Spesso ci si chiede se l’alimento che stiamo consumando sia igienicamente sicuro o meno, se la produzione di quel determinato alimento provenga da un’azienda autorizzata, o ancor meglio da un’azienda che applichi tutti i dettami della normativa vigente nel settore alimentare.
Un alimento spesso chiamato in causa, in quanto considerato pericoloso, è il latte proveniente dalle aziende bufaline.
A tal proposito ho preferito chiarire gli adempimenti a cui un imprenditore bufalino si deve attenere per gestire un’azienda in modo corretto e sicuro sotto il profilo igienico- sanitario.
Iniziamo col precisare che le aziende di nuova costituzione devono essere registrate ai sensi dell’art. 6 del Regolamento (CE) n. 852/2004, presso le AA.SS.LL. della Regione; se queste però sono già autorizzate ai sensi del D.P.R. n. 54/97 o ai sensi del D.M. 9 maggio 1991 n.185, vengono registrate d’ufficio dai Servizi Veterinari nell’apposita sezione della Banca Dati Nazionale per l’Anagrafe zootecnica. Invece la registrazione non è necessaria per la produzione primaria di latte per uso domestico privato da parte dell’azienda stessa.
Inoltre, l’attività di vendita occasionale di piccoli quantitativi di latte al consumatore finale non è soggetta a ulteriore notifica, a condizione che tale attività sia marginale rispetto alla principale.
Le aziende, per potere commercializzare il latte prodotto, devono garantire che lo stesso soddisfi le disposizioni della legislazione alimentare in tutte le fasi della produzione primaria; l’imprenditore agricolo deve iniziare col controllare lo stato sanitario e il benessere di ogni singolo animale, la corretta gestione dei farmaci e il rispetto dei requisiti di igiene dei mangimi somministrati, l’igiene in fase di mungitura nonché la tracciabilità degli animali e la rintracciabilità dei mangimi.
Per quanto concerne gli obblighi che l’allevatore è tenuto a rispettare, questi sono sanciti dal Regolamento 853/2004, allegato III, sezione IX, cap. I. Infatti, bisogna assicurare che lo stato sanitario dell’animale sia buono in assenza di sintomi di malattie infettive trasmissibili all’uomo attraverso il latte e di sintomi di malattie che possano determinare una contaminazione del latte, quali enteriti, infezioni del tratto genitale, mastiti cliniche o ulcerazioni delle mammelle ed ovviamente le bufale devono appartenere ad allevamenti indenni da brucellosi e da tubercolosi.
Inoltre deve essere possibile assicurare in modo efficace l’isolamento degli animali affetti, o che si sospetti siano affetti, da una malattia infettiva trasmissibile all’uomo attraverso il latte, o da una malattia che può determinare la contaminazione dello stesso, per cui al momento dell’introduzione di nuovi animali è necessario che siano adottate misure precauzionali per prevenire l’introduzione e la propagazione di malattie contagiose trasmissibili all’uomo attraverso gli alimenti, pertanto bisogna comunicare tempestivamente, all’ASL territorialmente competente, l’insorgenza di sintomi sospetti di tali malattie (lett. h, par 4, cap II, parte A, allegato I, Reg. (CE) 852/2004).
Nel caso in cui gli animali siano affetti da una malattia infettiva, la somministrazione di medicinali veterinari deve essere effettuata ai sensi della normativa pertinente (par I, cap. I, sezione IX, allegato III, Reg. (CE) n. 853/2004), rispettando, in modo particolare, i tempi di sospensione e che gli animali sottoposti a trattamento farmacologico siano adeguatamente identificati oppure separati da quelli in mungitura, pertanto il latte o il colostro ottenuto da tali animali non devono essere utilizzati per il consumo umano fino alla fine del periodo di sospensione previsto per quel determinato farmaco.
Per garantire una produzione di latte salubre, destinato ad essere commercializzato e pertanto al consumo umano, bisogna anche considerare la sicurezza e la provenienza dei mangimi somministrati agli animali.
