Già in epoche storiche l’uomo usava conservare alcuni alimenti, come il vino e l’olio, nel sottosuolo scavato nel tufo in cui la temperatura rimane costante. Anche il ghiaccio veniva conservato in buche scavate nel tufo, dette appunto “ghiaccere” o “diaccere” e, insieme all’argilla, era utilizzato per costruire forni in cui cuocere gli alimenti.
Ai giorni d’oggi il tufo è un materiale ampiamente proposto nel settore dell’edilizia grazie alle sue qualità, è dotato infatti di resistenza meccanica e alla degradazione chimica, è duttile e presenta una notevole coibentazione termica grazie alla porosità della sua struttura rocciosa.
In particole il “tufo giallo napoletano”, roccia di origine vulcanica, che caratterizza il sottosuolo della città, ha offerto uno spunto per un singolare utilizzo. Ebbene un’idea alquanto particolare ha preso corpo nel cuore di Napoli, dal geologo Vincenzo Albertini, dove è stata realizzata la “pizzeria geotermica”. L’isolamento termico e di controllo dell’umidità favoriscono alcuni indicatori importanti utili nei processi di lavorazione quali appunto l’umidità, il pH, il tempo etc.
Ricordiamo inoltre che tra i parametri che influiscono nel processo di lievitazione vi sono la qualità della farina e la temperatura di fermentazione, il cosiddetto parametro di processo (che in genere si deve attenere sui 28-30 °C), all’interno delle camere di lievitazione i parametri sono costantemente controllati e monitorati.
Naturalmente la qualità delle materie prime si dimostra un fattore importante per ottenere un buon prodotto, come ad esempio la farina. Farine “forti” assorbono fino al 70-75% di acqua e sono adatte per preparare pizze a lievitazione naturale, anche l’acqua influenza le proprietà organolettiche in quanto legandosi alle proteine forma il glutine responsabile dell’elasticità dell’impasto. Il reticolo così formato serve a trattenere i gas che si formano durante la fermentazione. Infine, una corretta temperatura durante la lievitazione e in cottura si dimostrano decisivi per ottenere un prodotto di qualità.
In un articolo pubblicato su www.repubblica.it si legge “Considerando lo studio urbanistico effettuato sulla città di Napoli”, dice Albertini, “e risalendo fino al sistema ippodameo (l’antica rete intricata di strade, ndr), incrociando i dati derivati da monitoraggi geo-tecnici, abbiamo capito che in alcuni punti della città si raggiungono parametri microclimatici tali da conferire alla pasta lievitata proprietà organolettiche molto particolari”.
A questo punto non ci resta che provare…
Dr.ssa Elga Baviera
Biologa
Esperta in Sicurezza degli Alimenti
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