Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro.
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Gazzetta Ufficiale N. 47 del 26 Febbraio 2003
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga
la seguente legge:
Art. 1.
(Delega al Governo per la revisione della disciplina dei servizi
pubblici e privati per l’impiego, nonche’ in materia di
intermediazione e interposizione privata nella somministrazione di
lavoro)
1. Allo scopo di realizzare un sistema efficace e coerente di
strumenti intesi a garantire trasparenza ed efficienza al mercato del
lavoro e a migliorare le capacita’ di inserimento professionale dei
disoccupati e di quanti sono in cerca di una prima occupazione, con
particolare riguardo alle donne e ai giovani, il Governo e’ delegato
ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, sentito il Ministro per le pari opportunita’ ed entro il
termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente
legge, uno o piu’ decreti legislativi diretti a stabilire, nel
rispetto delle competenze affidate alle regioni in materia di tutela
e sicurezza del lavoro dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.
3, e degli obiettivi indicati dagli orientamenti annuali dell’Unione
europea in materia di occupabilita’, i principi fondamentali in
materia di disciplina dei servizi per l’impiego, con particolare
riferimento al sistema del collocamento, pubblico e privato, e di
somministrazione di manodopera.
2. La delega e’ esercitata nel rispetto dei seguenti principi e
criteri direttivi:
a) snellimento e semplificazione delle procedure di incontro tra
domanda e offerta di lavoro;
b) modernizzazione e razionalizzazione del sistema del collocamento
pubblico, al fine di renderlo maggiormente efficiente e competitivo,
secondo una disciplina incentrata su:
1) rispetto delle competenze previste dalla legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3, con particolare riferimento alle competenze
riconosciute alle regioni a statuto speciale e alle province autonome
di Trento e di Bolzano;
2) sostegno e sviluppo dell’attivita’ lavorativa femminile e
giovanile, nonche’ sostegno al reinserimento dei lavoratori anziani;
3) abrogazione di tutte le norme incompatibili con la nuova
regolamentazione del collocamento, ivi inclusa la legge 29 aprile
1949, n. 264, fermo restando il regime di autorizzazione o
accreditamento per gli operatori privati ai sensi di quanto disposto
dalla lettera l) e stabilendo, in materia di collocamento pubblico,
un nuovo apparato sanzionatorio, con previsione di sanzioni
amministrative per il mancato adempimento degli obblighi di legge;
4) mantenimento da parte dello Stato delle competenze in materia di
conduzione coordinata ed integrata del sistema informativo lavoro;
c) mantenimento da parte dello Stato delle funzioni amministrative
relative alla conciliazione delle controversie di lavoro individuali
e plurime, nonche’ alla risoluzione delle controversie collettive di
rilevanza pluriregionale;
d) mantenimento da parte dello Stato delle funzioni amministrative
relative alla vigilanza in materia di lavoro, alla gestione dei
flussi di entrata dei lavoratori non appartenenti all’Unione europea,
all’autorizzazione per attivita’ lavorative all’estero;
e) mantenimento da parte delle province delle funzioni amministrative
attribuite dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469;
f) incentivazione delle forme di coordinamento e raccordo tra
operatori privati e operatori pubblici, ai fini di un migliore
funzionamento del mercato del lavoro, nel rispetto delle competenze
delle regioni e delle province;
g) ridefinizione del regime del trattamento dei dati relativi
all’incontro tra domanda e offerta di lavoro, nel rispetto della
legge 31 dicembre 1996, n. 675, al fine di evitare oneri aggiuntivi e
ingiustificati rispetto alle esigenze di monitoraggio statistico;
prevenzione delle forme di esclusione sociale e vigilanza sugli
operatori, con previsione del divieto assoluto per gli operatori
privati e pubblici di qualsivoglia indagine o comunque trattamento di
dati ovvero di preselezione dei lavoratori, anche con il loro
consenso, in base all’affiliazione sindacale o politica, al credo
religioso, al sesso, all’orientamento sessuale, allo stato
matrimoniale, o di famiglia, o di gravidanza, nonche’ ad eventuali
controversie con i precedenti datori di lavoro. E’ altresi’ fatto
divieto di raccogliere, memorizzare o diffondere informazioni sui
lavoratori che non siano strettamente attinenti alle loro attitudini
professionali e al loro inserimento lavorativo;
h) coordinamento delle disposizioni sull’incontro tra domanda e
offerta di lavoro con la disciplina in materia di lavoro dei
cittadini non comunitari, nel rispetto della normativa vigente in
modo da prevenire l’adozione di forme di lavoro irregolare, anche
minorile, e sommerso e al fine di semplificare le procedure di
rilascio delle autorizzazioni al lavoro;
h) eliminazione del vincolo dell’oggetto sociale esclusivo per le
imprese di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo di cui
all’articolo 2 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e per i soggetti
di cui all’articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 23 dicembre
1997, n. 469, e successive modificazioni, garantendo un periodo
transitorio di graduale adeguamento per le societa’ gia’ autorizzate;
i) identificazione di un unico regime autorizzatorio o di
accreditamento per gli intermediari pubblici, con particolare
riferimento agli enti locali, e privati, che abbiano adeguati
requisiti giuridici e finanziari, differenziato in funzione del tipo
di attivita’ svolta, comprensivo delle ipotesi di trasferimento della
autorizzazione e modulato in relazione alla natura giuridica
dell’intermediario, con particolare riferimento alle associazioni non
riconosciute ovvero a enti o organismi bilaterali costituiti da
associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro
comparativamente piu’ rappresentative a livello nazionale o
territoriale, ai consulenti del lavoro di cui alla legge 11 gennaio
1979, n. 12, nonche’ alle universita’ e agli istituti di scuola
secondaria di secondo grado, prevedendo, altresi’, che non vi siano
oneri o spese a carico dei lavoratori, fatto salvo quanto previsto
dall’articolo 7 della Convenzione dell’Organizzazione Internazionale
del Lavoro (OIL) del 19 giugno 1997, n. 181, ratificata dall’Italia
in data 1º febbraio 2000;
l) abrogazione della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, e sua
sostituzione con una nuova disciplina basata sui seguenti criteri
direttivi:
1) autorizzazione della somministrazione di manodopera, solo da parte
dei soggetti identificati ai sensi della lettera l);
2) ammissibilita’ della somministrazione di manodopera, anche a tempo
indeterminato, in presenza di ragioni di carattere tecnico,
produttivo od organizzativo, individuate dalla legge o dai contratti
collettivi nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei
datori e prestatori di lavoro comparativamente piu’ rappresentative;
3) chiarificazione dei criteri di distinzione tra appalto e
interposizione, ridefinendo contestualmente i casi di comando e
distacco, nonche’ di interposizione illecita laddove manchi una
ragione tecnica, organizzativa o produttiva ovvero si verifichi o
possa verificarsi la lesione di diritti inderogabili di legge o di
contratto collettivo applicato al prestatore di lavoro;
4) garanzia del regime della solidarieta’ tra fornitore e
utilizzatore in caso di somministrazione di lavoro altrui;
5) trattamento assicurato ai lavoratori coinvolti nell’attivita’ di
somministrazione di manodopera non inferiore a quello a cui hanno
diritto i dipendenti di pari livello dell’impresa utilizzatrice;
6) conferma del regime sanzionatorio civilistico e penalistico
previsto per i casi di violazione della disciplina della mediazione
privata nei rapporti di lavoro, prevedendo altresi’ specifiche
sanzioni penali per le ipotesi di esercizio abusivo di
intermediazione privata nonche’ un regime sanzionatorio piu’ incisivo
nel caso di sfruttamento del lavoro minorile;
7) utilizzazione del meccanismo certificatorio di cui all’articolo 5
ai fini della distinzione concreta tra interposizione illecita e
appalto genuino, sulla base di indici e codici di comportamento
elaborati in sede amministrativa che tengano conto della rigorosa
verifica della reale organizzazione dei mezzi e dell’assunzione
effettiva del rischio di impresa da parte dell’appaltatore;
m) attribuzione della facolta’ ai gruppi di impresa, individuati ai
sensi dell’articolo 2359 del codice civile nonche’ ai sensi del
decreto legislativo 2 aprile 2002, n. 74, di delegare lo svolgimento
degli adempimenti di cui all’articolo 1 della legge 11 gennaio 1979,
n. 12, alla societa’ capogruppo per tutte le societa’ controllate e
collegate, ferma restando la titolarita’ delle obbligazioni
contrattuali e legislative in capo alle singole societa’ datrici di
lavoro;
o) abrogazione espressa di tutte le normative, anche se non
espressamente indicate nelle lettere da a) a n), che sono
direttamente o indirettamente incompatibili con i decreti legislativi
emanati ai sensi del presente articolo;
p) revisione del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 18, che ha
modificato l’articolo 2112 del codice civile in tema di trasferimento
d’azienda, al fine di armonizzarlo con la disciplina contenuta nella
presente delega, basata sui seguenti criteri direttivi:
1) completo adeguamento della disciplina vigente alla normativa
comunitaria, anche alla luce del necessario coordinamento con la
legge 1º marzo 2002, n. 39, che dispone il recepimento della
direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il
ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al
mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di
imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti;
2) previsione del requisito dell’autonomia funzionale del ramo di
azienda nel momento del suo trasferimento;
3) previsione di un regime particolare di solidarieta’ tra appaltante
e appaltatore, nei limiti di cui all’articolo 1676 del codice civile,
per le ipotesi in cui il contratto di appalto sia connesso ad una
cessione di ramo di azienda;
q) redazione, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge, di uno o piu’ testi unici delle normative e
delle disposizioni in materia di mercato del lavoro e incontro tra
domanda e offerta di lavoro.
