Roma, 12 settembre 2019 (Agonb) – Una ricerca italiana, pubblicata su Nature Communications, ha individuato un nuovo potenziale marcatore per la sepsi. Lo studio è stato coordinato dal Silvia Deaglio, del Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Torino, con la collaborazione con il gruppo di Nadia Raffaelli, dell’Università Politecnica delle Marche.
La sepsi è una condizione clinica caratterizzata da una risposta infiammatoria abnorme innescata da una serie di sostanze prodotte dai microorganismi che hanno causato l’infezione, i quali attivano in maniera incontrollata la risposta difensiva del nostro sistema immunitario.
I ricercatori hanno identificato un nuovo mediatore endogeno della sepsi, denominato nicotinato fosforibosil transferasi (NAPRT). Unendo competenze biochimiche ed immunologiche, si è scoperto che NAPRT, una proteina enzimatica normalmente presente dentro le cellule e necessaria per l’utilizzo della vitamina B3, può essere rilasciata nel sangue dove diventa capace di stimolare il sistema immunitario scatenando un processo infiammatorio.
L’infezione è una condizione relativamente comune, generalmente localizzata e che passa rapidamente con l’applicazione di una pomata, un collirio o, al massimo, con qualche giorno di antibiotico. In un numero limitato di casi, le infezioni possono progredire in sepsi. Tuttavia, quando sottoposto a questo attacco, l’organismo stesso può a sua volta produrre mediatori dell’infiammazione che possono esacerbare lo stato di sepsi e portare rapidamente il paziente in una condizione di shock settico, con un’alta percentuale di mortalità.
Lo studio mostra che i pazienti in stato di sepsi sono caratterizzati da livelli plasmatici in media 20-30 volte più elevati rispetto a controlli della stessa età e sesso. Proprio i pazienti con livelli più elevati di NAPRT sono anche caratterizzati da insufficienza epatica e renale, una condizione che spesso precede un esito infausto e una sopravvivenza decisamente minore rispetto a quelli con livelli più bassi di NAPRT.
Questo studio non solo rappresenta un passo avanti nella conoscenza dei meccanismi che spesso conducono alla morte del paziente durante un’infezione sistemica, ma può anche mettere a disposizione della comunità medico-scientifica un nuovo strumento per monitorare i pazienti con sepsi e identificare precocemente quelli a rischio di shock settico ed esito infausto. (Agonb) Ffr 11:00.