Roma, 3 gennaio 2020 (Agonb) – Uno studio a cui ha partecipato anche il Policlinico di Milano, pubblicato su Lancet Haematology, dà nuove prospettive di cura ai bambini affetti da patologie causate da trombi nel sangue.
«Ad oggi – spiega Ida Martinelli, co-autrice dello studio e responsabile dell’Unità operativa Malattie Trombotiche del Policlinico – gli anticoagulanti utilizzati sono di due tipi: le eparine, che vanno iniettate sottocute o endovena (anche due volte al giorno), e i farmaci dicumarolici, che si assumono per bocca ma richiedono un attento monitoraggio, con frequenti esami del sangue e continue variazioni delle dosi da assumere per tenere sotto controllo la fluidità del sangue. Questa fluidità, infatti, va mantenuta in un delicato equilibrio: se il sangue non è abbastanza fluido può provocare coaguli, ma se invece è troppo fluido può aumentare il rischio di emorragie, con conseguenze anche molto pericolose per il paziente».
Esiste poi una terza possibilità, più recente, e consiste nei cosiddetti “farmaci anticoagulanti orali diretti” (DOAC). Questi, spiega in un comunicato il Policlinico di Milano, si assumono per bocca, permettono di fluidificare il sangue in modo più controllato, e non richiedono monitoraggi continui del paziente, migliorandone di fatto anche la qualità di vita. Il problema è che spesso, anche se esiste una soluzione per il paziente adulto, questa non sempre è direttamente applicabile anche ai pazienti pediatrici: o perché mancano appositi studi scientifici, oppure perché è più complesso trasferire su di loro un certo tipo di cura.
Lo studio scientifico va a colmare proprio questa lacuna. Ha testato l’efficacia di rivaroxaban, uno di questi anticoagulanti orali diretti, su pazienti pediatrici che avevano avuto un tromboembolismo venoso acuto: dimostrando, di fatto, che il farmaco è in grado di ridurre i rischi di recidiva dei trombi, e di ridurre le conseguenze degli eventi trombotici pur senza aumentare le possibilità di sanguinamenti, allo stesso modo degli altri anticoagulanti. Una volta che il farmaco sarà approvato anche per l’utilizzo sui pazienti pediatrici, quindi, «potremo segnare una svolta nella terapia anticoagulante in età neonatale e pediatrica – conclude Ida Martinelli – andando a sostituire la scomoda eparina e gli ancor più scomodi farmaci dicumarolici, a tutto vantaggio del paziente». (Agonb) Ffr 15:00.