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e’ stato redatto
dall’amministrazione competente per materia, ai sensi
dell’art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull’emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo
fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge
modificate o alle quali e’ operato il rinvio. Restano
invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi
qui trascritti.
Per le direttive CEE vengono forniti gli estremi di
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita’
europee (GUCE).
Note all’art. 1:
– Il testo della legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della
Costituzione), e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
24 ottobre 2001, n. 248.
– Il testo della legge 29 aprile 1949, n. 264
(Provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di
assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati),
e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 1 giugno 1949, n.
125, supplemento ordinario.
– Il decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469,
reca: “Conferimento alle regioni e agli enti locali di
funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a
norma dell’art. 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59”.
– Il testo della legge 31 dicembre 1996, n. 675 (Tutela
delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento
dei dati personali), e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
8 gennaio 1997, n. 5, supplemento ordinario.
– Il testo dell’art. 2 della legge 24 giugno 1997, n.
196 (Norme in materia di promozione dell’occupazione), e’
il seguente:
“Art. 2 (Soggetti abilitati all’attivita’ di fornitura
di prestazioni di lavoro temporaneo). – 1. L’attivita’ di
fornitura di lavoro temporaneo puo’ essere esercitata
soltanto da societa’ iscritte in apposito albo istituito
presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale
rilascia, sentita la commissione centrale per l’impiego,
entro sessanta giorni dalla richiesta e previo accertamento
della sussistenza dei requisiti di cui al comma 2,
l’autorizzazione provvisoria all’esercizio dell’attivita’
di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo,
provvedendo contestualmente all’iscrizione delle societa’
nel predetto albo. Decorsi due anni il Ministero del lavoro
e della previdenza sociale, su richiesta del soggetto
autorizzato, entro i trenta giorni successivi rilasciata
l’autorizzazione a tempo indeterminato subordinatamente
alla verifica del corretto andamento dell’attivita’ svolta.
2. I requisiti richiesti per l’esercizio dell’attivita’
di cui al comma 1 sono i seguenti:
a) la costituzione della societa’ nella forma di
societa’ di capitali ovvero cooperativa, italiana o di
altro Stato membro dell’Unione europea; l’inclusione nella
denominazione sociale delle parole: “societa’ di fornitura
di lavoro temporaneo”; l’individuazione, quale oggetto
esclusivo, della predetta attivita’; l’acquisizione di un
capitale versato non inferiore a un miliardo di lire; la
sede legale o una sua dipendenza nel territorio dello Stato
o di altro Stato membro dell’Unione europea;
b) la disponibilita’ di uffici e di competenze
professionali idonee allo svolgimento dell’attivita’ di
fornitura di manodopera nonche’ la garanzia che l’attivita’
interessi un ambito distribuito sull’intero territorio
nazionale e comunque non inferiore a quattro regioni;
c) a garanzia dei crediti dei lavoratori assunti con
il contratto di cui all’art. 3 e dei corrispondenti crediti
contributivi degli enti previdenziali, la disposizione, per
i primi due anni, di un deposito cauzionale di lire 700
milioni presso un istituto di credito avente sede o
dipendenza nel territorio nazionale o di altro Stato membro
dell’Unione europea; a decorrere dal terzo anno solare, la
disposizione, in luogo della cauzione, di una fidejussione
bancaria o assicurativa non inferiore al 5 per cento del
fatturato, al netto dell’imposta sul valore aggiunto,
realizzato nell’anno precedente e comunque non inferiore a
lire 700 milioni;
d) in capo agli amministratori, ai direttori
generali, ai dirigenti muniti di rappresentanza e ai soci
accomandatari: assenza di condanne penali, anche non
definitive, ivi comprese le sanzioni sostitutive di cui
alla legge 24 novembre 1981, n. 689, per delitti contro il
patrimonio, per delitti contro la fede pubblica o contro
l’economia pubblica, per il delitto previsto dall’art.
416-bis del codice penale, o per delitti non colposi per i
quali la legge commini la pena della reclusione non
inferiore nel massimo a tre anni, per delitti o
contravvenzioni previsti da leggi dirette alla prevenzione
degli infortuni sul lavoro o, in ogni caso, previsti da
leggi in materia di lavoro o di previdenza sociale;
assenza, altresi’, di sottoposizione alle misure di
prevenzione disposte ai sensi della legge 27 dicembre 1956,
n. 1423, o della legge 31 maggio 1965, n. 575, o della
legge 13 settembre 1982, n. 646, e successive
modificazioni.
3. L’autorizzazione di cui al comma 1 puo’ essere
concessa anche a societa’ cooperative di produzione e
lavoro che, oltre a soddisfare le condizioni di cui al
comma 2, abbiano almeno cinquanta soci e tra di essi, come
socio sovventore, almeno un fondo mutualistico per la
promozione e lo sviluppo della cooperazione, di cui agli
articoli 11 e 12 della legge 31 gennaio 1992, n. 9, e che
occupino lavoratori dipendenti per un numero di giornate
non superiore ad un terzo delle giornate di lavoro
effettuate dalla cooperativa nel suo complesso. Soltanto i
lavoratori dipendenti dalla societa’ cooperativa di
produzione e lavoro possono essere da questa forniti come
prestatori di lavoro temporaneo.
4. I requisiti di cui ai commi 2 e 3 nonche’ le
informazioni di cui al comma 7 sono dichiarati dalla
societa’ alla camera di commercio, industria, artigianato e
agricoltura della provincia in cui ha la sede legale, per
l’iscrizione nel registro di cui all’art. 9 del decreto del
Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581.
5. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
con decreto da emanare entro trenta giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge, stabilisce le
modalita’ della presentazione della richiesta di
autorizzazione di cui al comma 1.
6. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale
svolge vigilanza e controllo sull’attivita’ dei soggetti
abilitati alla fornitura di prestazioni di lavoro
temporaneo ai sensi del presente articolo e sulla
permanenza in capo ai medesimi soggetti dei requisiti di
cui al comma 2.
7. La societa’ comunica all’autorita’ concedente gli
spostamenti di sede, l’apertura delle filiali o succursali,
la cessazione dell’attivita’ ed ha inoltre l’obbligo di
fornire all’autorita’ concedente tutte le informazioni da
questa richiesta.
8. La disciplina in materia di assunzioni obbligatorie
e l’obbligo di riserva di cui all’art. 25, comma 1, della
legge 23 luglio 1991, n. 223, non si applicano all’impresa
fornitrice con riferimento ai lavoratori da assumere con
contratto per prestazioni di lavoro temporaneo. I predetti
lavoratori non sono computati ai fini dell’applicazione,
all’impresa fornitrice, delle predette disposizioni.”.
– Il testo dell’art. 10, comma 2, del citato decreto
legislativo n. 469 del 1997, e’ il seguente:
“2. L’attivita’ di mediazione tra domanda ed offerta di
lavoro puo’ essere svolta, previa autorizzazione del
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, da imprese
o gruppi di imprese, anche societa’ cooperative con
capitale versato non inferiore a 200 milioni di lire
nonche’ da enti non commerciali con patrimonio non
inferiore a 200 milioni. Fermo restando forme societarie
anche non di capitali, per lo svolgimento di attivita’ di
ricerca e selezione nonche’ di supporto alla ricollocazione
professionale, il limite di capitale versato ammonta a lire
50 milioni.”.
– Il testo della legge 11 gennaio 1979, n. 12 (Norme
per l’ordinamento della professione di consulente del
lavoro), e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 20 gennaio
1979, n. 20.
– Il testo dell’art. 7 della Convenzione
dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) del
19 giugno 1997, n. 181 (Convenzione sulle agenzie per
l’impiego private), e’ il seguente:
“Art. 7. – 1. Le agenzie per l’impiego private non
devono far pagare ai lavoratori, direttamente o
indirettamente, spese o altri costi.
2. Nell’interesse dei lavoratori, l’autorita’
competente, previa consultazione delle organizzazioni di
datori di lavoro e di lavoratori maggiormente
rappresentative, puo’ autorizzare deroghe alle disposizioni
del paragrafo 1 di cui sopra per alcune categorie di
lavoratori, e per servizi specificamente identificati,
forniti dalle agenzie per l’impiego private.
3. Ogni membro che avra’ autorizzato deroghe ai sensi
del paragrafo 2 di cui sopra dovra’, nei suoi rapporti a
titolo dell’art. 22 della Costituzione dell’Organizzazione
internazionale del lavoro, fornire informazioni su tali
deroghe ed esplicitarne i motivi.”.
– Il testo della legge 23 ottobre 1960, n. 1369
(Divieto di intermediazione ed interposizione nelle
prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell’impiego di
mano d’opera negli appalti di opere e di servizi), e’
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 25 novembre 1960, n.
289.
– Il testo dell’art. 2359 del codice civile e’ il
seguente:
“Art. 2359 (Societa’ controllate e societa’ collegate).
– Sono considerate societa’ controllate:
1) le societa’ in cui un’altra societa’ dispone
della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea
ordinaria;
2) le societa’ in cui un’altra societa’ dispone di
voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante
nell’assemblea ordinaria;
3) le societa’ che sono sotto influenza dominante di
un’altra societa’ in virtu’ di particolari vincoli
contrattuali con essa.
Ai fini dell’applicazione dei numeri 1) e 2) del primo
comma si computano anche i voti spettanti a societa’
controllate, a societa’ fiduciarie e a persona interposta;
non si computano i voti spettanti per conto di terzi.
Sono considerate collegate le societa’ sulle quali
un’altra societa’ esercita un’influenza notevole.
L’influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria puo’
essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un
decimo se la societa’ ha azioni quotate in borsa.”.
