In un articolo pubblicato nel 1988 su Cancer Letter da Pier Mario Biava e collaboratori dell’Istituto di Medicina del Lavoro dell’Università di Trieste, insieme a ricercatori dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, veniva presentata l’ipotesi che i tumori fossero patologie reversibili, sulla base di osservazioni scientifiche che dimostravano come fattori del microambiente embrionale fossero in grado di riprogrammare le cellule tumorali, riconducendole ad un comportamento normale. Queste ricerche sono proseguite per un periodo abbastanza lungo senza suscitare interesse nella comunità scientifica, in quanto la maggior parte dei ricercatori e degli oncologi rivolgevano la loro attenzione e le loro ricerche nel mappare il DNA e individuare i singoli geni che potevano essere importanti come cause dei tumori. Nel frattempo però le ricerche di Biava e collaboratori avevano permesso di individuare i vari meccanismi molecolari con cui i fattori di differenziazione delle cellule staminali normali, prelevati dall’embrione di Zebrafish, fossero in grado di differenziare o di condurre alla morte cellulare programmata le cellule tumorali. Inoltre, era stato possibile identificare, con gas cromatografia-spettrometria di massa, le singole molecole che entravano nella composizione dei diversi networks differenziativi: si tratta per la maggior parte di proteine e di acidi nucleici (soprattutto MicroRNA) che hanno una spiccata attività di regolazione dell’espressione genica. Così è iniziata la riprogrammazione cellulare.
Ci vollero quasi 20 anni per dare visibilità a queste osservazioni, finchè Nature nel 2007 pubblicò un articolo dove veniva dimostrato come le cellule tumorali si comportino in maniera molto simile alle cellule staminali e nello specifico furono studiate quelle dello zebrafish.
Lo Zebrafish, o Danio rerio , è un pesce di acqua dolce utilizzato in questi esperimenti perché in momenti specifici della crescita degli embrioni è possibile ottenere l’intero codice epigenetico (analogo a quello umano) in grado di riprogrammare le cellule umane e di differenziarle.
Questa similitudine tra cellule tumorali e staminali è molto evidente, al punto che sulle cellule tumorali si attivano dei recettori che rispondono alle stesse proteine che agiscono sulle cellule staminali embrionali e che hanno il compito di trasformare l’iniziale massa informe delle cellule embrionali nei differenti tessuti che costituiscono il corpo del nascituro. Stiamo parlando dei fattori di differenziazione, cioè dei peptidi fondamentali per lo sviluppo della vita (Nature).
Emerge quindi una tesi molto interessante: una cellula tumorale è una cellula che torna verso il suo stato primitivo, quando cioè era staminale e si comporta come tale. Il suo sviluppo però ora non è più nel microambiente embrionale, dove sono presenti tutte le sostanze che ne controllano e coordinano la crescita in modo fisiologico. Sviluppandosi in organi maturi dei soggetti che si sono ammalati, il tumore si sviluppa senza freni, perché i loro controllori embrionali sono molto minori.
Infatti se impiantiamo cellule tumorali umane nell’embrione di zebrafish, quando sono abbondanti i fattori di differenziazione, queste cellule tumorali vengono differenziate e modificate in cellule normali. Impiantandole invece dopo l’organogenesi, quando sono diminuiti i fattori di differenziazione, crescono e riproducono il tumore (Current Pharmaceutical Biotechnology).
Negli ultimi anni una grande quantità di osservazioni ed esperimenti fatti in più parti del mondo confermano e integrano questi dati: uno studio canadese ad esempio ha osservato sia in vitro che in vivo come i fattori di differenziazione staminale siano in grado di indurre l’apoptosi nelle cellule tumorali. (l’apoptosi è il suicidio programmato delle cellule malate (Anticancer Research).
Si sono attivati in numerosi laboratori ed ospedali internazionali degli studi per verificare questa tesi e ricercare un modo per offrire una valida risposta ai malati di tumore integrando quei fattori embrionali carenti nei soggetti che si sono ammalati.
