d’uscita al piano.
1. Il percorso di esodo, misurato a partire dalla porta di ciascun locale nonchè da ogni punto dei locali ad uso comune, non può essere superiore a:
40 m per raggiungere un’uscita su luogo sicuro o su scala di sicurezza esterna;
30 m per raggiungere un’uscita su scala protetta.
2. Nei piani destinati ad aree di tipo D, progettati in modo da garantire l’esodo orizzontale progressivo, deve essere possibile raggiungere, partendo da qualsiasi punto di un compartimento, un compartimento attiguo od un percorso orizzontale protetto ad esso adducente, con percorsi di lunghezza non superiore a 30 m.
3. Sono ammessi corridoi ciechi di lunghezza non superiore a 15 m.
4.6 – Caratteristiche delle vie d’uscita.
1. La larghezza utile delle vie d’uscita deve essere misurata deducendo l’ingombro di eventuali elementi sporgenti con esclusione degli estintori. Tra gli elementi sporgenti non sono considerati quelli posti ad altezza superiore a 2 m ed eventuali corrimano lungo le pareti, con ingombro non superiore ad 8 cm.
2. L’altezza dei percorsi delle vie d’uscita deve essere, in ogni caso, non inferiore a 2 m.
3. I pavimenti ed i gradini non devono avere superfici sdrucciolevoli.
4. è vietato disporre specchi che possano trarre in inganno sulla direzione dell’uscita.
5. Le porte che si aprono sulle vie di uscita non devono ridurre la larghezza utile delle stesse.
6. Le vie di uscita devono essere tenute sgombre da materiali che possano costituire impedimento al regolare deflusso delle persone.
4.7 – Larghezza delle vie di uscita.
1. La larghezza utile delle vie di uscita deve essere multipla del modulo di uscita e non inferiore a due moduli (1,20 m). La misurazione della larghezza delle uscite deve essere eseguita nel punto più stretto della luce.
2. Nelle aree di tipo D, la profondità dei pianerottoli delle scale, con cambi di direzione di 180o, deve essere non inferiore a 2 m, misurata nella direzione dell’asse delle rampe, per consentire la movimentazione di letti o barelle in caso di emergenza.
4.8 – Larghezza totale delle vie d’uscita.
1. La larghezza totale delle uscite da ogni piano, espressa in numero di moduli, deve essere determinata dal rapporto tra il massimo affollamento previsto e la capacità di deflusso del piano.
2. Per le strutture sanitarie che occupano più di due piani
fuori terra, la larghezza totale delle vie d’uscita verticali che conducono al piano di uscita dall’edificio, deve essere calcolata sommando il massimo affollamento previsto in due piani consecutivi, con riferimento a quelli aventi maggiore affollamento.
3. Le eventuali scale mobili non devono essere computate ai fini della larghezza delle uscite.
4.9 – Sistemi di apertura delle porte e di eventuali infissi.
1. Le porte installate lungo le vie di uscita ed in corrispondenza delle uscite di piano devono aprirsi nel verso dell’esodo a semplice spinta mediante l’azionamento di dispositivi a barra orizzontale. Esse vanno previste a uno o due battenti. I battenti delle porte, quando sono aperti, non devono ostruire passaggi, corridoi e pianerottoli.
2. Qualora, per necessità connesse a particolari patologie dei ricoverati, sia necessario cautelarsi da un uso improprio delle
uscite, è consentita l’adozione di idonei e sicuri sistemi di controllo ed apertura delle porte alternativi a quelli sopra
previsti. In tali casi, tutto il personale addetto al reparto deve essere a conoscenza del particolare sistema di apertura ed essere
capace di utilizzarlo in caso di emergenza.
3. è consentito installare porte d’ingresso di tipo scorrevole con azionamento automatico, a condizione che siano predisposte anche per l’apertura a spinta verso l’esterno (con dispositivo o modo di azione opportunamente segnalati) e restare in posizione di apertura in assenza di alimentazione elettrica. In prossimità di tali porte, in posizione segnalata e facilmente accessibile, deve essere posto un dispositivo di blocco nella posizione di apertura.