– Il testo del decreto legislativo 2 aprile 2002, n. 74
(Attuazione della direttiva del Consiglio del 22 settembre
1994, 94/45/CE, relativa all’istituzione di un comitato
aziendale europeo o di una procedura per l’informazione e
la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi
di imprese di dimensioni comunitarie), e’ pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 24 aprile 2002, n. 96.
– Il testo dell’art. 1 della citata legge n. 12 del
1979, e’ il seguente:
“Art. 1 (Esercizio della professione di consulente del
lavoro). – Tutti gli adempimenti in materia di lavoro,
previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti,
quando non sono curati dal datore di lavoro, direttamente
od a mezzo di propri dipendenti, non possono essere assunti
se non da coloro che siano iscritti nell’albo dei
consulenti del lavoro a norma dell’art. 9 della presente
legge, salvo il disposto del successivo art. 40, nonche’ da
coloro che siano iscritti negli albi degli avvocati e
procuratori legali, dei dottori commercialisti, dei
ragionieri e periti commerciali, i quali in tal caso sono
tenuti a darne comunicazione agli ispettorati del lavoro
delle province nel cui ambito territoriale intendono
svolgere gli adempimenti di cui sopra.
I dipendenti del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale che abbiano prestato servizio, almeno
per quindici anni, con mansioni di ispettori del lavoro
presso gli ispettorati del lavoro, sono esonerati dagli
esami per l’iscrizione all’albo dei consulenti del lavoro e
dal tirocinio per esercitare tale attivita’. Il personale
di cui al presente comma non potra’ essere iscritto
all’albo della provincia dove ha prestato servizio se non
dopo quattro anni dalla cessazione del servizio stesso.
Il titolo di consulente del lavoro spetta alle persone
che, munite dell’apposita abilitazione professionale, sono
iscritte nell’albo di cui all’art. 8 della presente legge.
Le imprese considerate artigiane ai sensi della legge
25 luglio 1956, n. 860, nonche’ le altre piccole imprese,
anche in forma cooperativa, possono affidare l’esecuzione
degli adempimenti di cui al primo comma a servizi o a
centri di assistenza fiscale istituiti dalle rispettive
associazioni di categoria. Tali servizi possono essere
organizzati a mezzo dei consulenti del lavoro, anche se
dipendenti dalle predette associazioni.
Per lo svolgimento delle operazioni di calcolo e stampa
relative agli adempimenti di cui al primo comma, nonche’
per l’esecuzione delle attivita’ strumentali ed accessorie,
le imprese di cui al quarto comma possono avvalersi anche
di centri di elaborazione dati costituiti e composti
esclusivamente da soggetti iscritti agli albi di cui alla
presente legge con versamento, da parte degli stessi, della
contribuzione integrativa alle casse di previdenza sul
volume di affari ai fini IVA, ovvero costituiti o promossi
dalle rispettive associazioni di categoria alle condizioni
definite al citato quarto comma. I criteri di attuazione
della presente disposizione sono stabiliti dal Ministero
del lavoro e della previdenza sociale sentiti i
rappresentanti delle associazioni di categoria e degli
ordini e collegi professionali interessati. Le imprese con
oltre duecentocinquanta addetti che non si avvalgono, per
le operazioni suddette, di proprie strutture interne
possono demandarle a centri di elaborazione dati, di
diretta costituzione od esterni, i quali devono essere in
ogni caso assistiti da uno o piu’ soggetti di cui al primo
comma.
Presso il Ministero del lavoro e della previdenza
sociale e’ istituito un comitato di monitoraggio, composto
dalle associazioni di categoria, dai rappresentanti degli
ordini e collegi di cui alla presente legge e delle
organizzazioni sindacali comparativamente piu’
rappresentative a livello nazionale, allo scopo di
esaminare i problemi connessi all’evoluzione professionale
ed occupazionale del settore.”.
– Il testo del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n.
18 (Attuazione della direttiva 98/50/CE relativa al
mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di
trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di
stabilimenti), e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
21 febbraio 2001, n. 43.
– Il testo della legge 1 marzo 2002, n. 39
(Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti
dall’appartenenza dell’Italia alle Comunita’ europee. Legge
comunitaria 2001), e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
26 marzo 2002, n. 72, supplemento ordinario.
– Il testo della direttiva 12 marzo 2001, n. 2001/23/CE
(Direttiva del Consiglio concernente il ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri relative al
mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di
trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di
imprese o di stabilimenti), e’ pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale C.E. 22 marzo 2001 n. L 82.
– Il testo dell’art. 1676 del codice civile e’ il
seguente:
“Art. 1676 (Diritti degli ausiliari dell’appaltatore
verso il committente). – Coloro che, alle dipendenze
dell’appaltatore, hanno dato la loro attivita’ per eseguire
l’opera o per prestare il servizio possono proporre azione
diretta contro il committente per conseguire quanto e’ loro
dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente
ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la
domanda.”.
Art. 2.
(Delega al Governo in materia di riordino
dei contratti a contenuto formativo
e di tirocinio)
1. Il Governo e’ delegato ad adottare, su proposta del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro per le pari
opportunita’, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica,
con il Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca e
con il Ministro per gli affari regionali, entro il termine di sei
mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu’
decreti legislativi diretti a stabilire, nel rispetto delle
competenze affidate alle regioni in materia di tutela e sicurezza del
lavoro dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e degli
obiettivi indicati dagli orientamenti annuali dell’Unione europea in
materia di occupazione, la revisione e la razionalizzazione dei
rapporti di lavoro con contenuto formativo, nel rispetto dei seguenti
principi e criteri direttivi:
a) conformita’ agli orientamenti comunitari in materia di aiuti di
Stato alla occupazione;
b) attuazione degli obiettivi e rispetto dei criteri di cui
all’articolo 16, comma 5, della legge 24 giugno 1997, n. 196, al fine
di riordinare gli speciali rapporti di lavoro con contenuti
formativi, cosi’ da valorizzare l’attivita’ formativa svolta in
azienda, confermando l’apprendistato come strumento formativo anche
nella prospettiva di una formazione superiore in alternanza tale da
garantire il raccordo tra i sistemi della istruzione e della
formazione, nonche’ il passaggio da un sistema all’altro e,
riconoscendo nel contempo agli enti bilaterali e alle strutture
pubbliche designate competenze autorizzatorie in materia,
specializzando il contratto di formazione e lavoro al fine di
realizzare l’inserimento e il reinserimento mirato del lavoratore in
azienda;
c) individuazione di misure idonee a favorire forme di apprendistato
e di tirocinio di impresa al fine del subentro nella attivita’ di
impresa;
d) revisione delle misure di inserimento al lavoro, non costituenti
rapporto di lavoro, mirate alla conoscenza diretta del mondo del
lavoro con valorizzazione dello strumento convenzionale fra le
pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il sistema formativo e le imprese,
secondo modalita’ coerenti con quanto previsto dagli articoli 17 e 18
della legge 24 giugno 1997, n. 196, prevedendo una durata variabile
fra uno e dodici mesi ovvero fino a ventiquattro mesi per i soggetti
disabili, in relazione al livello di istruzione, alle caratteristiche
della attivita’ lavorativa e al territorio di appartenenza nonche’,
con riferimento ai soggetti disabili, anche in base alla natura della
menomazione e all’incidenza della stessa sull’allungamento dei tempi
di apprendimento in relazione alle specifiche mansioni in cui vengono
inseriti, e prevedendo altresi’ la eventuale corresponsione di un
sussidio in un quadro di razionalizzazione delle misure di
inserimento non costituenti rapporti di lavoro;
e) orientamento degli strumenti definiti ai sensi dei principi e dei
criteri direttivi di cui alle lettere b), c) e d), nel senso di
valorizzare l’inserimento o il reinserimento al lavoro delle donne,
particolarmente di quelle uscite dal mercato del lavoro per
l’adempimento di compiti familiari e che desiderino rientrarvi, al
fine di superare il differenziale occupazionale tra uomini e donne;
f) semplificazione e snellimento delle procedure di riconoscimento e
di attribuzione degli incentivi connessi ai contratti a contenuto
formativo, tenendo conto del tasso di occupazione femminile e
prevedendo anche criteri di automaticita’;
g) rafforzamento dei meccanismi e degli strumenti di monitoraggio e
di valutazione dei risultati conseguiti, anche in relazione
all’impatto sui livelli di occupazione femminile e sul tasso di
occupazione in generale, per effetto della ridefinizione degli
interventi di cui al presente articolo da parte delle amministrazioni
competenti e tenuto conto dei criteri che saranno determinati dai
provvedimenti attuativi, in materia di mercato del lavoro, della
legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;
h) sperimentazione di orientamenti, linee-guida e codici di
comportamento, al fine di determinare i contenuti dell’attivita’
formativa, concordati da associazioni dei datori e prestatori di
lavoro comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale e
territoriale, anche all’interno di enti bilaterali, ovvero, in
difetto di accordo, determinati con atti delle regioni, d’intesa con
il Ministro del lavoro e delle politiche sociali;
i) rinvio ai contratti collettivi stipulati da associazioni dei
datori e prestatori di lavoro comparativamente piu’ rappresentative,
a livello nazionale, territoriale e aziendale, per la determinazione,
anche all’interno degli enti bilaterali, delle modalita’ di
attuazione dell’attivita’ formativa in azienda.
Note all’art. 2:
– Il testo della legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della
Costituzione), e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
24 ottobre 2001, n. 248.
– Il testo dell’art. 16, comma 5, della citata legge n.
196 del 1997, e’ il seguente:
“5. Il Governo emana entro nove mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, previo parere delle
competenti commissioni parlamentari, norme regolamentari ai
sensi dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.