Numerosi studi in vitro, su animale e sull’uomo stanno dimostrando che la tesi è valida e le principali ricerche si sono concentrate sul tumore al fegato, al colon, alla prostata, al rene, al seno e poi sono stati studiati anche il glioblastoma, il melanoma, l’adenocarcinoma e leucemia linfoblastica (Journal of Tumor Marker Oncology)1
Particolarmente significativi sono i risultati degli studi clinici, in particolare dello studio randomizzato su 179 pazienti affetti da epatocarcinoma in stadio medio avanzato, che hanno evidenziato una differenza statisticamente significativa a favore del gruppo trattato con la sinergia di fattori di differenziazione e trattamenti standard ed il gruppo di controllo (P=0.03). Si sono registrate il 19,8% di regressioni (2,5% delle quali regressioni totali) ed il 16% di stabilizzazione della malattia. Nella tabella sottostante viene riportata la curva di sopravvivenza:
1 Tratto dal sito del Prof. Pier Mario Biava: https://www.biava.me
Questi studi avevano permesso di capire che quello che veniva studiato era il codice che oggi viene definito “epigenetico”, ovvero il codice che nel momento in cui la vita si forma è presente nella sua totalità nell’embrione, mentre negli individui adulti esso viene suddiviso nei vari organi ed apparati, ed in ciascun organo si trova quella parte di codice epigenetico che serve per regolare l’espressione genica delle cellule presenti in uno specifico organo. La ricerca sulla funzione dei fattori di differenziazione embrionale si è rivolta, oltre che allo studio della riprogrammazione cellulare nei tumori, anche ai processi di invecchiamento e alla degenerazione cellulare nelle malattie degenerative.
Nelle ricerche effettuate da Biava in collaborazione con l’Istituto di Biologia Molecolare dell’Università di Bologna, diretto dal Professor Carlo Ventura, le cellule rimangono giovani senza subire manipolazioni, proprio sulla base di una regolazione fisiologica dei geni staminali.
E’ noto che in assenza di attività telomerasica, i telomeri dei cromosomi delle cellule in attiva proliferazione si accorciano progressivamente; quando la lunghezza dei telomeri scende sotto una soglia critica, le cellule staminali smettono di dividersi e muoiono. Negli anziani i telomeri sono quindi più corti che nei giovani. Oggi, grazie ai fattori di crescita e differenziazione, si è in grado di mantenere i telomeri sempre lunghi, anche quando la cellula si divide. I fattori di crescita consentono alla cellula la ricrescita del telomero come avviene spontaneamente in gioventù.
Infine, negli esperimenti sulle cellule dell’ippocampo, ovvero su quelle cellule che nel cervello vanno per prime incontro alla neuro-degenerazione nei malati di Alzheimer, i ricercatori hanno scoperto che prevenire ed impedire la degenerazione di tali cellule, è necessario simulare il processo che origina la vita e somministrare tutti i fattori che sono in grado di far compiere alle cellule l’intero processo vitale. E’ questa una visione esattamente opposta al riduzionismo dominante che pensa di intervenire a curare le malattie complesse, come sono tutte le malattie degenerative, con singole molecole. E’ chiaro a questo punto che è necessario cambiare la visione che noi abbiamo della vita e della medicina e quindi muoverci verso paradigmi scientifici diversi.
E’ quello che ha fatto il Dott. Biava scrivendo insieme al Prof. Ervin Laszlo “Il Manifesto del Nuovo Paradigma in Medicina” sottoscritto da numerosi medici, psicologi, psichiatri ecc.
L’applicazione del metodo analitico e l’adozione di una metodologia di ricerca centrata sulla progressiva specializzazione della conoscenza, ha prodotto nel contesto della ricerca scientifica, l’acquisizione di una quantità significativa di nuove conoscenze, più raffinate e più profonde del passato.
È tuttavia da evidenziare un limite che deve essere superato per consentire ulteriori progressi nella conoscenza scientifica.