4. Le porte, comprese quelle di ingresso, devono aprirsi su area piana, di profondità almeno pari a quella delle porte stesse.
5. Qualora l’utilizzo di porte resistenti al fuoco dotate di dispositivo di autochiusura ed installate lungo le vie di uscita, in corrispondenza di compartimentazioni o nei filtri a prova di fumo, dovesse determinare intralcio o difficoltà alle persone che devono utilizzare tali percorsi, è consentito che le porte stesse siano tenute in posizione aperta tramite appositi dispositivi elettromagnetici che ne consentano il rilascio a seguito di:
attivazione dell’impianto di rivelazione automatica di incendio;
attivazione del sistema di allarme incendio;
mancanza di alimentazione elettrica;
intervento manuale su comando posto in prossimità delle porte in posizione segnalata.
6. Nei filtri a prova di fumo aerati direttamente dall’esterno, qualora specifiche esigenze funzionali dovessero richiedere l’installazione di elementi di chiusura delle aperture di aerazione, è consentito installare infissi purchè apribili automaticamente a seguito dell’attivazione del dispositivo elettromagnetico di chiusura delle porte resistenti al fuoco del filtro stesso. In ogni caso, tali infissi devono essere dotati anche di dispositivo di apertura a comando manuale, posto in posizione segnalata, e non devono ridurre la sezione netta di aerazione quando sono in posizione di apertura.
4.10 – Numero di uscite.
1. Le uscite da ciascun piano dell’edificio non devono essere inferiori a due, ed essere posizionate in punti ragionevolmente contrapposti.
5. – Aree ed impianti a rischio specifico.
5.1 – Generalità.
1. Gli impianti ed i servizi tecnologici devono essere realizzati a regola d’arte e devono essere intercettabili sia centralmente che localmente da posizioni segnalate e facilmente accessibili. Gli impianti di produzione calore devono essere di tipo centralizzato.
2. Nei filtri a prova di fumo devono prevedersi intercettazioni a comando manuale, ubicate in apposito quadro, dei seguenti impianti a servizio dei compartimenti attigui:
impianto elettrico;
impianto di distribuzione dei gas medicali;
impianto di condizionamento e ventilazione.
3. All’interno dei filtri devono essere ripetuti in apposito pannello i segnali relativi allo stato di servizio dei seguenti
impianti dei compartimenti attigui:
impianto elettrico;
impianto di distribuzione dei gas medicali;
rete idrica antincendio;
impianto di rivelazione e allarme.
5.2 – Locali adibiti a depositi e servizi generali.
5.2.1 – Locali adibiti a deposito di materiale combustibile per le esigenze giornaliere dei reparti.
1. è consentito destinare a deposito di materiali combustibili, per le esigenze giornaliere dei reparti, locali di superficie limitata e comunque non eccedente i 10 m2, anche privi di aerazione naturale, alle seguenti condizioni:
carico di incendio non superiore a 30 kg/m2 di legna standard;
strutture di separazione con caratteristiche non inferiori a REI 30;
porte di accesso con caratteristiche non inferiori a REI 30, munite di dispositivo di autochiusura;
rilevatore di fumo collegato all’impianto di allarme;
un estintore portatile d’incendio avente carica minima pari a 6 kg e capacità estinguente non inferiore a 21A 89B C, posto all’esterno del locale, nelle immediate vicinanze della porta di accesso.
5.2.2 – Locali destinati a deposito di materiale combustibile aventi superficie non superiore a 50 m2.
1. Possono essere ubicati anche in aree di tipo C e D; la comunicazione deve avvenire unicamente con spazi riservati alla circolazione interna, ad esclusione dei percorsi orizzontali protetti. Le strutture di separazione e le porte di accesso, munite di dispositivo di autochiusura, devono possedere caratteristiche almeno REI 60.
2. Il carico di incendio deve essere limitato a 30 kg/m2 di legna standard e deve essere installato un impianto automatico di rivelazione ed allarme incendio. Il limite del carico di incendio può essere elevato fino a 60 kg/m2 qualora il locale sia protetto da impianto di spegnimento automatico.
