La scienza non sta mai ferma. Si evolve, cammina, si aggiorna. Ed ogni giorno offre “novità” sul piatto della ricerca. Eccoci a Chicago, dove lo scorso 29 maggio, ha aperto i battenti il meeting dell’American Society of Clinical Oncology (Asco), che ha visto riuniti oltre 30 mila oncologi e qualcosa come più di 5.000 ricerche presentate alla comunità scientifica. Fari puntati sull’every, “ciascuno”, con il malato di cancro balzato al centro della scena nella sua unicità: l’uomo con le sue debolezze e le sue speranze, sia che indossi il suo burnout sotto un camice bianco, sia che si tratti di un paziente che offre il suo corpo, profanato dal tumore, alle cure dei medici. Lui, dunque. Il “malato“. Da curare e da cui imparare. Perché, è stata la parola d’ordine del congresso americano, per il cancro “la cura è su misura”. Non più dunque farmaci che vanno bene per migliaia di persone. E non più mirati al solo organo colpito. Ma terapie calibrate sul profilo genetico di ogni singolo paziente. Insomma, volendola dire tutta, a Chicago è andato in scena il futuro. E il futuro è quello che conduce alla medicina personalizzata in oncologia, una strada che sembra già delineata dalle recenti scoperte sulle caratteristiche molecolari dei tumori. Intendiamoci però. Nonostante le ottime premesse alcuni ostacoli limitano ancora la creazione di trattamenti disegnati ad hoc per ogni singolo paziente. Per dirla in altri termini: le promesse della “medicina personalizzata” non sono state ancora del tutto mantenute e i fallimenti, dietro l’angolo, non sembrano mancare. Ciò non significa che il percorso sia quello sbagliato. All’opposto, il futuro è già tracciato. Solo, per chiarirsi meglio le idee, bisogna anche capirne le ragioni ed i limiti in modo da non creare false speranze. Senza mai dimenticare il ruolo del “convitato di pietra”, la “centralità del malato”, come ha ben detto Monica Bertagnolli, presidente dell’Asco (American Society of Clinical Oncology), che ha scelto, non a caso, come tema conduttore dell’edizione 2019 del congresso di Chicago, proprio il tema del “Caring for every pazient, learning from every patient“: prendersi cura di ogni paziente e imparare da ogni paziente. Da parte mia, non posso che legarmi al pensiero della presidente dell’Asco per quanto concerne le premesse e gli obiettivi già dettati anche dall’agenda “Regioni d’Europa“. Premesse ed obiettivi in linea con il pensiero dell’Airc sulla necessità di lavorare non solo sulle luci ma anche sui coni d’ombra che pure sembrano avvolgere le nuove frontiere della biologia nell’ambito delle tecnologie OMICHE (genomica proteomica e metabolomica) correlate ai fattori ambientali ed agli stili di vita. Perché è qui che si gioca la partita. Qui, a livello genetico e molecolare, dove il cancro sembra essersi quasi evoluto diventando una sorta di “animale sociale” che sopravvive mutando, così come l’approccio darwiniano sostiene. Il tumore, in altre parole, sopravvive e si correla quasi con la sopravvivenza della specie. Servono dunque strategie complesse e articolate per abbatterlo. Strategie che poi sono anche alla base della medicina predittiva e personalizzata che, non potendo prescindere dall’epigenetica, procede di pari passo con lo status del microbioma. Senza trascurare il fatto che la risposta concreta all’immunoterapia anche nell’ambito della medicina personalizzata, deve essere intesa quale “nuova frontiera” della biologia in campo oncologico, in stretta sinergia con la medicina integrata. Da qui la proposta per un nuovo manifesto che sia di supporto alla sanità pubblica: fare rete tra tutte le professioni sanitarie affinché la scienza possa portare lumi spendibili in termini di eccellenza sul territorio ed il paziente-cittadino sia posto consapevolmente al centro dell’osservatorio, lì, tra scienza-clinica e costi-benefici spendibili concretamente sul bioterritorio.
Stefania Papa
(Consigliere dell’Ordine Nazionale dei Biologi, delegata nazionale per la sicurezza alimentare, delegata regionale ONB per Toscana e Umbria)