Sul ricorso n. 11004/94 Reg. Gen., proposto dall’Ordine Nazionale dei Biologi in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Barone ed elettivamente domiciliato con il medesimo presso lo studio dell’Avv. Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde n. 2
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO – SEZIONE III
composto dai signori
Luigi Cossu PRESIDENTE
Aldo Fera COMPONENTE
Angelica Dell’Utri COMPONENTE, relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 11004/94 Reg. Gen., proposto dall’ORDINE NAZIONALE DEI BIOLOGI in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Barone ed elettivamente domiciliato con il medesimo presso lo studio dell’Avv. Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde n. 2;
CONTRO
il Comitato nazionale dell’albo delle imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato e per legge domiciliato presso la medesima in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per l’annullamento
della deliberazione 3 maggio 1994 del Comitato intimato, concernente requisiti professionali del responsabile tecnico delle imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti e, in particolare, dell’allegata tabella A, nonché degli atti presupposti, conseguenti o connessi.
Visto il ricorso con i relativi allegati e la successiva memoria difensiva;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comitato intimato;
Visti gli atti tutti della causa;
Data per letta alla pubblica udienza del 25 giugno 1997 la relazione del magistrato Angelica Dell’Utri ed uditi per le parti l’Avv. Barone e l’Avv. St. Nunziata;
Ritenuto il fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato l’8 luglio 1994 l’Ordine nazionale dei biologi ha impugnato la deliberazione 3 maggio 1994 del Comitato nazionale dell’albo delle imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti concernente requisiti professionali del responsabile tecnico delle imprese predette, ed in particolare l’allegata tabella A, lamentando che in essa non siano previsti il titolo di biologo e la relativa laurea in scienze biologiche.
A sostegno dell’impugnativa ha dedotto violazione della legge 24 maggio 1967 n. 396 e del D.M. 22 luglio 1993 n. 362, eccesso di potere per illogicità, ingiustizia manifesta e disparità di trattamento, in quanto i responsabili tecnici dell’attività di smaltimento dei rifiuti sono chiamati ad operare valutazioni e analisi in base a parametri fisici, chimici e biologici, rientranti fra le competenze e capacità professionali proprie dei biologi ai sensi dell’art. 3 della legge n. 396 del 1967, che definisce l’oggetto della loro professione, nonché ricomprese nella tariffa professionale (tab. G, lett. d, 10, del D.M. n. 362 del 1993).
Tanto ha ribadito ed illustrato con memoria dell’11 giugno 1997.
L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio il 22 luglio 1994, ma non ha prodotto scritti difensivi.
All’odierna udienza pubblica il difensore di parte ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
DIRITTO
In attuazione del disposto dell’art. 73 lett. g, del regolamento adottato con D.M. 21 giugno 1991 n. 324, concernente la costituzione dell’albo delle imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti, con deliberazione in data 3 maggio 1994 (pubblicata sulla G.U. del 19 maggio 1994) il Comitato nazionale per detto albo ha stabilito i requisiti professionali del responsabile tecnico di tali imprese, basati sul titolo di studio posseduto e sulla professionalità acquisita attraverso l’esperienza maturata nei relativi settori, indicati nell’allegata tabella A. In particolare, in ordine al titolo di studio si richiede la laurea in chimica o ingegneria per le attività di termodistruzione dei rifiuti solidi urbani, speciali, tossici e nocivi previste ai punti 7 e 12 dell’art. 2, co. 1 del cit. D.M., nonché la laurea in chimica, ingegneria o geologia per l’esercizio di discariche di categoria I e ll/B di cui ai punti 8 e 14 della stessa disposizione regolamentare.
Con il ricorso in esame l’Ordine dei biologi contesta tale limitazione, deducendo violazione di legge ed eccesso di potere per illogicità ed altri profili, sulla base delle competenze proprie della professione di biologo, come determinate dall’Art. 3 della legge 24 maggio 1967 n. 396, sull’ordinamento della medesima professione, e risultanti dall’elenco delle prestazioni recato dal relativo tariffario di cui al D.M. 22 luglio 1993 n. 362.
Il ricorso e’ fondato.
