«Non lascerei il Tigem anche per istituti disposti a pagarmi meglio»; «Qui si fa la migliore ricerca sui lisosomi»; «Dalla ricerca di base all’applicazione clinica è un lavoro emozionante». Brevi frasi di giovani ricercatori del Tigem, il centro di ricerca di Pozzuoli della Fondazione Telethon, sede di importanti e recenti scoperte scientifiche. Tigem, che sta per Telethon Institute of Genetics and Medicine, è il primo istituto creato da Fondazione Telethon nel 1994, ed è un gioiello della ricerca riconosciuto nel mondo.
Dal 2014 il centro di Andrea Ballabio (scienziato napoletano di fama mondiale) ha una nuova sede, di oltre 4.500 metri quadrati, all’interno dell’ex “area Olivetti” di Pozzuoli: per ospitare un centro di ricerca che dell’innovazione e del servizio alla comunità fa il suo timone non poteva esserci luogo migliore della fabbrica voluta da Adriano Olivetti, progettata dall’architetto napoletano Luigi Cosenza sulla base di una concezione innovativa dell’industria e sociale del lavoro. Sede ristrutturata grazie a un investimento di circa 10 milioni di fondi europei, provenienti dal Programma operativo nazionale “Ricerca e Competitività” 2007-2013. Tra il verde del giardino mediterraneo e l’azzurro del mare di Pozzuoli, in una struttura a vetri in cui le finestre arrivano fin sotto al soffitto per dare più luce ai lavoratori (ieri operai, oggi ricercatori), si aprono quattro grandi laboratori “open space”, uffici, un auditorium e aree ricreative. Il Tigem e la sede di Pozzuoli sono dedicati a Susanna Agnelli, sostenitrice e presidente di Telethon dalla fondazione, nel 1990, al 2009.
Le scoperte. Qui, sotto la guida di Andrea Ballabio, lavorano 20 gruppi di ricerca, per un totale di 210 persone tra personale scientifico, clinico e amministrativo. Focus dell’istituto sono le malattie genetiche e i loro meccanismi, malattie rare, ma che possono aiutare a fare luce su patologie ben più diffuse come per esempio i tumori. L’ultima scoperta, che ha riacceso i riflettori delle comunità scientifiche internazionali è di una giovane campana. Il suo studio parte dall’osservazione dei lisosomi, organismi per così dire che provvedono alla pulizia dell’organismo e che sono coinvolti in un gruppo di malattie genetiche da sempre studiate al Tigem, rivelatisi anche capaci di influire sulla crescita delle cellule tumorali. Il controllo dei lisosomi in laboratorio, in altre parole, può permettere di bloccare lo sviluppo del tumore. Chiara Di Malta, prima firmataria della ricerca, è originaria di Capua: «Si tratta di un passo importante – spiega – Ora dobbiamo individuare alternative terapeutiche valide».
Sono recentissimi anche due importanti risultati concreti per i pazienti, ottenuti grazie alla stretta collaborazione con cliniche universitarie campane e sfociate nella individuazione di terapie in fase di sperimentazione sugli uomini. Il primo consiste in un trattamento terapeutico per curare una forma di “Amaurosi congenita di Leber” (che comporta cecità precoce). Dopo lunghi studi in collaborazione con un centro di ricerche di Filadelfia e con il supporto della casa farmaceutica Sparksc, la terapia genica per l’Amaurosi è finalmente disponibile come farmaco, per ora negli Stati Uniti ma – si auspica – presto anche in Europa. E ancora, per curare la “Mucopolisaccaridosi di tipo 6”, malattia del sistema nervoso frequente in pediatria, i ricercatori del Tigem hanno messo a punto un protocollo di terapia genica che dallo scorso autunno ha cominciato a essere testato per la prima volta sui pazienti grazie alla collaborazione con la clinica pediatrica della Federico II: prima sperimentazione del genere nel mondo. E poi, il programma “Malattie senza diagnosi”, primo e unico in Italia, consiste nell’analisi dell’intero patrimonio genetico, grazie a particolari e costose apparecchiature. In sintesi, negli ultimi 5 anni i ricercatori dell’Istituto hanno pubblicato oltre 400 pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali e ricevuto prestigiosi riconoscimenti. Primo fra tutti il premio Louis-Jeantet per la medicina conferito nel 2016 al direttore Andrea Ballabio, primo in Italia a ricevere questo riconoscimento, ritenuto tra i più importanti in Europa e che in passato è stato l’anticamera del Premio Nobel per diversi scienziati. Il premio gli è stato assegnato per la scoperta del gene Tfeb, che funziona come un “direttore d’orchestra”, regolando l’azione di molti altri geni coinvolti nello smaltimento dei materiali di scarto del metabolismo.