3. La ventilazione naturale non deve essere inferiore ad 1/40 della superficie in pianta. Ove non sia possibile raggiungere per l’aerazione naturale il rapporto di superficie predetto, è ammesso il ricorso alla aerazione meccanica con portata di 3 volumi ambiente/ora, da garantire anche in situazioni di emergenza, semprechè sia assicurata una superficie di aerazione naturale pari almeno al 25% di quella richiesta. L’aerazione naturale può essere ottenuta anche tramite camini di ventilazione. Qualora l’aerazione naturale non dovesse essere compatibile con particolari esigenze di asetticità dei locali, gli stessi devono essere provvisti di un impianto meccanico di immissione e di estrazione dell’aria in grado di assicurare una portata pari ad almeno 6 volumi ambiente/ora, da garantire anche in situazioni di emergenza.
4. In prossimità della porta di accesso al locale deve essere installato un estintore portatile avente carica minima pari a 6 kg e capacità estinguente non inferiore a 34A 144B C.
5.2.3 – Locali destinati a deposito di materiale combustibile con superficie massima di 500 m2.
1. Possono essere ubicati all’interno della struttura sanitaria con esclusione dei piani adibiti ad aree di tipo C e D.
2. L’accesso può avvenire dall’esterno:
da spazio scoperto;
da intercapedine antincendi di larghezza non inferiore a 0,90m;
oppure dall’interno, esclusivamente dagli spazi riservati alla circolazione interna, con esclusione dei percorsi orizzontali protetti, tramite filtro a prova di fumo.
3. I locali devono avere almeno una parete, di lunghezza non inferiore al 15% del perimetro, attestata su spazio scoperto o, nel caso di locali interrati, su intercapedine antincendi.
4. Le strutture di separazione devono possedere caratteristiche almeno REI 90.
5. Deve essere installato un impianto automatico di rivelazione ed allarme incendio ed un impianto idrico antincendio con idranti DN 45. Inoltre all’interno dei locali deve essere previsto un congruo numero di estintori portatili aventi carica minima pari a 6 kg e capacità estinguente non inferiore a 34A 144B C.
6. Qualora sia superato il valore del carico di incendio di 30 kg/m2 di legna standard o i 300 m2 di superficie, il deposito deve essere protetto con impianto di spegnimento automatico.
7. L’aerazione naturale deve essere non inferiore ad 1/40 della superficie in pianta del locale.
5.2.4 – Depositi di sostanze infiammabili.
1. Devono essere ubicati al di fuori del volume del fabbricato.
2. è consentito detenere all’interno del volume dell’edificio, in armadi metallici dotati di bacino di contenimento, prodotti liquidi infiammabili in quantità strettamente necessaria per le esigenze igienico-sanitarie. Tali armadi possono essere ubicati nelle infermerie di piano nonchè nei locali deposito dotati della prescritta superficie di aerazione naturale.
5.2.5 – Locali adibiti a servizi generali (laboratori di analisi e ricerca, laboratori o locali ove si detengono, impiegano o manipolano sostanze radioattive, lavanderie, sterilizzazione, inceneritori, ecc.).
1. In relazione all’oggettivo più elevato livello di rischio connesso con i locali adibiti a servizi generali (laboratori di analisi e ricerca, laboratori o locali ove si detengono, impiegano o manipolano sostanze radioattive, lavanderie, sterilizzazione, inceneritori, ecc.), si richiede che tali locali siano posti ad adeguata distanza rispetto alle aree di tipo C e D. I locali, fatto salvo quanto previsto dalle specifiche normative di prevenzione incendi, devono avere strutture di separazione e porte di accesso, munite di dispositivo di autochiusura, con caratteristiche almeno REI 90.
2. I servizi di lavanderia e sterilizzazione, qualora superino i valori di carico d’incendio di 30 kg/m2, devono essere protetti con impianto di spegnimento automatico.
3. Gli inceneritori devono essere realizzati a regola d’arte nel rispetto delle vigenti norme di sicurezza.
5.3 – Impianti di distribuzione dei gas.
5.3.1 – Distribuzione dei gas combustibili.