400, sulla proposta del Presidente del Consiglio dei
Ministri e del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale in materia di speciali rapporti di lavoro con
contenuti formativi quali l’apprendistato e il contratto di
formazione e lavoro, allo scopo di pervenire ad una
disciplina organica della materiasecondo criteri di
valorizzazione dei contenuti formativi, con efficiente
utilizzo delle risorse finanziarie vigenti, di
ottimizzazione ai fini della creazione di occasioni di
impiego delle specifiche tipologiche contrattuali, nonche’
di semplificazione, razionalizzazione e delegificazione,
con abrogazione, ove occorra, delle norme vigenti. Dovra’
altresi’ essere definito, nell’ambito delle suddette norme
regolamentari, un sistema organico di controlli sulla
effettivita’ dell’addestramento e sul reale rapporto tra
attivita’ lavorativa e attivita’ formativa, con la
previsione di specifiche sanzioni amministrative per
l’ipotesi in cui le condizioni previste dalla legge non
siano state assicurate.”.
– Il testo dell’art. 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali
sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche), e’ il seguente:
“2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le
amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e
scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative,
le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento
autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunita’
montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni
universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le
camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e
loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici
nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le
aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale,
l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni (ARAN) e le agenzie di cui al decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 300.”.
– Il testo dell’art. 17, della citata legge n. 196 del
1997, e’ il seguente:
“Art. 17 (Riordino della formazione professionale). –
1. Allo scopo di assicurare ai lavoratori adeguate
opportunita’ di formazione ed elevazione professionale
anche attraverso l’integrazione del sistema di formazione
professionale con il sistema scolastico e con il mondo del
lavoro e un piu’ razionale utilizzo delle risorse vigenti,
anche comunitarie, destinate alla formazione professionale
e al fine di realizzare la semplificazione normativa e di
pervenire ad una disciplina organica della materia, anche
con riferimento ai profili formativi di speciali rapporti
di lavoro quali l’apprendistato e il contratto di
formazione e lavoro, il presente articolo definisce i
seguenti principi e criteri generali, nel rispetto dei
quali sono adottate norme di natura regolamentare
costituenti la prima fase di un piu’ generale, ampio
processo di riforma della disciplina in materia:
a) valorizzazione della formazione professionale
quale strumento per migliorare la qualita’ dell’offerta di
lavoro, elevare le capacita’ competitive del sistema
produttivo, in particolare con riferimento alle medie e
piccole imprese e alle imprese artigiane e incrementare
l’occupazione, attraverso attivita’ di formazione
professionale caratterizzate da moduli flessibili, adeguati
alle diverse realta’ produttive locali nonche’ di
promozione e aggiornamento professionale degli
imprenditori, dei lavoratori autonomi, dei soci di
cooperative, secondo modalita’ adeguate alle loro
rispettive specifiche esigenze;
b) attuazione dei diversi interventi formativi anche
attraverso il ricorso generalizzato a stages, in grado di
realizzare il raccordo tra formazione e lavoro e
finalizzati a valorizzare pienamente il momento
dell’orientamento nonche’ a favorire un primo contatto dei
giovani con le imprese;
c) svolgimento delle attivita’ di formazione
professionale da parte delle regioni e/o delle province
anche in convenzione con istituti di istruzione secondaria
e con enti privati aventi requisiti predeterminati;
d) destinazione progressiva delle risorse di cui al
comma 5 dell’art. 9 del decreto-legge 20 maggio 1993, n.
148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio
1993, n. 236, agli interventi di formazione dei lavoratori
e degli altri soggetti di cui alla lettera a) nell’ambito
di piani formativi aziendali o territoriali concordati tra
le parti sociali, con specifico riferimento alla formazione
di lavoratori in costanza di rapporto di lavoro, di
lavoratori collocati in mobilita’, di lavoratori
disoccupati per i quali l’attivita’ formativa e’
propedeutica all’assunzione; le risorse di cui alla
presente lettera confluiranno in uno o piu’ fondi
nazionali, articolati regionalmente e territorialmente
aventi configurazione giuridica di tipo privatistico e
gestiti con partecipazione delle parti sociali; dovranno
altresi’ essere definiti i meccanismi di integrazione del
fondo di rotazione;
e) attribuzione al Ministro del lavoro e della
previdenza sociale di funzioni propositive ai fini della
definizione da parte del comitato di cui all’art. 5, comma
5, dei criteri e delle modalita’ di certificazione delle
competenze acquisite con la formazione professionale;
f) adozione di misure idonee a favorire, secondo
piani di intervento predisposti dalle regioni, la
formazione e la mobilita’ interna o esterna al settore
degli addetti alla formazione professionale nonche’ la
ristrutturazione degli enti di formazione e la
trasformazione dei centri in agenzie formative al fine di
migliorare l’offerta formativa e facilitare l’integrazione
dei sistemi; le risorse finanziarie da destinare a tali
interventi saranno individuate con decreto del Ministro del
lavoro e della previdenza sociale nell’ambito delle
disponibilita’, da preordinarsi allo scopo, esistenti nel
Fondo di cui all’art. 1, comma 7, del decreto-legge
20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni,
dalla legge 19 luglio 1993, n. 236;
g) semplificazione delle procedure, ivi compresa la
eventuale sostituzione della garanzia fidejussoria prevista
dall’art. 56 della legge 6 febbraio 1996, n. 52, per
effetto delle disposizioni di cui ai commi 3 e seguenti
definite a livello nazionale anche attraverso parametri
standard, con deferimento ad atti delle amministrazioni
competenti, adottati anche ai sensi dell’art. 17, comma 3,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive
modificazioni, ed a strumenti convenzionali oltre che delle
disposizioni di natura integrativa, esecutiva e
organizzatoria anche della disciplina di specifici aspetti
nei casi previsti dalle disposizioni regolamentari emanate
ai sensi del comma 2, con particolare riferimento alla
possibilita’ di stabilire requisiti minimi e criteri di
valutazione delle sedi operative ai fini
dell’accreditamento;
h) abrogazione, ove occorra, delle norme vigenti.
2. Le disposizioni regolamentari di cui al comma 1 sono
emanate, a norma dell’art. 17, comma 2, della legge
23 agosto 1988, n. 400, entro sei mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, con uno o piu’
decreti, sulla proposta del Presidente del Consiglio dei
Ministri e del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con i Ministri della pubblica
istruzione, dell’universita’ e della ricerca scientifica e
tecnologica, per le pari opportunita’, del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica, per la funzione
pubblica e gli affari regionali, sentita la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, previo parere
delle competenti commissioni parlamentari.
3. A garanzia delle somme erogate a titolo di anticipo
o di acconto a valere sulle risorse del Fondo sociale
europeo e dei relativi cofinanziamenti nazionali e’
istituito, presso il Ministero del tesoro – Ragioneria
generale dello Stato – Ispettorato generale per
l’amministrazione del Fondo di rotazione per l’attuazione
delle politiche comunitarie (IGFOR), un fondo di rotazione
con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio ai
sensi dell’art. 9 della legge 25 novembre 1971, n. 1041.
4. Il Fondo di cui al comma 3 e’ alimentato da un
contributo a carico dei soggetti privati attuatori degli
interventi finanziati, nonche’, per l’anno 1997, da un
contributo di lire 30 miliardi che gravera’ sulle
disponibilita’ derivanti dal terzo del gettito
della maggiorazione contributiva prevista dall’art. 25
della legge 21 dicembre 1978, n. 845, che affluisce, ai
sensi dell’art. 9, comma 5, del decreto-legge 20 maggio
1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge
19 luglio 1993, n. 236, al Fondo di rotazione per la
formazione professionale e per l’accesso al Fondo sociale
europeo previsto dal medesimo art. 25 della citata legge n.
845 del 1978.
5. Il Fondo di cui al comma 3 utilizzera’ le risorse di
cui al comma 4 per rimborsare gli organismi comunitari e
nazionali, erogatori dei finanziamenti, nelle ipotesi di
responsabilita’ sussidiaria dello Stato membro, ai sensi
dell’art. 23 del regolamento (CEE) n. 2082/93 del Consiglio
del 20 luglio 1993, accertate anche precedentemente alla
data di entrata in vigore della presente legge.
6. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge il Ministro del tesoro, di
concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, stabilisce con proprio decreto le norme di
amministrazione e di gestione del Fondo di cui al comma 3.
Con il medesimo decreto e’ individuata l’aliquota del
contributo a carico dei soggetti privati di cui al comma 4,
da calcolare sull’importo del funzionamento concesso, che
puo’ essere rideterminata con successivo decreto per
assicurare l’equilibrio finanziario del predetto Fondo. Il
contributo non grava sull’importo dell’aiuto finanziario al
quale hanno diritto i beneficiari.”.
– Il testo dell’art. 18, della citata legge n. 196 del
1997, e’ il seguente:
“Art. 18 (Tirocini formativi e di orientamento). – 1.
