Dal 1° luglio 2018 verrà meno la possibilità di pagare in contanti le retribuzioni, indipendentemente dal loro ammontare, contrariamente a quanto avviene avviene ora con un generico divieto di trasferire somme in contatti d’importo superiore a 2.999,99 euro.
Chi non si adeguerà, potrà essere punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da mille a 5mila euro. L’eventuale sanzione irrogata, ove pagata nel termine di 60 giorni dalla contestazione immediata o dalla notificazione degli estremi della violazione, è ridotta o al doppio del minimo o a un terzo del massimo (la meno onerosa). Dunque, l’inosservanza delle disposizioni contenute nell’articolo 1, commi da 910 a 914 della legge 205/2017, può costare almeno 1.666,67 euro.
I soggetti coinvolti saranno:
- i datori di lavoro, per i rapporti subordinati;
- i committenti per le collaborazioni coordinate e continuative;
- le cooperative per i contratti di lavoro instaurati con i propri soci.
Il comma 911 prevede che «i datori di lavoro o committenti non possono corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato». La parola «retribuzione» viene utilizzata anche con riferimento ai committenti che, per le co.co.co, erogano compensi.
Ai fini organizzativi, per evitare di arrivare impreparati, gli interessati dovranno avvisare i lavoratori e invitarli a comunicare le coordinate bancarie, ovvero gli estremi di uno strumento elettronico utilizzabile (per esempio carta di credito con iban) oppure l’eventuale adozione di un sistema alternativo (per esempio assegni circolare).
A cura di
Francesca Bosco
Consulente del lavoro dell’Ordine Nazionale dei Biologi