Una nuova tecnica di editing genetico in grado di correggere, con una precisione che sfiorerebbe il 90 per cento, gli errori nel Dna che provocano malattie. La nuova tecnologia, chiamata “prime editing“, è stata impiegata per correggere mutazioni dannose in laboratorio, comprese quelle che causano l’anemia falciforme. A metterla a punto un gruppo di scienziati del Broad Institute del Mit e di Harvard a Cambridge, nel Massachusetts, coordinati dal biologo David Liu (che non a caso nel 2017 fu nominato da Nature tra le dieci personalità scientifiche più importanti dell’anno), secondo i quali tale tecnica è “molto versatile e precisa”, anche se la ricerca è ancora in una fase iniziale.
Nel loro studio, pubblicato sulla rivista Nature, i ricercatori del Mit hanno utilizzato il “prime editing” per inserire o eliminare accuratamente parti del Dna. Si tratterebbe di una tecnica più flessibile e precisa della pur rivoluzionaria Crispr-Cas9.
La tecnologia impiega una sequenza di codice genetico creata in laboratorio che svolge due ruoli: il primo è quello di trovare la parte specifica del Dna che si desidera modificare; il secono quello di apportare la modifica che si desidera grazie a un enzima chiamato trascrittasi inversa. Si tratta di una sofisticata tecnica di “correzione” del codice genetico.
I mattoni fondamentali del Dna sono le quattro basi: adenina, citosina, guanina e timina comunemente noti con le rispettive lettere, A, C, G e T. Tre miliardi di queste lettere formano il manuale d’istruzioni completo del corpo umano, ma piccoli errori possono provocare malattie.
Esistono circa 75 mila mutazioni diverse che possono causare malattie. Ad esempio, una mutazione che ha trasformato una specifica A in una T provoca la forma più comune di anemia falciforme mentre la malattia di Tay-Sachs, una condizione nervosa rara e fatale, è spesso causata dall’aggiunta di quattro lettere extra di codice. Ebbene, il prime editing è stato utilizzato per invertire entrambi gli errori genetici in esperimenti su cellule umane.
Secondo Liu, il prime editing ha il potenziale per risolverne l’89 per cento. L’altro 11% include casi in cui le persone hanno troppe copie di un gene o quando manca l’intero gene.
“Il prime editing è l’inizio, piuttosto che la fine di un’aspirazione di lunga data nelle scienze della vita molecolari che ci permette di apportare qualsiasi cambiamento al Dna in qualsiasi posizione di una cellula o organismo vivente, compresi potenzialmente i pazienti umani con malattie genetiche”, ha spiegato il pluripremiato biologo.
Il prossimo obiettivo, una vera e propria sfida – come con tutte le altre tecnologie di modifica genetica – sarà quella di creare il macchinario molecolare in grado di eseguire queste modifiche nelle parti giuste del corpo umano e garantire che siano sicure. Come altre tecnologie di manipolazione genetica, è probabile che le prime applicazioni riguarderanno malattie in cui le cellule possono essere estratte dal corpo, modificate, verificate per garantire che siano sicure e rimesse dentro. Questo si applicherebbe ad alcuni disturbi del sangue come le cellule falciformi o le talassemie, in cui il midollo osseo può essere rimosso e reinserito.