Decisione sul ricorso proposto dal Consiglio Nazionale degli Ordini Professionali dei Chimici contro il Ministero di Grazia e Giustizia e il Ministero della Sanità, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato e nei confronti del Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Biologi, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Giuseppe Abbamonte e Giuseppe Barone, per l’annullamento del Decreto Ministeriale 27 marzo 1976, col quale è stata approvata la «Tariffa per le prestazioni professionali dei biologi»;
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DECISIONE
sul ricorso proposto dal Consiglio Nazionale degli Ordini Professionali dei Chimici
CONTRO
il Ministero di Grazia e Giustizia e il Ministero della Sanità, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato e nei confronti del Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Biologi, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Giuseppe Abbamonte e Giuseppe Barone,
PER L’ANNULLAMENTO
del Decreto Ministeriale 27 marzo 1976, col quale è stata approvata la «Tariffa per le prestazioni professionali dei biologi»;
o m i s s i s ……….
DIRITTO
o m i s s i s ……….
3) Con il secondo mezzo di censura il ricorrente deduce l’illegittimità della «Tariffa » per vizi propri, sotto il profilo che molte delle attività e delle tecniche da essa considerate esulerebbero dalla competenza professionale del biologo, quale risulta definita dall’art. 3 legge n. 396/1967, per ricadere in quella del chimico.
Anche questa censura è infondata.
Va, innanzi tutto, premesso che l’art. 3 nell’elencare le attività che possono formare oggetto della professione del biologo, pone a chiare lettere la linea che demarca la competenza di quest’ultimo rispetto a quella di altri professionisti (per ipotesi, chimici, fisici, medici), chiamati a svolgere, dalle leggi che li riguardano, le stesse attività o attività che con le prime presentano strette affinità. Detta linea consiste nel fatto che il biologo compie queste attività «dal punto di vista biologico», ossia in funzione delle esigenze degli organismi viventi, avendo riguardo all’utilità o alla dannosità che a questi possono derivare dall’uso e della semplice presenza di determinate sostanze, organiche o inorganiche.
Una volta stabilita questa premessa è agevole concludere che le tecniche che il biologo adopera, per giungere a risultati validi «dal punto di vista biologico», sono del tutto indifferenti dal punto di vista legislativo. La legge non le considera proprio perché muove dal presupposto che il biologo debba adoperare quelle tecniche (chimiche, fisiche, di microscopio) che la scienza e l’esperienza caso per caso gli suggeriscono e che sono in grado di condurlo a risultati validi dalla prospettiva in cui muove.
Non vale opporre che – specie per quanto attiene alla identificazione e controllo di merci di origine biologica (art. 3, primo co., legge cit.), alle analisi biologiche (art. cit., lett. g.) e alle analisi in ordine alla potabilità dell’acqua (lett. h) – le voci della tariffa dei biologi sono state mutuate, di peso, da quelle dei chimici.
Va, innanzi tutto, precisato che compito della «Tariffa» non è quello di definire le competenze dei singoli professionisti – al che provvede la legge – ma solo quello di stabilire il compenso che essi possono chiedere per la loro attività, compenso che varia in ragione dell’impegno richiesto e anche del costo delle tecniche adoperate.
Va poi aggiunto – e la considerazione appare assorbente di ogni altra questione – che il fatto che una norma di legge o regolamentare autorizzi i chimici a compiere analisi non comporta una sorta di privativa in materia a favore di questi professionisti né impedisce lo svolgimento della stessa attività da parte di un’altra categoria di professionisti (i biologi, appunto), ove una apposita legge lo autorizzi. Nel caso di specie la legge 396 del 1967, nell’estendere ai biologi l’autorizzazione a svolgere analisi, ha posto – come innanzi si è detto – un solo limite preciso, e cioè che deve trattarsi di «analisi biologiche» o «dal punto di vista biologico».
Questa conclusione consente di superare agevolmente le osservazioni più specifiche formulate dal ricorrente. In particolare, per quanto riguarda l’analisi dell’acqua, potabile o minerale, non è dubbio che è compito del biologo procedere a tutti i controlli utili ad accertare non solo la presenza di materia organica (batteri), ma anche di materia inorganica (sali e minerali), ove ciò sia necessario o soltanto utile «dal punto di vista biologico». Né, in questo lavoro, il biologo può trovare limiti nell’uso di tecniche che si asserisce essere proprie dei chimici, tanto più che dette tecniche fanno parte anche del patrimonio culturale del biologo. E’, invece, precluso al biologo compiere analisi dell’acqua a fini diversi da quelli biologici (ad es., accertare le cause delle incrostazioni su caldaie o utensili industriali).
Deve, del pari, ritenersi del tutto infondata l’osservazione del ricorrente secondo cui «l’esame chimico-fisico e microscopico del latte umano e animale» (pag. 6 della «Tariffa») non rientrerebbe nella previsione dell’art. 3 legge cit. (lett. b: «valutazione dei bisogni nutritivi ed energetici dell’uomo, dell’animale e delle piante»). A parte il fatto che non si vede come possa analizzarsi il latte se non attraverso gli esami (chimici, fisici e di microscopio) ai quali fa cenno la «Tariffa», non è dubbio che sia l’uomo che l’animale traggono le loro energie anche da quell’alimento fondamentale, che è il latte.
Le stesse considerazioni valgono per le altre voci di «Tariffa» considerate dal ricorrente e che si esauriscono nell’elencazione di tecniche considerate utili, ad esempio, per la «identificazione e controllo di merci di origine biologica» (art. 3, lett. f legge cit.). Anche in questo caso il limite alla competenza del biologo è che l’esame deve riguardare merci di «origine biologica», mentre è del tutto irrilevante il sistema attraverso il quale il professionista realizza il risultato che si propone.
4) in base alle considerazioni sin qui esposte, il ricorso deve essere respinto, ma le spese possono essere compensate.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (Sezione 1°) rigetta il ricorso proposto dal Consiglio Nazionale dell’Ordine professionale dei chimici come in epigrafe. Compensa fra le parti le spese e gli onorari di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 10 novembre 1976 dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. l°, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:
OSVALDO TOZZI (Presidente), CARLO GESSA (Consigliere), GENNARO FERRARI (Consigliere, Estensore).
La presente Decisione è stata successivamente confermata in toto da Consiglio di Stato, Sez. IV con la Decisione n. 593/’78.
Il testo di questo provvedimento non riveste carattere di ufficialità e non è sostitutivo in alcun modo della pubblicazione ufficiale cartacea.
La consultazione e’ gratuita.