1. Le condutture principali dei gas combustibili devono essere a vista ed esterne al fabbricato. In alternativa, nel caso di gas con densità relativa inferiore a 0,8, è ammessa la sistemazione in cavedi direttamente e permanentemente aerati in sommità. In caso di eventuali brevi attraversamenti di locali tecnici, le tubazioni devono essere poste in guaina di classe zero di reazione al fuoco, aerata alle due estremità verso l’esterno e di diametro superiore di almeno 2 cm rispetto alla tubazione interna.
2. All’interno delle strutture sanitarie non è consentito impiegare ed introdurre bombole di gas combustibili.
5.3.2 – Distribuzione dei gas medicali.
1. La distribuzione dei gas medicali all’interno delle strutture sanitarie deve avvenire mediante impianti centralizzati rispondenti ai seguenti criteri:
a) allo scopo di evitare che un incendio sviluppatosi in una zona della struttura comporti la necessità di interrompere l’alimentazione dei gas medicali anche in zone non coinvolte dall’incendio stesso, la disposizione geometrica delle tubazioni della rete primaria deve essere tale da garantire l’alimentazione di altri compartimenti. Ciò è realizzato, ad esempio, mediante una rete primaria disposta ad anello e collegata alla centrale di alimentazione in punti contrapposti. L’impianto di un compartimento non deve essere derivato da un altro compartimento, ma direttamente dalla rete di distribuzione primaria;
b) l’impianto di distribuzione dei gas medicali deve essere compatibile con il sistema di compartimentazione antincendio e permettere l’interruzione della erogazione dei gas mediante dispositivi di intercettazione manuale posti all’esterno di ogni compartimento in posizione accessibile e segnalata; idonei cartelli, inoltre, devono indicare i tratti di impianto sezionabili a seguito delle manovre di intercettazione;
c) le reti di distribuzione dei gas medicali devono essere disposte in modo tale da non entrare in contatto con reti di altri impianti tecnologici ed elettrici. Devono essere altresi’ opportunamente protette da azioni meccaniche e poste a distanza adeguata da possibili surriscaldamenti. La distribuzione all’interno del compartimento deve avvenire in modo da non determinare sovrapposizioni con altri impianti. Eventuali sovrapposizioni per attraversamenti sono consentite mediante separazione fisica dagli altri impianti ovvero adeguato distanziamento;
d) i cavedi attraversati dagli impianti di gas medicali devono essere ventilati con aperture la cui posizione è individuata in funzione della densità dei gas utilizzati;
e) gli impianti di distribuzione dei gas medicali devono essere realizzati e sottoposti ad interventi di controllo e manutenzione nel rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti, delle norme di buona tecnica o, in assenza di dette norme, delle istruzioni fornite dal fabbricante e/o dall’installatore.
5.4 – Impianti di condizionamento e ventilazione.
5.4.1 – Generalità.
1. Gli impianti di condizionamento e/o di ventilazione possono essere di tipo centralizzato o localizzato. Tali impianti devono possedere requisiti che garantiscano il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
a) non alterare le caratteristiche delle strutture di compartimentazione;
b) evitare il ricircolo dei prodotti della combustione o di altri gas ritenuti pericolosi;
c) non produrre, a causa di avarie e/o guasti propri, fumi che si diffondano nei locali serviti;
d) non costituire elemento di propagazione di fumi e/o fiamme, anche nella fase iniziale degli incendi.
2. Tali obiettivi si considerano raggiunti se gli impianti vengono realizzati come specificato ai seguenti punti.
5.4.2 – Impianti centralizzati.
1. Le unità di trattamento dell’aria e i gruppi frigoriferi non devono essere installati nei locali dove sono ubicati gli impianti di produzione calore.
2. I gruppi frigoriferi devono essere installati in appositi locali, realizzati con strutture di separazione di caratteristiche di resistenza al fuoco non inferiori a REI 60 ed accesso direttamente dall’esterno o tramite disimpegno aerato di analoghe caratteristiche, munito di porte REI 60 dotate di congegno di autochiusura.
