Roma, 13 mag. 2019 (Agonb) – Sono fatte di polipropilene, un polimero termoplastico che, purtroppo, spesso viene disperso in mare. Le retine per la produzione delle cozze garantiscono un ottimo prodotto gastronomico, ma inquinano l’ambiente. Così, l’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) ha sviluppato un processo per il loro riciclo che permette di trasformarle in nuovi oggetti o di reinserirle nell’ambito della stessa filiera produttiva, evitandone lo smaltimento in discarica, con riduzione dell’impatto ambientale e risparmi su tempi e costi di produzione.
È il risultato dello studio condotto per conto dell’Associazione Mediterranea Acquacoltori (AMA), che riunisce circa il 70% dei mitilicoltori italiani, nell’ambito del progetto finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo.
Il procedimento ideato dall’Enea consente di trasformare in materia prima il polipropilene delle reti che hanno tempi di degradazione superiori ai 200 anni e che altrimenti richiederebbe procedure di smaltimento complesse e costose. Il polipropilene recuperato consente ai produttori di cozze di tagliare del 33% la spesa sostenuta per l’acquisto delle nuove retine, stimabile in 4,8 milioni di euro l’anno, incentivandoli a non disperderle in mare.
Secondo dati AMA, nel nostro Paese per produrre 1 kg di cozze si utilizzano fino a 1,5 metri lineari di rete: con oltre 80mila tonnellate di cozze vendute ogni anno, ciò si traduce in 120mila km/anno di retine utilizzate, «cioè fino a tre volte la circonferenza del nostro pianeta», evidenzia Loris Pietrelli del Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi produttivi e Territoriali dell’Enea. (Agonb) Ffr 16:30.