Com’era Roma duemila anni fa? Semplice: un po’ come la New York di oggi: un miscuglio di etnie e civiltà diverse. All’ombra del Colosseo, in una metropoli che al culmine della sua potenza raggiunse, per prima volta al mondo, la popolazione di un milione di abitanti, vivevano infatti anche persone arrivate dal nord Africa, in generale dai paesi del Mediterraneo e soprattutto dal Vicino Oriente. Lo dimostrano i risultati di uno straordinario studio genetico condotto da un team di ricercatori delle università di Harvard, de La Sapienza di Roma e dell’università di Vienna. Una ricerca che è valsa all’equipe di scienziati la copertina della prestigiosa rivista scientifica “Science“.
Complessivamente, sono stati analizzati campioni di DNA umano provenienti da 29 siti archeologici del Lazio e dell’Abruzzo, che coprono un arco temporale di circa 12.000 anni, che va dal Paleolitico all’Era Moderna. In particolare è stato studiato il codice genetico di 129 individui. Ebbene, si è scoperto che intorno a 6.000 anni prima di Cristo, vale a dire molto prima della fondazione di Roma, notoriamente fissata al 21 aprile dell’anno 753 a.C. dallo storico latino Varrone (sulla base dei calcoli effettuati dall’astrologo Lucio Taruzio), sul territorio dell’odierna Capitale italiana vivevano anche persone di origine anatolica e, sorprendentemente, anche iraniana. Successivamente, tra 5.000 e 3.000 anni fa, là dove sarebbe sorta la capitale di un Impero che univa tra loro tre continenti, arrivarono anche popolazioni provenienti dalla lontana steppa ucraina.
Con la nascita dell’Urbe e poi con la successiva espansione territoriale, la variabilità genetica inizio, via via, ad aumentare sempre più. Nella Roma imperiale, l’analisi del DNA ha “svelato” la storia di numerosi arrivi dai diversi territori dell’impero, con una predominanza dalle aree mediterranee orientali e soprattutto dal Vicino Oriente. Non dobbiamo, infatti, dimenticare che le legioni dell’Urbe, all’apice della loro potenza, arrivarono a conquistare il controllo di un territorio che si estendeva fino al nord con la Gran Bretagna, a sud nel Nord Africa e ad est in Siria, Giordania ed Iraq. L’espansione facilitò il movimento e l’interazione delle persone attraverso reti commerciali, la realizzazione di nuove strade, campagne militari e schiavitù. Le fonti e le testimonianze archeologiche indicano la presenza di stretti collegamenti tra Roma e tutte le altre parti dell’impero. La città del Tevere, infatti, basava la propria prosperità su beni commerciali provenienti da ogni angolo del mondo allora conosciuto. Gli eventi storici segnati dalla scissione dell’Impero prima (Occidente e Oriente) e dalla nascita, nell’età carolingia, del Sacro Romano Impero, hanno poi comportato un afflusso di ascendenza dall’Europa centrale e settentrionale. “Roma era un po’ come New York: una concentrazione di persone di diverse origini”, ha spiegato il genetista Guido Barbujani, dell’università di Ferrara. “Non ci aspettavamo di trovare una così ampia diversità genetica già al tempo delle origini dell’Urbe, con individui aventi antenati provenienti dal Nord Africa, dal Vicino Oriente e dalle regioni del Mediterraneo europeo”, ha aggiunto Ron Pinhasi, docente di antropologia a Vienna e uno degli autori della ricerca. “L’analisi del DNA ha rivelato che, mentre l’Impero Romano si espandeva nel Mar Mediterraneo, immigranti dal Vicino Oriente, Europa e Nord Africa si sono stabiliti a Roma, cambiando sensibilmente il volto di una delle prime grandi città del mondo antico”, ha detto Jonathan Pritchard, genetista e biologo dell’università americana di Stanford. Alla ricerca ha partecipato anche il professor Alfredo Coppa, che insegna Antropologia all’Università di Roma La Sapienza: “Per la prima volta uno studio di così grande portata è stato applicato alla capitale di uno dei più grandi imperi dell’antichità, Roma: la novità è aver identificato e quantificato, grazie ai dati biologici, le direttrici migratorie da cui sono arrivate le popolazioni durante la crescita dell’Impero Romano”.