Al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e
lavoro e di agevolare le scelte professionali mediante la
conoscenza diretta del mondo del lavoro, attraverso
iniziative di tirocini pratici e stages a favore di
soggetti che hanno gia’ assolto l’obbligo scolastico ai
sensi della legge 31 dicembre 1962, n. 1859, con decreto
del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di
concerto con il Ministro della pubblica istruzione,
dell’universita’ e della ricerca scientifica e tecnologica,
da adottarsi ai sensi dell’art. 17 della legge 23 agosto
1988, n. 400, sono emanate, entro nove mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, disposizioni nel
rispetto dei seguenti principi e criteri generali:
a) possibilita’ di promozione delle iniziative, nei
limiti delle risorse rese disponibili dalla vigente
legislazione, anche su proposta degli enti bilaterali e
delle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei
lavoratori, da parte di soggetti pubblici o a
partecipazione pubblica e di soggetti privati non aventi
scopo di lucro, in possesso degli specifici requisiti
preventivamente determinati in funzione di idonee garanzie
all’espletamento delle iniziative medesime e in
particolare: agenzie regionali per l’impiego e uffici
periferici del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale; universita’; provveditorati agli studi;
istituzioni scolastiche non statali che rilascino titoli di
studio con valore legale; centri pubblici di formazione e/o
orientamento, ovvero a partecipazione pubblica o operanti
in regime di convenzione ai sensi dell’art. 5 della legge
21 dicembre 1978, n. 845; comunita’ terapeutiche enti
ausiliari e cooperative sociali, purche’ iscritti negli
specifici albi regionali, ove esistenti; servizi di
inserimento lavorativo per disabili gestiti da enti
pubblici delegati dalla regione;
b) attuazione delle iniziative nell’ambito di
progetti di orientamento e di formazione, con priorita’ per
quelli definiti all’interno di programmi operativi quadro
predisposti dalle regioni, sentite le organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale;
c) svolgimento dei tirocini sulla base di apposite
convenzioni intervenute tra i soggetti di cui alla lettera
a) e i datori di lavoro pubblici e privati;
d) previsione della durata dei rapporti non
costituenti rapporti di lavoro, in misura non superiore a
dodici mesi, ovvero a ventiquattro mesi in caso di soggetti
portatori di handicap, da modulare in funzione della
specificita’ dei diversi tipi di utenti;
e) obbligo da parte dei soggetti promotori di
assicurare i tirocinanti mediante specifica convenzione con
l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro (INAIL) e per la responsabilita’
civile e di garantire la presenza di un tutore come
responsabile didattico-organizzativo delle attivita’; nel
caso in cui i soggetti promotori siano le agenzie regionali
per l’impiego e gli uffici periferici del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale, il datore di lavoro
ospitante puo’ stipulare la predetta convenzione con
l’INAIL direttamente e a proprio carico;
f) attribuzione del valore di crediti formativi alle
attivita’ svolte nel corso degli stages e delle iniziative
di tirocinio pratico di cui al comma 1 da utilizzare, ove
debitamente certificati, per l’accensione di un rapporto di
lavoro;
g) possibilita’ di ammissione, secondo modalita’ e
criteri stabiliti con decreto del Ministro del lavoro e
della previdenza sociale, e nei limiti delle risorse
finanziarie preordinate allo scopo nell’ambito del Fondo di
cui all’art. 1 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993,
n. 236, al rimborso totale o parziale degli oneri
finanziari connessi all’attuazione di progetti di tirocinio
di cui al presente articolo a favore dei giovani del
Mezzogiorno presso imprese di regioni diverse da quelle
operanti nella predetta area, ivi compresi, nel caso in cui
i progetti lo prevedano, gli oneri relativi alla spesa
sostenuta dall’impresa per il vitto e l’alloggio del
tirocinante;
h) abrogazione, ove occorra, delle norme vigenti;
i) computabilita’ dei soggetti portatori di handicap
impiegati nei tirocini ai fini della legge 2 aprile 1968,
n. 482, e successive modificazioni, purche’ gli stessi
tirocini siano oggetto di convenzione ai sensi degli
articoli 5 e 17 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e
siano finalizzati all’occupazione.”.
Art. 3.
(Delega al Governo in materia di riforma
della disciplina del lavoro a tempo parziale)
1. Il Governo e’ delegato ad adottare, su proposta del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro per le pari
opportunita’, entro il termine di un anno dalla data di entrata in
vigore della presente legge, uno o piu’ decreti legislativi, con
esclusione dei rapporti di lavoro alle dipendenze di amministrazioni
pubbliche, recanti norme per promuovere il ricorso a prestazioni di
lavoro a tempo parziale, quale tipologia contrattuale idonea a
favorire l’incremento del tasso di occupazione e, in particolare, del
tasso di partecipazione delle donne, dei giovani e dei lavoratori con
eta’ superiore ai 55 anni, al mercato del lavoro, nel rispetto dei
seguenti principi e criteri direttivi:
a) agevolazione del ricorso a prestazioni di lavoro supplementare
nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale cosiddetto orizzontale, nei
casi e secondo le modalita’ previsti da contratti collettivi
stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro
comparativamente piu’ rappresentative su scala nazionale o
territoriale, anche sulla base del consenso del lavoratore
interessato in carenza dei predetti contratti collettivi;
b) agevolazione del ricorso a forme flessibili ed elastiche di lavoro
a tempo parziale nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale cosiddetto
verticale e misto, anche sulla base del consenso del lavoratore
interessato in carenza dei contratti collettivi di cui alla lettera
a), e comunque a fronte di una maggiorazione retributiva da
riconoscere al lavoratore;
c) estensione delle forme flessibili ed elastiche anche ai contratti
a tempo parziale a tempo determinato;
d) previsione di norme, anche di natura previdenziale, che agevolino
l’utilizzo di contratti a tempo parziale da parte dei lavoratori
anziani al fine di contribuire alla crescita dell’occupazione
giovanile anche attraverso il ricorso a tale tipologia contrattuale;
e) abrogazione o integrazione di ogni disposizione in contrasto con
l’obiettivo della incentivazione del lavoro a tempo parziale, fermo
restando il rispetto dei principi e delle regole contenute nella
direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997;
f) affermazione della computabilita’ pro rata temporis in proporzione
dell’orario svolto dal lavoratore a tempo parziale, in relazione
all’applicazione di tutte le norme legislative e clausole
contrattuali a loro volta collegate alla dimensione aziendale intesa
come numero dei dipendenti occupati in ogni unita’ produttiva;
g) integrale estensione al settore agricolo del lavoro a tempo
parziale.
Nota all’art. 3:
– Il testo della direttiva 15 dicembre 1997, n.
97/81/CE (Direttiva del Consiglio relativa all’accordo
quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal
CEEP e dalla CES), e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
C.E. 20 gennaio 1998, n. L 14.
Art. 4.
(Delega al Governo in materia di disciplina
delle tipologie di lavoro a chiamata, temporaneo,
coordinato e continuativo, occasionale, accessorio
e a prestazioni ripartite)
1. Il Governo e’ delegato ad adottare, su proposta del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali, entro il termine di un anno dalla
data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu’ decreti
legislativi recanti disposizioni volte alla disciplina o alla
razionalizzazione delle tipologie di lavoro a chiamata, temporaneo,
coordinato e continuativo, occasionale, accessorio e a prestazioni
ripartite, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) riconoscimento di una congrua indennita’ cosiddetta di
disponibilita’ a favore del lavoratore che garantisca nei confronti
del datore di lavoro la propria disponibilita’ allo svolgimento di
prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, cosi’ come
individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei
datori e prestatori di lavoro comparativamente piu’ rappresentative
su scala nazionale o territoriale o, in via provvisoriamente
sostitutiva, per decreto del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, ed in ogni caso prevedendosi la possibilita’ di
sperimentazione di detta tipologia contrattuale anche per prestazioni
rese da soggetti in stato di disoccupazione con meno di 25 anni di
eta’ ovvero da lavoratori con piu’ di 45 anni di eta’ che siano stati
espulsi dal ciclo produttivo in funzione di processi di riduzione o
trasformazione di attivita’ o di lavoro e iscritti alle liste di
mobilita’ e di collocamento; eventuale non obbligatorieta’ per il
prestatore di rispondere alla chiamata del datore di lavoro, non
avendo quindi titolo a percepire la predetta indennita’ ma con
diritto di godere di una retribuzione proporzionale al lavoro
effettivamente svolto;
b) con riferimento alle prestazioni di lavoro temporaneo, completa
estensione al settore agricolo del lavoro temporaneo tramite agenzia,
con conseguente applicabilita’ degli oneri contributivi di questo
settore;
1) ricorso alla forma del lavoro a tempo determinato di cui
all’articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368,
ovvero alla forma della fornitura di lavoro temporaneo di cui alla
legge 24 giugno 1997, n. 196, anche per soddisfare le quote
obbligatorie di assunzione di lavoratori disabili di cui alla legge
12 marzo 1999, n. 68, secondo il principio pro rata temporis;
2) completa estensione al settore agricolo del lavoro temporaneo
tramite agenzia, con conseguente applicabilita’ degli oneri
contributivi di questo settore;
c) con riferimento alle collaborazioni coordinate e continuative:
1) previsione della stipulazione dei relativi contratti mediante un
atto scritto da cui risultino la durata, determinata o determinabile,
della collaborazione, la riconducibilita’ di questa a uno o piu’
progetti o programmi di lavoro o fasi di esso, resi con lavoro
prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione, nonche’
l’indicazione di un corrispettivo, che deve essere proporzionato alla
qualita’ e quantita’ del lavoro;
2) differenziazione rispetto ai rapporti di lavoro meramente
occasionali, intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva
non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare con lo
stesso committente, salvo che il compenso complessivo per lo
svolgimento della prestazione sia superiore a 5.000 euro;
3) riconduzione della fattispecie a uno o piu’ progetti o programmi
di lavoro o fasi di esso;
4) previsione di tutele fondamentali a presidio della dignita’ e
della sicurezza dei collaboratori, con particolare riferimento a
maternita’, malattia e infortunio, nonche’ alla sicurezza nei luoghi
di lavoro, anche nel quadro di intese collettive;
5) previsione di un adeguato sistema sanzionatorio nei casi di
inosservanza delle disposizioni di legge;
6) ricorso, ai sensi dell’articolo 5, ad adeguati meccanismi di
certificazione della volonta’ delle parti contraenti;
d) ammissibilita’ di prestazioni di lavoro occasionale e accessorio,
in generale e con particolare riferimento a opportunita’ di
assistenza sociale, rese a favore di famiglie e di enti senza fini di
lucro, da disoccupati di lungo periodo, altri soggetti a rischio di
esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del
lavoro, ovvero in procinto di uscirne, regolarizzabili attraverso la
tecnica di buoni corrispondenti a un certo ammontare di attivita’
lavorativa, ricorrendo, ai sensi dell’articolo 5, ad adeguati
meccanismi di certificazione;
e) ammissibilita’ di prestazioni ripartite fra due o piu’ lavoratori,
obbligati in solido nei confronti di un datore di lavoro, per
l’esecuzione di un’unica prestazione lavorativa.
f) configurazione specifica come prestazioni che esulano dal mercato
del lavoro e dagli obblighi connessi delle prestazioni svolte in modo
occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo
aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi, salve le
spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori, e con particolare
riguardo alle attivita’ agricole.