Ed invero, soprattutto in relazione all’espressa previsione del titolo di studio costituito dalla laurea in chimica per l’affidamento della responsabilità tecnica anche nelle suindicate fasi del processo di smaltimento dei rifiuti, il provvedimento non consente di individuare alcuna logica ragione giustificatrice dell’implicita – ma inequivoca – esclusione del titolo di studio di biologo, tenuto conto della specifica attinenza alle attività in discussione dell’oggetto della rispettiva professione.
Tale oggetto è definito dall’art. 3 della legge n. 396 del 1967, invocato dall’ordine ricorrente, il quale al primo comma prevede una serie di competenze, tra cui l’identificazione di agenti patogeni e organismi dannosi, analisi, studi, controlli riguardanti l’uomo, le piante e gli animali, ma anche merci, alimenti, insetticidi, anticrittogamici, antibiotici, medicinali in genere, radioisotopi, ecc., nonché analisi e controlli "dal punto di vista biologico" delle acque potabili e minerali, precisando però al secondo comma che tale elencazione non esaustiva, poiché "non limita l’esercizio di ogni altra attività professionale consentita ai biologi iscritti nell’albo, né pregiudica quanto può formare oggetto dell’attività di altre categorie di professionisti, a norma di leggi e di regolamenti".
Ora, non è dubbio che l’ordinamento giuridico conferisce ai biologi anche attribuzioni concernenti più puntualmente la materia de qua.
Di tanto è prova, infatti, il tariffario richiamato da parte ricorrente, la cui tabella G include ad esempio, alla lettera d, n. 10 e con riguardo al disposto dell’art. 3. lett. d), della legge n. 396 del 1967 (identificazione di agenti patogeni dell’uomo, degli animali e delle piante; identificazione degli organismi dannosi alle derrate alimentari, alla carta, al legno, al patrimonio artistico; mezzi di lotta), controlli e valutazioni su "ambienti di vita", su "aria" e, significativamente, su "suolo" (quali quelli su compost e fanghi degli impianti di depurazione, sulle caratteristiche generali dei suoli, compresa la "individuazione del tipo di smaltimento e/o di riciclaggio, nel rispetto ambientale di rifiuti urbani, speciali, tossici e nocivi"); inoltre, con riguardo al disposto dello stesso art. 3, lett. f) (identificazioni e controlli di merci di origine biologica), l’elenco recato dalla lettera f ricomprende prestazioni in tema di "rifiuti solidi" (campionamento, esame delle funzioni e dei componenti), oltre che di "acque da scarico".
Ne consegue l’illegittimità della contestata limitazione alla stregua delle dedotte censure.
Peraltro, tali conclusioni sono in linea con quanto ritenuto dalla Corte Costituzionale in relazione a questione con cui l’Ordine dei chimici investiva l’art. 3 della legge n. 396 del 1967, più volte citato, per violazione del principio di professionalità di cui all’art. 33 Cost. (cfr 21 luglio 1995 n. 345).
Più precisamente, premesso che l’attività del biologo si differenzia da quella di professionalità simili o affini – in ispecie dei chimici – per il "punto di vista biologico", ovverosia per essere "svolta in funzione delle esigenze degli organismi viventi avendo riguardo all’utilità o alla dannosità che a questi possono derivare dall’uso o dalla semplice presenza di sostanze organiche o inorganiche in base al secondo comma del medesimo art. 3 la Corte ha affermato che il rispettivo ruolo emerge non soltanto dall’indicata legge ma pure da quanto si delinea all’interno di strutture pubbliche (vedasi art. 8 della stessa legge n.396 del 1967), quali le unità sanitarie locali. Al riguardo, ha evidenziato che la legge n. 833 del 1978, istitutiva del servizio sanitario nazionale, ponendo una nozione del diritto alla salute comprensivo di un diritto all’ambiente salubre, assicura un rilievo particolare alla figura del biologo. Inoltre, tenuto conto che l’attuale società, i cui interessi divengono via via più complessi, postula zone di necessaria concorrenza parziale ed interdisciplinare, ha ritenuto di dover "escludere un’interpretazione delle sfere di competenza professionale in chiave di esclusività monopolistica".
In definitiva, alla luce delle suestese considerazioni, ed in accoglimento del ricorso, l’impugnata deliberazione dev’essere annullata in parte qua.
Tuttavia, nella novità e peculiarità della questione trattata si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese di causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione III, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla in parte qua il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 25 giugno 1997.
Luigi Cossu PRESIDENTE
Angelica Dell’Utri ESTENSORE