Le aziende zootecniche devono garantire la rintracciabilità dei mangimi, che devono essere registrati ai sensi degli artt. 9 o 10 del Regolamento (CE) n. 183/2005, essere inseriti nei rispettivi elenchi regionali e devono rispettare quanto disposto dall’allegato I connesso alla produzione e all’uso dei mangimi e quanto stabilito dall’allegato III del suddetto regolamento, il quale prevede che prima di consentire il pascolo al bestiame, al fine di ridurre al minimo la contaminazione del latte, devono essere rispettati i periodi di sospensione dei prodotti agrochimici utilizzati per le colture.
E’ vietato utilizzare nei pascoli fertilizzanti che contengono proteine animali trasformate derivanti da materiali di categoria 1, mentre è ammesso lo spandimento sul terreno dei reflui zootecnici.
I mangimi devono essere immagazzinati separatamente dai prodotti chimici e da altri prodotti vietati all’alimentazione degli animali, e stoccati in contenitori puliti e asciutti.
Da considerare che gli stessi mangimi, distinti in medicati e non medicati, da impiegarsi per categorie di specie animali diverse, devono essere immagazzinati ed identificati in modo da ridurre il rischio di somministrazione ad animali cui non sono destinati; pertanto i mangimi medicati devono essere manipolati separatamente dai mangimi non medicati, conservati in locali o contenitori idonei (es. silos), adeguatamente identificati, al fine di evitare contaminazioni.
Un fattore di non secondaria importanza, al fine di evitare l’insorgenza di malattie negli animali, è l’utilizzo di acqua che, secondo la lett. d, par 4, cap. II, parte A, Allegato I, Reg. (CE) n. 852/2004, deve essere considerata pulita, in modo da prevenire la contaminazione del latte. Nei casi in cui l’acqua utilizzata per le operazioni di mungitura e di pulizia delle attrezzature non sia fornita dalla rete di distribuzione pubblica, ma prelevata da pozzi, sorgenti o altre fonti, l’allevatore è tenuto ad effettuare verifiche analitiche periodiche, nell’ambito del piano di autocontrollo o nell’applicazione delle corrette pratiche operative, e adottare, se del caso, idonei metodi di trattamento. Le stesse precauzioni e verifiche devono essere adottate anche dagli allevatori che utilizzano cisterne per il deposito temporaneo di acqua potabile.
Gli operatori del settore alimentare che allevano animali o producono prodotti primari di origine animale devono tenere e conservare le registrazioni relative alle misure adottate per il controllo dei pericoli, in modo appropriato e per un periodo di tempo adeguato alla natura ed alle dimensioni dell’impresa, e devono mettere a disposizione delle Autorità competenti e degli operatori del settore alimentare che ricevono i prodotti e le pertinenti informazioni contenute in tali registrazioni.
Pertanto devono poter dimostrare:
- la natura e l’origine degli alimenti acquistati, prodotti e somministrati agli animali;
- l’impiego corretto dei prodotti medicinali veterinari, compilando il registro dei trattamenti. Tale registro dovrà essere conservato, con le relative ricette, per almeno cinque anni dall’ultima registrazione (art. 15 D.Lgs. 158/06 – 193/2006 e art. 15, D.Lgs. 158/06);
- la documentazione relativa all’insorgenza di malattie che possono incidere sulla sicurezza dei prodotti di origine animale;
- i risultati di tutte le analisi effettuate su campioni prelevati da animali, latte, prodotti a base di latte ed eventualmente dell’acqua utilizzata per la pulizia delle attrezzature;
- registrazioni sui controlli funzionali delle lattifere;
- documentazione sugli interventi di manutenzione degli impianti di mungitura e di refrigerazione;
- le registrazioni della data, quantità e destinazione del latte prodotto giornalmente, da conservare per almeno un anno dall’ultima registrazione.
Dr. Domenico Di Martino
Componente della Commissione permanente di Studio dell’ONB “Igiene, Sicurezza e Qualità”
Esperto in Sicurezza degli Alimenti e in Sicurezza nei luoghi di Lavoro
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