Le nuove recenti scoperte hanno dimostrato che la vita può essere compresa solo in una visione complessa e sistemica, che riconosce che tutte le parti dei sistemi viventi sono in relazione l’un l’altro per costruire quella che viene chiamata la rete della vita.
A partire da questa base biologica, è necessario riconoscere la presenza all’origine della vita di un elemento che non è né materia né energia: questo elemento unificante è l’informazione, che governa l’evoluzione di ogni elemento dell’Universo. In questo contesto si può definire l’in-formazione come l’elemento di collegamento tra l’uomo e la natura e rappresenta la base della vita. L’in-formazione è infatti “ciò che dà forma”, per la vita e per tutte le cose dell’universo, un legame sottile, comune a tutti i sistemi viventi e non viventi. Informazione significa invece il messaggio ricevuto su alcuni fatti o eventi attraverso un canale da una fonte: questa informazione è ciò che percepiamo sotto forma di segno.
La salute rappresenta quindi un equilibrio dinamico in un soggetto in cui l’informazione si muove in modo corretto, mentre le malattie devono essere considerate come uno squilibrio di informazioni. In altre parole, le malattie devono essere identificate come patologie di informazioni, che possono essere classificate in base alle diverse tipologie di interruzione delle informazioni.
Ne segue che un organismo è molto più della somma delle sue parti e potremmo definirlo come un’organizzazione, un sistema di rete. Il contesto, quindi, assume una grande importanza: garantisce che le varie reazioni chimiche o fisico-chimiche che si verificano non sono l’espressione di semplici eventi meccanici e di un determinismo cieco, ma di una messa a punto sottile, con l’ambiente.
Il contesto si rivolge alle informazioni, consentendo così a una singola molecola di dare luogo a differenti comportamenti in diversi contesti. Le informazioni trasportate dalle molecole, tuttavia, sono solo una parte dell’informazione che arriva alle cellule. Infatti, devono essere aggiunte informazioni provenienti dalle onde elettromagnetiche e sonore.
A questo proposito, la ricerca condotta in questa direzione (Ventura C.) mostra che le onde elettromagnetiche di bassa frequenza (50 Hz) e bassa intensità (0,6 milli Tesla) sono in grado di differenziare le cellule staminali embrionali in cellule di tessuti specifici. Inoltre, le cellule in diverse fasi di differenziazione, quando vengono messe a contatto con biomateriali, eseguono una serie di movimenti che sono utili per loro per decifrare in modo intelligente la forma di quel materiale e dare origine a tessuti che hanno le conformazioni desiderate. E’ stato anche possibile registrare onde sonore emesse da cellule di lievito poste a temperature diverse e al momento della loro degenerazione e morte.
Informazioni importanti sono anche trasportate dalle molecole di acqua super-coerente, come dimostrato da molte ricerche (E. Del Giudice).
Si è arrivati così ad un cambio di paradigma scientifico: le ricerche presentate hanno comportato un diverso tipo di pensiero, che sposta il baricentro della visione della biologia e della medicina da un paradigma meccanicistico, dove l’uomo e il vivente sono visti come aggregati meccanici su cui si può intervenire in modo artificiale per cambiarne il comportamento, ad una visione sistemica che vede il vivente come una rete informativa che va regolata in modo fine e fisiologico. La medicina sta andando incontro al cambiamento che ha già subito la fisica, che da una visione meccanicistica è passata alla fisica dei quanti e della relatività.
Loretta Bolgan*
*Dottore in chimica e tecnologie farmaceutiche, con dottorato in scienze farmaceutiche ad Harvard medical school Boston. Ha lavorato nel settore dell’industria farmaceutica dove si è occupata di registrazione e sviluppo di progetti di ricerca in ambito oncologico. Consulente di parte legge 210/92, inquinamento ambientale e malattie professionali, ha partecipato all’ultima Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito nel gruppo vaccini. Attuale consulente per l’Ordine Nazionale dei Biologi per la tossicologia dei farmaci e dei vaccini, si occupa anche di nutrizione e terapie complementari.
ALLEGATI
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New paradigm and reprogramming of cancer cells (Biava)