Genetista e scrittore italiano, Giuseppe Sermonti (1925-2018) è stato soprattutto un grande biologo. In molti lo ricordano, ancora oggi, per aver fondato, nel 1950 presso l’Istituto Superiore di Sanità in Roma, la genetica dei microrganismi produttori di antibiotici e per aver presieduto la International Commission for Genetics of Industrial Microorganisms. Nel 1980 Sermonti fu eletto alla vicepresidenza del XIV Congresso Internazionale di Genetica a Mosca meritandosi anche la chiamata alla direzione della “Rivista di Biologia” (fondata nel 1919). In quel periodo lo scienziato romano iniziò anche la sua critica allo Scientismo ed all’Evoluzionismo darwiniano, assumendo una posizione che lo isolò dall’establishment accademico. Nel 1982 l’Accademia Pontificia lo invitò a partecipare a un gruppo di lavoro sull’Evoluzione dei Primati. Nel 2004 ricevette il Premio per la Cultura della Vicepresidenza del Consiglio per le sue ricerche e critiche scientifiche. Ma non è solo di questo che vogliamo parlarvi. Bensì di un suo libro, dato alle stampe l’1 gennaio del 2008, per i tipi Lindau. A dir poco emblematico il titolo: “Una scienza senz’anima“.
Ebbene, nelle pagine di questo lavoro – riscoperto di recente anche da Vittorio Feltri che, sulle colonne di Libero, gli ha dedicato una interessante recensione – il biologo romano ribalta molte delle affermazioni correnti sulla fede, la scienza e la tecnica. La fede, innanzitutto, spiega Sermonti “non è un’invenzione umana: è vero il contrario, l’uomo è una creatura della fede. La scienza, invece, è un prodotto dell’uomo“. ”
La tecnica, poi, prosegue il genetista “è stata rappresentata come il frutto dell’albero della scienza. Anche in questo caso è vero il contrario: la scienza è una teoria sulle ragioni che fanno funzionare la tecnica. La locomotiva è nata prima della termodinamica, i vaccini prima dell’immunologia, l’allevamento equino prima della teoria dell’evoluzione“. In uno slancio di concretezza, insomma, la scienza moderna ha smarrito l’anima e scoperto il cervello. Si accinge ora a decifrare il destino, nostro e della specie, negli oscuri meandri del DNA. Ci si augura che, al di là delle elaborazioni dei bio-tecnologi, essa non rifiuti l’eterno profumo di mistero e di incanto che emana dalla natura, e seguiti a provare un’accorata nostalgia dell’anima.