3. L’aerazione nei locali dove sono installati i gruppi
frigoriferi non deve essere inferiore a quella indicata dal costruttore dei gruppi stessi, con una superficie minima non inferiore a 1/20 della superficie in pianta del locale.
4. Nei gruppi frigoriferi devono essere utilizzati come fluidi frigorigeni prodotti non infiammabili e non tossici. I gruppi refrigeratori che utilizzano soluzioni acquose di ammoniaca possono essere installati solo all’esterno dei fabbricati o in locali aventi caratteristiche analoghe a quelli delle centrali termiche alimentate a gas.
5. Le centrali frigorifere destinate a contenere gruppi termorefrigeratori ad assorbimento a fiamma diretta devono rispettare le disposizioni di prevenzione incendi in vigore per gli impianti di produzione calore, riferite al tipo di combustibile impiegato.
6. Non è consentito utilizzare aria di ricircolo proveniente da cucine, autorimesse e comunque da spazi a rischio specifico.
5.4.3 – Condotte aerotermiche.
1. Le condotte aerotermiche devono essere realizzate in materiale di classe 0 di reazione al fuoco e le tubazioni flessibili di raccordo in materiale di classe 2.
2. Le condotte non devono attraversare:
luoghi sicuri, che non siano a cielo libero;
vani scala e vani ascensore;
locali che presentino pericolo di incendio, di esplosione e di scoppio.
3. Qualora, per tratti limitati, non fosse possibile rispettare quanto sopra indicato, le condotte devono essere separate con strutture REI di classe pari al compartimento interessato ed intercettate con serrande tagliafuoco aventi analoghe caratteristiche.
4. Negli attraversamenti di pareti e solai, lo spazio attorno alle condotte deve essere sigillato con materiale di classe 0, senza tuttavia ostacolare le dilatazioni delle stesse.
5.4.4 – Dispositivi di controllo.
1. Ogni impianto deve essere dotato di un dispositivo di comando manuale, situato in un punto facilmente accessibile, per l’arresto dei ventilatori in caso d’incendio.
2. Inoltre gli impianti devono essere dotati di sistema di rivelazione di presenza di fumo all’interno delle condotte che comandi automaticamente l’arresto dei ventilatori e la chiusura delle serrande tagliafuoco. L’intervento dei rivelatori deve essere segnalato nella centrale di controllo.
3. L’intervento dei dispositivi, sia manuali che automatici, non deve permettere la rimessa in funzione dei ventilatori senza l’intervento manuale dell’operatore.
5.4.5 – Schemi funzionali.
1. Per ciascun impianto deve essere predisposto uno schema funzionale in cui risultino:
gli attraversamenti di strutture resistenti al fuoco;
l’ubicazione delle serrande tagliafuoco;
l’ubicazione delle macchine;
l’ubicazione di rivelatori di fumo e del comando manuale;
lo schema di flusso dell’aria primaria e secondaria;
la logica sequenziale delle manovre e delle azioni previste in emergenza;
l’ubicazione del sistema antigelo.
5.4.6 – Impianti localizzati.
1. è consentito il condizionamento dell’aria a mezzo singoli apparecchi, a condizione che il fluido refrigerante sia non infiammabile e non tossico. è comunque escluso l’impiego di apparecchiature a fiamma libera.
6 – Impianti elettrici.
1. Gli impianti elettrici devono essere realizzati in conformità alla legge n. 186 del 1 marzo 1968. In particolare, ai fini della prevenzione degli incendi, gli impianti elettrici:
a) devono possedere caratteristiche strutturali, tensione di alimentazione e possibilità di intervento individuate nel piano della gestione delle emergenze tali da non costituire pericolo durante le operazioni di spegnimento;
b) non devono costituire causa primaria di incendio o di esplosione;
c) non devono fornire alimento o via privilegiata di propagazione degli incendi. Il comportamento al fuoco della membratura deve essere compatibile con la specifica destinazione d’uso dei singoli locali;
d) devono essere suddivisi in modo che un eventuale guasto non provochi la messa fuori servizio dell’intero sistema (utenza);
e) devono disporre di apparecchi di manovra ubicati in posizioni protette e riportare chiare indicazioni dei circuiti cui si riferiscono.
