Roma, 4 settembre 2019 (Agonb) – Secondo i dati Istat, nel 2016 erano oltre 3 milioni 200 mila in Italia le persone che hanno dichiarato di essere affette da diabete, il 5,3% dell’intera popolazione (16,5% fra le persone di 65 anni e oltre). Il diabete di tipo 1 interessa il 10% per cento dei casi, mentre il diabete di tipo due riguarda il restante 90%.
Questa patologia può arrecare danni al sistema circolatorio. Infatti, il diabete mellito e le malattie cardiovascolari possono davvero essere considerate due facce di una stessa medaglia. Già, perché chi soffre della prima patologia risulta molto più esposto anche a sviluppare problemi vascolari che possono arrivare fino al temuto piede diabetico.
Per questa ragione il Policlinico San Marco di Zigonia (Bergamo), centro di eccellenza per le complicazioni vascolari legate al diabete, rimarca l’importanza dello screening nel paziente diabetico.
«La storia naturale della malattia diabetica – dice Roberto Mazzetti, specialista del San Marco – è strettamente associata allo sviluppo di complicanze croniche micro e marco vascolari. Questo dipende dal fatto che l’eccesso di zuccheri nel sangue può facilitare la comparsa dell’aterosclerosi, cioè dell’accumulo di grassi nelle pareti delle arterie, responsabile del restringimento dei grossi e medi vasi sanguigni. L’incidenza di eventi coronarici fatali e non fatali nei diabetici è riportata dai diversi studi epidemiologici da 1,5 a 3-4 volte superiore rispetto ai non diabetici di pari età». Esistono però altre complicanze vascolari: i disturbi di tipo ischemico, cioè dovuti a una mancata o ridotta ossigenazione dei tessuti. «Tra questi – spiega il dottor Mazzetti – in particolare: gli eventi ischemici cerebrali che possono essere transitori o stabili (TIA, Ictus) quando sono coinvolte le arterie carotidee, e l’arteriopatia obliterante degli arti inferiori il cui quadro clinico può variare da sintomi più o meno invalidanti dalla claudicatio (il dolore durante la deambulazione) sino alle vera e propria ischemia critica dell’arto. Il cosiddetto piede diabetico resta ancora oggi un problema importante e spesso invalidante: una persona diabetica ha un rischio relativo di amputazione d’arto quaranta volte superiore a una non diabetica».
Dunque, bisogna prevenire queste complicanze. «Un attento studio della vascolarizzazione degli arti inferiori – aggiunge Mazzetti – e dei tronchi sovraortici è indispensabile nella persona poco o asintomatico potendo stabilire con esattezza quali devono essere i corretti termini per controlli in grado di prevenire le temibili complicanze vascolari del diabete mellito».
Quanto ai trattamenti da eseguire, «nel caso di complicanze a carico degli arti inferiori – conclude Mazzetti – si può valutare la cosiddetta rivascolarizzazione chirurgica che può essere effettuata con chirurgia tradizionale o miniinvasiva endovascolare (l’indicazione a una o all’atra tecnica deriva da un attento esame obiettivo del paziente unitamente alla diagnostica vascolare non invasiva). Il concetto di ischemia critica è del tutto particolare in questi pazienti e di conseguenza anche l’approccio terapeutico. Oggi la migliore conoscenza della patologia aterosclerotica degli arti inferiori in questi pazienti ha aperto nuove frontiere nell’ambito delle rivascolarizzazioni periferiche. Nel paziente diabetico le lesioni aterosclerotiche hanno una distribuzione del tutto particolare, coinvolgono principalmente le arterie tibiali e l’arteria peroniera». (Agonb) Ffr 13:00.