Art. 5.
(Delega al Governo in materia di
certificazione dei rapporti di lavoro)
1. Al fine di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei
rapporti di lavoro, con esclusione dei rapporti di lavoro alle
dipendenze di amministrazioni pubbliche, il Governo e’ delegato ad
adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore
della presente legge, uno o piu’ decreti legislativi recanti
disposizioni in materia di certificazione del relativo contratto
stipulato tra le parti, nel rispetto dei seguenti principi e criteri
direttivi:
a) carattere volontario e sperimentale della procedura di
certificazione;
b) individuazione dell’organo preposto alla certificazione del
rapporto di lavoro in enti bilaterali costituiti a iniziativa di
associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente
piu’ rappresentative, ovvero presso strutture pubbliche aventi
competenze in materia, o anche universita’;
c) definizione delle modalita’ di organizzazione delle sedi di
certificazione e di tenuta della relativa documentazione;
d) indicazione del contenuto e della procedura di certificazione;
e) attribuzione di piena forza legale al contratto certificato ai
sensi della procedura di cui alla lettera d), con esclusione della
possibilita’ di ricorso in giudizio se non in caso di erronea
qualificazione del programma negoziale da parte dell’organo preposto
alla certificazione e di difformita’ tra il programma negoziale
effettivamente realizzato dalle parti e il programma negoziale
concordato dalle parti in sede di certificazione;
f) previsione di espletare il tentativo obbligatorio di conciliazione
previsto dall’articolo 410 del codice di procedura civile innanzi
all’organo preposto alla certificazione quando si intenda impugnare
l’erronea qualificazione dello stesso o la difformita’ tra il
programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione,
prevedendo che gli effetti dell’accertamento svolto dall’organo
preposto alla certificazione permangano fino al momento in cui venga
provata l’erronea qualificazione del programma negoziale o la
difformita’ tra il programma negoziale concordato dalle parti in sede
di certificazione e il programma attuato. In caso di ricorso in
giudizio, introduzione dell’obbligo in capo all’autorita’ giudiziaria
competente di accertare anche le dichiarazioni e il comportamento
tenuto dalle parti davanti all’organo preposto alla certificazione
del contratto di lavoro;
g) attribuzione agli enti bilaterali della competenza a certificare
non solo la qualificazione del contratto di lavoro e il programma
negoziale concordato dalle parti, ma anche le rinunzie e transazioni
di cui all’articolo 2113 del codice civile a conferma della volonta’
abdicativa o transattiva delle parti stesse;
h) estensione della procedura di certificazione all’atto di deposito
del regolamento interno riguardante la tipologia dei rapporti attuati
da una cooperativa ai sensi dell’articolo 6 della legge 3 aprile
2001, n. 142, e successive modificazioni;
i) verifica dell’attuazione delle disposizioni, dopo ventiquattro
mesi dalla data della loro entrata in vigore, da parte del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali, sentite le organizzazioni
sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente piu’
rappresentative sul piano nazionale.
Note all’art. 5:
– Il testo dell’art. 410 del codice di procedura
civile, e’ il seguente:
“Art. 410 (Tentativo obbligatorio di conciliazione). –
Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai
rapporti previsti dall’art. 409 e non ritiene di avvalersi
delle procedure di conciliazione previste dai contratti e
accordi collettivi deve promuovere, anche tramite
l’associazione sindacale alla quale aderisce o conferisca
mandato, il tentativo di conciliazione presso la
commissione di conciliazione individuata secondo i criteri
di cui all’art. 413.
La comunicazione della richiesta di espletamento del
tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e
sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e
per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il
decorso di ogni termine di decadenza.
La commissione, ricevuta la richiesta tenta la
conciliazione della controversia, convocando le parti, per
una riunione da tenersi non oltre dieci giorni dal
ricevimento della richiesta.
Con provvedimento del direttore dell’ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione e’
istituita in ogni provincia presso l’ufficio provinciale
del lavoro e della massima occupazione, una commissione
provinciale di conciliazione composta dal direttore
dell’ufficio stesso, o da un suo delegato, in qualita’ di
presidente, da quattro rappresentanti effettivi e da
quattro supplenti dei datori di lavoro e da quattro
rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei
lavoratori, designati dalle rispettive organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale.
Commissioni di conciliazione possono essere istituite,
con le stesse modalita’ e con la medesima composizione di
cui al precedente comma, anche presso le sezioni zonali
degli uffici provinciali del lavoro e della massima
occupazione.
Le commissioni, quando se ne ravvisi la necessita’,
affidano il tentativo di conciliazione a proprie
sottocommissioni, presiedute dal direttore dell’ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione o da un
suo delegato che rispecchino la composizione prevista dal
precedente terzo comma.
In ogni caso per la validita’ della riunione e’
necessaria la presenza del presidente e di almeno un
rappresentante dei datori di lavoro e di uno dei
lavoratori.
Ove la riunione della commissione non sia possibile per
la mancata presenza di almeno uno dei componenti di cui al
precedente comma, il direttore dell’ufficio provinciale del
lavoro certifica l’impossibilita’ di procedere al tentativo
di conciliazione.”.
– Il testo dell’art. 2113 del codice civile e’ il
seguente:
“Art. 2113 (Rinunzie e transazioni). – Le rinunzie e le
transazioni che hanno per oggetto diritti del prestatore di
lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e
dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti
di cui all’art. 409 del codice di procedura civile, non
sono valide.
L’impugnazione deve essere proposta, a pena di
decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del
rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione,
se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima.
Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti
possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche
stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la
volonta’.
Le disposizioni del presente articolo non si applicano
alla conciliazione intervenuta ai sensi degli articoli 185,
410 e 411 del codice di procedura civile.”.
– Per il testo dell’art. 6 della legge 3 aprile 2001,
n. 142 (Revisione della legislazione in materia
cooperativistica, con particolare riferimento alla
posizione del socio lavoratore), si vedano le note all’art.
9.
Art. 6.
(Esclusione)
1. Le disposizioni degli articoli da 1 a 5 non si applicano al
personale delle pubbliche amministrazioni ove non siano espressamente
richiamate.
Art. 7.
(Disposizioni concernenti l’esercizio delle
deleghe di cui agli articoli da 1 a 5)
1. Gli schemi dei decreti legislativi di cui agli articoli da 1 a 5,
deliberati dal Consiglio dei ministri e corredati da una apposita
relazione cui e’ allegato il parere della Conferenza unificata di cui
all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
sentite le associazioni sindacali comparativamente piu’
rappresentative dei datori e prestatori di lavoro, sono trasmessi
alle Camere per l’espressione del parere da parte delle competenti
Commissioni parlamentari permanenti entro la scadenza del termine
previsto per l’esercizio della relativa delega.
2. In caso di mancato rispetto del termine per la trasmissione, il
Governo decade dall’esercizio della delega. Le competenti Commissioni
parlamentari esprimono il parere entro trenta giorni dalla data di
trasmissione. Qualora il termine per l’espressione del parere decorra
inutilmente, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.
3. Qualora il termine previsto per il parere delle Commissioni
parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del
termine per l’esercizio della delega o successivamente, quest’ultimo
e’ prorogato di sessanta giorni.
4. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei
decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo puo’ adottare
eventuali disposizioni modificative e correttive con le medesime
modalita’ e nel rispetto dei medesimi criteri e principi direttivi.
5. Dall’attuazione delle disposizioni degli articoli da 1 a 5 non
devono derivare oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.
Nota all’art. 7:
– Il testo dell’art. 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle
attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di
interesse comune delle regioni, delle province e dei
comuni, con la Conferenza Stato-citta’ ed autonomie
locali), e’ il seguente:
“Art. 8 (Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali e
Conferenza unificata). – 1. La Conferenza Stato-citta’ ed
autonomie locali e’ unificata per le materie ed i compiti
di interesse comune delle regioni, delle province, dei
comuni e delle comunita’ montane, con la Conferenza
Stato-regioni.
2. La Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali e’
presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, per
sua delega, dal Ministro dell’interno o dal Ministro per
gli affari regionali; ne fanno parte altresi’ il Ministro
del tesoro e del bilancio e della programmazione economica,
il Ministro delle finanze, il Ministro dei lavori pubblici,
il Ministro della sanita’, il presidente dell’Associazione
nazionale dei comuni d’Italia – ANCI, il presidente
dell’Unione province d’Italia – UPI ed il presidente
dell’Unione nazionale comuni, comunita’ ed enti montani –
UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati
dall’ANCI e sei presidenti di provincia designati dall’UPI.
Dei quattordici sindaci designati dall’ANCI cinque
rappresentano le citta’ individuate dall’art. 17 della
legge 8 giugno 1990, n. 142. Alle riunioni possono essere
invitati altri membri del Governo, nonche’ rappresentanti
di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici.