2. I seguenti sistemi utenza devono disporre di impianti di sicurezza:
a) illuminazione;
b) allarme;
c) rivelazione;
d) impianti di estinzione incendi;
e) elevatori antincendio;
f) impianto di diffusione sonora.
3. La rispondenza alle vigenti norme di sicurezza deve essere attestata con la procedura di cui alla legge n. 46 del 5 marzo 1990 e successivi regolamenti di applicazione.
4. L’alimentazione di sicurezza deve essere automatica ad interruzione breve (&60;0,5 sec) per gli impianti di rivelazione, allarme e illuminazione e ad interruzione media (&60;15 sec) per elevatori antincendio, impianti idrici antincendio ed impianto di diffusione sonora.
5. Il dispositivo di carica degli accumulatori deve essere di tipo automatico e tale da consentire la ricarica completa entro 12 ore.
6. L’autonomia dell’alimentazione di sicurezza deve consentire lo svolgimento in sicurezza del soccorso e dello spegnimento per il tempo necessario; in ogni caso l’autonomia minima è stabilita per ogni impianto come segue:
a) rivelazione e allarme: 30 minuti primi;
b) illuminazione di sicurezza: 2 ore;
c) elevatori antincendio: 2 ore;
d) impianti idrici antincendio: 2 ore;
e) impianto di diffusione sonora: 2 ore.
7. L’impianto di illuminazione di sicurezza deve assicurare un livello di illuminazione, non inferiore a 5 lux ad 1 m di altezza dal piano di calpestio, lungo le vie di uscita e nelle aree di tipo C e D.
8. Sono ammesse singole lampade con alimentazione autonoma, purchè assicurino il funzionamento per almeno 2 ore.
9. Il quadro elettrico generale e quelli di piano devono essere ubicati in posizione facilmente accessibile, segnalata e protetta dall’incendio.
7 – Mezzi ed impianti di estinzione degli incendi.
7.1 – Generalità.
1. Le apparecchiature e gli impianti di estinzione degli incendi devono essere realizzati ed installati a regola d’arte ed in conformità a quanto di seguito indicato.
7.2 – Estintori.
1. Tutte le strutture sanitarie devono essere dotate di un adeguato numero di estintori portatili da incendio, di tipo approvato dal Ministero dell’interno, distribuiti in modo uniforme nell’area da proteggere in modo da facilitarne il rapido utilizzo in caso di incendio; a tal fine è consigliabile che gli estintori siano ubicati:
lungo le vie di esodo, in prossimità degli accessi; in prossimità di aree a maggior pericolo.
2. Gli estintori devono essere ubicati in posizione facilmente accessibile e visibile in modo che la distanza che una persona deve percorrere per utilizzarli non sia superiore a 30 m; appositi cartelli segnalatori devono facilitarne l’individuazione, anche a distanza. Gli estintori portatili devono essere installati in ragione di almeno uno ogni 100 m2 di pavimento, o frazione, con un minimo di due estintori per piano o per compartimento e di uno per ciascun impianto a rischio specifico.
3. Salvo quanto specificatamente previsto al punto 5.2.1, gli estintori portatili devono avere carica minima pari a 6 kg e capacità estinguente non inferiore a 34A – 144B C. Gli estintori a protezione di aree ed impianti a rischio specifico devono avere agenti estinguenti di tipo idoneo all’uso previsto.
7.3 – Impianti di estinzione incendi.
7.3.1 – Reti naspi e idranti.
7.3.2.1 – Generalità.
1. Per quanto riguarda i componenti degli impianti, le modalità di installazione, i collaudi e le verifiche periodiche, le alimentazioni idriche e i criteri di calcolo idraulico delle tubazioni, si applicano le norme UNI vigenti.
2. Per i criteri di dimensionamento degli impianti si applica quanto di seguito indicato.
7.3.2.2 – Tipologia degli impianti.
1. La tipologia delle reti idriche a naspi o idranti è fissata dalla seguente tabella in funzione del numero di posti letto:
=====================================================================
Numero posti letto | Tipo di impianto
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Fino a 100 |Impianti costituiti da naspi DN 25