Ballabio: «In America potremmo ricevere almeno 20 milioni l’anno». Il Tigem riceve un finanziamento annuale da Fondazione Telethon, concesso sulla base di una valutazione periodica. Ogni anno il centro di Ballabio dispone di un budget complessivo di circa 15 milioni. Di questi il 30% viene dalla Fondazione Telethon e il resto proviene per lo più da partecipazione a bandi di ricerca europei o internazionali (di Ue, National Institutes of Health, Fondazione europea di biologia molecolare Embo, Wellcome Trust ed European Research Council Erc), e da accordi con case farmaceutiche straniere. I finanziamenti pubblici (Stato e Regione) non superano il 6% e sono sempre incerti. «Un centro di ricerca – spiega il direttore Ballabio – non può reggersi solo con fondi competitivi. Dovremmo avere risorse fisse, a cui aggiungere altro con i nostri progetti. In America, un centro come il Tigem, disporrebbe senz’altro di risorse fisse per almeno 20 milioni». Ballabio spiega: «Con una maggiore tranquillità economica potremmo permetterci di passare da 200 a 300 ricercatori, e non solo, potremmo acquistare nuovi macchinari e avviare nuovi progetti». La buona notizia è che la Regione Campania – dice ancora lo scienziato – «ha manifestato serie intenzioni di valorizzare e sostenere le linee di ricerca in cui opera il Tigem». I bandi “Technology platform per la lotta alle patologie oncologiche” e “Progetti di sviluppo e potenziamento di infrastrutture di ricerca strategica regionali per la lotta alle patologie oncologiche”, nell’ambito della RIS3 Campania, la strategia di specializzazione intelligente, hanno una dote di circa 100 milioni e il Tigem ha presentato progettualità per diversi milioni. I progetti sono ora nella fase finale di negoziazione.
Attrazione di cervelli. Il centro di Pozzuoli è un’isola felice, dove i ricercatori italiani lavorano con soddisfazione, e dove «arrivano studiosi da tutto il mondo attratti soprattutto dal prestigio dell’ente e dall’importanza della ricerca che esso conduce», fa notare Bianca Fontanella, dell’Ufficio scientifico. Rossella Venditti, napoletana, ha 33 anni e una laurea in Biotecnologie alla Federico II, da dieci anni occupa un banchetto dell’istituto. «Osservo cellule per individuare segnali di patologie, grazie a macchinari sofisticati: in altre parole, stiamo studiando le alterazioni causate dalla Sla . Ho scelto di restare in Campania – dice – poiché qui posso fare ricerca di alto livello, anche se so bene che in Usa o in Svizzera guadagnerei forse il triplo». In un’Italia da cui i cervelli emigrano e in una Campania da cui partono anche i diplomati, il Tigem riesce persino ad attrarre. Lorena, 27 anni, originaria del Sri Lanka, dopo un master a Oxford, oggi collabora con il gruppo più direttamente seguito da Ballabio. Adrien Pasquier, nato a Parigi, ha 29 anni e un dottorato di ricerca in Francia, da pochi mesi è sbarcato a Pozzuoli: «Era la mia grande ambizione, qui c’è il più importante centro per lo studio dei lisosomi – dice – Per ora ho una borsa di studio da 24mila euro l’anno. Spero che arrivino nuovi progetti e finanziamenti per continuare la mia ricerca». Ma Adrien è solo l’ultimo arrivato. Diego Medina, nato e cresciuto a Siviglia, ha 46 anni e da 11 vive a Napoli. Al Tigem è responsabile di laboratorio di biologia cellulare, la sua missione è individuare piccole molecole che possono permettere di curare malattie genetiche rare. Medina è apprezzato dalla comunità scientifica internazionale per le sue pubblicazioni ed è richiesto da altri istituti. Al Tigem, insomma, tra i fumi della solfatara, i sussulti bradisismici, tra i laghi vulcanici e il mare, dove la Sibilla cumana un tempo attirava visitatori a cui prediceva il futuro, oggi giovani cervelli arrivano, si fermano, si formano, ritornano.
Fonte: www.ilsole24ore.it