3. La Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali e’
convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi
il presidente ne ravvisi la necessita’ o qualora ne faccia
richiesta il presidente dell’ANCI, dell’UPI o dell’UNCEM.
4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 e’
convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Le
sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei
Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari
regionali o, se tale incarico non e’ conferito, dal
Ministro dell’interno.”.
Art. 8.
Delega al Governo per la razionalizzazione
delle funzioni ispettive in materia di previdenza
sociale e di lavoro)
1. Allo scopo di definire un sistema organico e coerente di tutela
del lavoro con interventi omogenei, il Governo e’ delegato ad
adottare, nel rispetto delle competenze affidate alle regioni, su
proposta del Ministro del lavoro delle politiche sociali ed entro il
termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente
legge, uno o piu’ decreti legislativi per il riassetto della
disciplina vigente sulle ispezioni in materia di previdenza sociale e
di lavoro, nonche’ per la definizione di un quadro regolatorio
finalizzato alla prevenzione delle controversie individuali di lavoro
in sede conciliativa, ispirato a criteri di equita’ ed efficienza.
2. La delega di cui al comma 1 e’ esercitata nel rispetto dei
seguenti principi e criteri direttivi:
a) improntare il sistema delle ispezioni alla prevenzione e
promozione dell’osservanza della disciplina degli obblighi
previdenziali, del rapporto di lavoro, del trattamento economico e
normativo minimo e dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio nazionale, anche valorizzando l’attivita’ di
consulenza degli ispettori nei confronti dei destinatari della citata
disciplina;
b) definizione di un raccordo efficace fra la funzione di ispezione
del lavoro e quella di conciliazione delle controversie individuali;
c) ridefinizione dell’istituto della prescrizione e diffida propri
della direzione provinciale del lavoro;
d) semplificazione dei procedimenti sanzionatori amministrativi e
possibilita’ di ricorrere alla direzione regionale del lavoro;
e) semplificazione della procedura per la soddisfazione dei crediti
di lavoro correlata alla promozione di soluzioni conciliative in sede
pubblica;
f) riorganizzazione dell’attivita’ ispettiva del Ministero del lavoro
e delle politiche sociali in materia di previdenza sociale e di
lavoro con l’istituzione di una direzione generale con compiti di
direzione e coordinamento delle strutture periferiche del Ministero
ai fini dell’esercizio unitario della predetta funzione ispettiva,
tenendo altresi’ conto della specifica funzione di polizia
giudiziaria dell’ispettore del lavoro;
g) razionalizzazione degli interventi ispettivi di tutti gli organi
di vigilanza, compresi quelli degli istituti previdenziali, con
attribuzione della direzione e del coordinamento operativo alle
direzioni regionali e provinciali del lavoro sulla base delle
direttive adottate dalla direzione generale di cui alla lettera f).
3. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono
trasmessi alle Camere per l’espressione del parere da parte delle
competenti Commissioni parlamentari permanenti entro la scadenza del
termine previsto per l’esercizio della delega. Le competenti
Commissioni parlamentari esprimono il parere entro trenta giorni
dalla data di trasmissione. Qualora il termine per l’espressione del
parere decorra inutilmente, i decreti legislativi possono essere
comunque adottati.
4. Qualora il termine previsto per il parere delle Commissioni
parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del
termine per l’esercizio della delega o successivamente, quest’ultimo
e’ prorogato di sessanta giorni.
5. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei
decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo puo’ emanare
eventuali disposizioni modificative e correttive con le medesime
modalita’ di cui ai commi 3 e 4, attenendosi ai principi e ai criteri
direttivi indicati al comma 2.
6. L’attuazione della delega di cui al presente articolo non deve
comportare oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.
Art. 9. (Modifiche alla legge 3 aprile 2001, n. 142)
1. Alla legge 3 aprile 2001, n. 142, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) all’articolo 1, comma 3, primo periodo, le parole: “e distinto”
sono soppresse;
b) all’articolo 2, comma 1, dopo il primo periodo, e’ inserito il
seguente: “L’esercizio dei diritti di cui al titolo III della citata
legge n. 300 del 1970 trova applicazione compatibilmente con lo stato
di socio lavoratore, secondo quanto determinato da accordi collettivi
tra associazioni nazionali del movimento cooperativo e organizzazioni
sindacali dei lavoratori comparativamente piu’ rappresentative”;
c) all’articolo 3, dopo il comma 2, e’ aggiunto il seguente:
“2-bis. In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, le cooperative
della piccola pesca di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250, possono
corrispondere ai propri soci lavoratori un compenso proporzionato
all’entita’ del pescato, secondo criteri e parametri stabiliti dal
regolamento interno previsto dall’articolo 6”;
d) all’articolo 5, il comma 2 e’ sostituito dal seguente:
“2. Il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o l’esclusione
del socio deliberati nel rispetto delle previsioni statutarie e in
conformita’ con gli articoli 2526 e 2527 del codice civile. Le
controversie tra socio e cooperativa relative alla prestazione
mutualistica sono di competenza del tribunale ordinario”;
e) all’articolo 6, comma 1, le parole: “Entro nove mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge” sono sostituite dalle
seguenti: “Entro il 31 dicembre 2003”;
f) all’articolo 6, comma 2, dopo le parole: “del comma 1”, sono
inserite le seguenti: “nonche’ all’articolo 3, comma 2-bis” e le
parole: “ai trattamenti retributivi ed alle condizioni di lavoro
previsti dai contratti collettivi nazionali di cui all’articolo 3”
sono sostituite dalle seguenti: “al solo trattamento economico minimo
di cui all’articolo 3, comma 1”;
g) all’articolo 6 e’ aggiunto, in fine, il seguente comma:
“2-bis. Le cooperative di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b),
della legge 8 novembre 1991, n. 381, possono definire accordi
territoriali con le organizzazioni sindacali comparativamente piu’
rappresentative per rendere compatibile l’applicazione del contratto
collettivo di lavoro nazionale di riferimento all’attivita’ svolta.
Tale accordo deve essere depositato presso la direzione provinciale
del lavoro competente per territorio”.
Note all’art. 9:
– Il testo della legge 3 aprile 2001, n. 142 (Revisione
della legislazione in materia cooperativistica, con
particolare riferimento alla posizione del socio
lavoratore), e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
23 aprile 2001, n. 94.
– Il testo dell’art. 1, comma 3, primo periodo, della
citata legge n. 142 del 2001, come modificato dalla legge
qui pubblicata, e’ il seguente:
“3. Il socio lavoratore di cooperativa stabilisce con
la propria adesione o successivamente all’instaurazione del
rapporto associativo un ulteriore rapporto di lavoro, in
forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma,
ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non
occasionale, con cui contribuisce comunque al
raggiungimento degli scopi sociali.”.
– Il testo dell’art. 2, comma 1, della citata legge n.
142 del 2001, come modificato dalla legge qui pubblicata,
e’ il seguente:
“1. Ai soci lavoratori di cooperativa con rapporto di
lavoro subordinato si applica la legge 20 maggio 1970, n.
300, con esclusione dell’art. 18 ogni volta che venga a
cessare, col rapporto di lavoro, anche quello associativo.
L’esercizio dei diritti di cui al titolo III della citata
legge n. 300 del 1970 trova applicazione compatibilmente
con lo stato di socio lavoratore, secondo quanto
determinato da accordi collettivi tra associazioni
nazionali del movimento cooperativo e organizzazioni
sindacali dei lavoratori comparativamente piu’
rappresentative. Si applicano altresi’ tutte le vigenti
disposizioni in materia di sicurezza e igiene del lavoro.
Agli altri soci lavoratori si applicano gli articoli 1, 8,
14 e 15 della medesima legge n. 300 del 1970, nonche’ le
disposizioni previste dal decreto legislativo 19 settembre
1994, n. 626, e successive modificazioni, e quelle previste
dal decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, in quanto
compatibili con le modalita’ della prestazione lavorativa.
In relazione alle peculiarita’ del sistema cooperativo,
forme specifiche di esercizio dei diritti sindacali possono
essere individuate in sede di accordi collettivi tra le
associazioni nazionali del movimento cooperativo e le
organizzazioni sindacali dei lavoratori, comparativamente
piu’ rappresentative.”.
– Il testo dell’art. 3, della citata legge n. 142 del
2001, come modificato dalla legge qui pubblicata, e’ il
seguente:
“Art. 3 (Trattamento economico del socio lavoratore). –
1. Fermo restando quanto previsto dall’art. 36 della legge
20 maggio 1970, n. 300, le societa’ cooperative sono tenute
a corrispondere al socio lavoratore un trattamento
economico complessivo proporzionato alla quantita’ e
qualita’ del lavoro prestato e comunque non inferiore ai
minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla
contrattazione collettiva nazionale del settore o della
categoria affine, ovvero, per i rapporti di lavoro diversi
da quello subordinato, in assenza di contratti o accordi
collettivi specifici, ai compensi medi in uso per
prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo.
2. Trattamenti economici ulteriori possono essere
deliberati dall’assemblea e possono essere erogati:
a) a titolo di maggiorazione retributiva, secondo le
modalita’ stabilite in accordi stipulati ai sensi dell’art.
2;
b) in sede di approvazione del bilancio di esercizio,
a titolo di ristorno, in misura non superiore al 30 per
cento dei trattamenti retributivi complessivi di cui al
comma 1 e alla lettera a), mediante integrazioni delle
retribuzioni medesime, mediante aumento gratuito del
capitale sociale sottoscritto e versato, in deroga ai
limiti stabiliti dall’art. 24 del decreto legislativo del
Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577,
ratificato, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 1951,
n. 302, e successive modificazioni, ovvero mediante
distribuzione gratuita dei titoli di cui all’art. 5 della
legge 31 gennaio 1992, n. 59.
2-bis. In deroga alle disposizioni di cui al comma 1,
le cooperative della piccola pesca di cui alla legge
13 marzo 1958, n. 250, possono corrispondere ai propri soci
lavoratori un compenso proporzionato all’entita’ del
pescato, secondo criteri e parametri stabiliti dal
regolamento interno previsto dall’art. 6.”.
– Il testo della legge 13 marzo 1958, n. 250
(Previdenze a favore dei pescatori della piccola pesca
marittima e delle acque interne) e’ pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 5 aprile 1958, n. 83.
– Il testo dell’art. 5, della citata legge n. 142 del
2001, come modificato dalla legge qui pubblicata, e’ il
seguente:
“Art. 5 (Altre normative applicabili al socio
lavoratore). – 1. Il riferimento alle retribuzioni ed ai
trattamenti dovuti ai prestatori di lavoro, previsi
dall’art. 2751-bis, numero 1), del codice civile, si
intende applicabile anche ai soci lavoratori di cooperative
di lavoro nei limiti del trattamento economico di cui
all’art. 3, commi 1 e 2, lettera a). La presente norma
costituisce interpretazione autentica delle disposizioni
medesime.
2. Il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o
l’esclusione del socio deliberati nel rispetto delle
previsioni statutarie e in conformita’ con gli articoli
2526 e 2527 del codice civile. Le controversie tra socio e
cooperativa relative alla prestazione mutualistica sono di
competenza del tribunale ordinario.”.
– Il testo dell’art. 2526 del codice civile e’ il
seguente:
“Art. 2526 (Recesso del socio). – La dichiarazione di
recesso, nei casi in cui questo e’ ammesso dalla legge o
dall’atto costitutivo, deve essere comunicata con
raccomandata alla societa’ e deve essere annotata nel libro
dei soci a cura degli amministratori. Essa ha effetto con
la chiusura dell’esercizio in corso, se comunicata tre mesi
prima e, in caso contrario, con la chiusura dell’esercizio
successivo.”.
– Il testo dell’art. 2527 del codice civile e’ il
seguente:
“Art. 2527 (Esclusione del socio). – L’esclusione del
socio, qualunque sia il tipo della societa’, oltre che nel
caso indicato nell’art. 2524, puo’ aver luogo negli altri
casi previsti dagli articoli 2286 e 2288, primo comma, e in
quelli stabiliti dall’atto costitutivo.
Quando l’esclusione non ha luogo di diritto, essa deve
essere deliberata dall’assemblea dei soci o, se l’atto
costitutivo lo consente, dagli amministratori, e deve
essere comunicata al socio.
Contro la deliberazione di esclusione il socio puo’,
nel termine di trenta giorni dalla comunicazione, proporre
opposizione davanti al tribunale. Questo puo’ sospendere
l’esecuzione della deliberazione.
L’esclusione ha effetto dall’annotazione nel libro dei
soci, da farsi a cura degli amministratori.”.
– Il testo dell’art. 6 della citata legge n. 142 del
2001, come modificato dalla legge qui pubblicata, e’ il
seguente:
“Art. 6 (Regolamento interno). – 1. Entro il
31 dicembre 2003, le cooperative di cui all’art. 1
definiscono un regolamento, approvato dall’assemblea, sulla
tipologia dei rapporti che si intendono attuare, in forma
alternativa, con i soci lavoratori. Il regolamento deve
essere depositato entro trenta giorni dall’approvazione
presso la direzione provinciale del lavoro competente per
territorio. Il regolamento deve contenere in ogni caso:
a) il richiamo ai contratti collettivi applicabili,
per cio’ che attiene ai soci lavoratori con rapporto di
lavoro subordinato;
b) le modalita’ di svolgimento delle prestazioni
lavorative da parte dei soci, in relazione
all’organizzazione aziendale della cooperativa e ai profili
professionali dei soci stessi, anche nei casi di tipologie
diverse da quella del lavoro subordinato;
c) il richiamo espresso alle normative di legge
vigenti per i rapporti di lavoro diversi da quello
subordinato;
d) l’attribuzione all’assemblea della facolta’ di
deliberare, all’occorrenza, un piano di crisi aziendale,
nel quale siano salvaguardati, per quanto possibile, i
livelli occupazionali e siano altresi’ previsti: la
possibilita’ di riduzione temporanea dei trattamenti
economici integrativi di cui al comma 2, lettera b),
dell’art. 3; il divieto, per l’intera durata del piano, di
distribuzione di eventuali utili;
e) l’attribuzione all’assemblea della facolta’ di
deliberare, nell’ambito del piano di crisi aziendale di cui
alla lettera d), forme di apporto anche economico, da parte
dei soci lavoratori, alla soluzione della crisi, in
proporzione alle disponibilita’ e capacita’ finanziarie;
f) al fine di promuovere nuova imprenditorialita’,
nelle cooperative di nuova costituzione, la facolta’ per
l’assemblea della cooperativa di deliberare un piano
d’avviamento alle condizioni e secondo le modalita’
stabilite in accordi collettivi tra le associazioni
nazionali del movimento cooperativo e le organizzazioni
sindacali comparativamente piu’ rappresentative.
2. Salvo quanto previsto alle lettere d), e) ed f) del
comma 1, nonche’ all’art. 3, comma 2-bis, il regolamento
non puo’ contenere disposizioni derogatorie in pejus
rispetto al solo trattamento economico minimo di cui
all’art. 3, comma 1. Nel caso in cui violi la disposizione
di cui al primo periodo, la clausola e’ nulla.
2-bis. Le cooperative di cui all’art. 1, comma 1,
lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381, possono
definire accordi territoriali con le organizzazioni
sindacali comparativamente piu’ rappresentative per rendere
compatibile l’applicazione del contratto collettivo di
lavoro nazionale di riferimento all’attivita’ svolta. Tale
accordo deve essere depositato presso la direzione
provinciale del lavoro competente per territorio.”.
– Il testo dell’art. 1, comma 1, lettera b), della
legge 8 novembre 1991, n. 381 (Disciplina delle cooperative
sociali), e’ il seguente:
“1. Le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire
l’interesse generale della comunita’ alla promozione umana
e all’integrazione sociale dei cittadini attraverso:
a) (omissis);
b) lo svolgimento di attivita’ diverse: agricole,
industriali, commerciali o di servizi, finalizzate
all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.”.
Art. 10.
(Modifica dell’articolo 3 del decreto-legge
22 marzo 1993, n. 71)
1. L’articolo 3 del decreto-legge 22 marzo 1993, n. 71, convertito
dalla legge 20 maggio 1993, n. 151, e’ sostituito dal seguente:
“Art. 3. – (Benefici alle imprese artigiane, commerciali e del
turismo). – 1. Per le imprese artigiane, commerciali e del turismo
rientranti nella sfera di applicazione degli accordi e contratti
collettivi nazionali, regionali e territoriali o aziendali, laddove
sottoscritti, il riconoscimento di benefici normativi e contributivi
e’ subordinato all’integrale rispetto degli accordi e contratti
citati, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro
e dei lavoratori comparativamente piu’ rappresentative sul piano
nazionale”.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara’ inserita
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi’ 14 febbraio 2003
CIAMPI
Berlusconi, Presidente del Consiglio
dei Ministri
Maroni, Ministro del lavoro e delle
politiche sociali
Visto, il Guardasigilli: Castelli
LAVORI PREPARATORI
Senato della Repubblica (atto n. 848):
Presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri
(Berlusconi) e dal Ministro del lavoro e politiche sociali
(Maroni) il 15 novembre 2001.
Assegnato alla 11a commissione (Lavoro, previdenza
sociale), in sede referente, il 13 dicembre 2001, con
pareri delle commissioni 1a, 2a, 3a, 5a, 6a, 7a, 8a, 9a,
10a, 12a, 13a della Giunta per gli affari delle Comunita’
europee e della Commissione parlamentare per le questioni
regionali.
Esaminato dalla commissione il 18 dicembre 2001; 22,
23, 24, 29, 30, 31 gennaio 2002; 5, 13, 19, 20, 21 febbraio
2002; 26, 27 marzo 2002; 2, 3, 9, 10, 11, 16, 17, 18 aprile
2002; 7, 8, 9, 14, 15, 16, 28, 29, 30 maggio 2002; 4, 5,
12, 13 e 19 giugno 2002.
Esaminato in aula il 13 dicembre 2001; 13 giugno 2002
(stralcio degli articoli 2, 3, 10 e 12 che formano l’atto
n. 848-bis); 17, 18, 19 e 24 settembre 2002 e approvato il
25 settembre 2002.
Camera dei deputati (atto n. 3193):
Assegnato alla XI commissione (Lavoro), in sede
referente, il 30 settembre 2002 con pareri delle
commissioni I, II, V, VII, X, XII, XIII, XIV e della
commissione parlamentare per le questioni regionali.
Esaminato dalla XI commissione, in sede referente, il
3, 8, 9, 15, 16, 17, 22, 24 ottobre 2002.
Esaminato in aula il 28, 29 ottobre 2002 e approvato,
con modificazioni, il 30 ottobre 2002.
Senato della Repubblica (atto n. 848-B):
Assegnato alla 11a commissione (Lavoro), in sede
referente, il 5 novembre 2002 con pareri delle commissioni
1a, 2a, 5a, 7a, 9a, 10a della Giunta per gli affari delle
Comunita’ europee e della Commissione parlamentare per le
questioni regionali.
Esaminato dalla 11a commissione, in sede referente, il
6, 12, 13, 14, 19, 26, 27 novembre 2002; il 3, 4, 11,
17 dicembre 2002; il 21, 23 gennaio 2003.
Esaminato in aula il 30 gennaio 2003; il 4 febbraio
2003 ed approvato il 5 febbraio 2003.