E se dovessi non replicare te… Genotipo e sensibilità al Coronavirus

di Daniele Tedeschi

BSc PhD – Progetto Genobioma – Ragusa – Italy

 

È necessario ricordare che un virus NON è un essere vivente: non vive, non muore. I virus sono “parassiti cellulari obbligati”: non sono in grado di replicarsi autonomamente dato che hanno la necessità di utilizzare le strutture della cellula ospite affinché possano compiersi le diverse fasi del ciclo replicativo: l’infezione.

La premessa è fondamentale per comprendere l’etiopatologia di una attività virale nonché la patogenesi geografica o meglio una patogenesi associata alla genetica di popolazione, potendone tracciare una storia “geo-genetica”, nonché le possibilità di diffusione e quindi i percorsi terapeutici. Potremmo dire che “l’ancestry di un virus esiste solo strettamente correlato all’ancestry dell’ospite”.

Il polimorfismo genetico e più in particolare il polimorfismo a singolo nucleotide (SNP) di un essere vivente, per esempio dell’essere umano, è rappresentato da variazioni di una base all’interno della sequenza di un gene codificante o di una regione intronica o di una intergenica del DNA. La variabilità genetica è alla base dell’assetto genetico individuale e di popolazione ed è associato alla maggior parte delle patologie avendo il ruolo di indurre variazioni di suscettibilità delle risposte biochimiche e fisiologiche dell’individuo verso stimoli endogeni o esogeni. La codifica di proteine che avranno una diversa costruzione o una diversa funzionalità rispetto ad una “popolazione generale” di geni/proteine (wild type) di fatto modifica l’efficienza di un intero ciclo metabolico sia esso “produttivo” di un aminoacido piuttosto che di un neurotrasmettitore o di un ormone o anche la predisposizione ad una patolgia (neurodegenerativa, vascolare, etc..) nonché una affinità recettoriale (ad un ormone o ad un neurotrasmettitore o un fattore di crescita,…) ed anche la diversa suscettibilità ad una azione/reazione immunitaria, come la predisposizione ad una aggressione batterica o virale piuttosto che la compromissione o il potenziamento della detossificazione o dell’attività infiammatoria o della difesa immunitaria dei tessuti e dell’individuo(1,2,3).

Un virus ha l’esigenza di replicarsi utilizzando un ospite: è fondamentale anche per SARS-CoV2 il virus che da fine 2019 imperversa in lungo e in largo “dalla Cina”, responsabile dell’influenza COVID-19 (coronavirus disease 2019), una sindrome respiratoria acuta grave che purtroppo ha mietuto non solo malati ma anche decessi nella popolazione cinese e poi mondiale. La ricerca scientifica è alla ricerca di un freno alla diffusione, un vaccino, una cura specifica: un inibitore della proteasi o della elicasi, enzimi codificati che di fatto permettono la replicazione virale; un approccio terapeutico è anche quello di rinforzare la risposta immunitaria ed alzare le difese contro l’aggressione virale (p.e: interferone)(4). Ad oggi l’applicazione più pratica sembra quella di utilizzare farmaci antivirali già registrati, o in corso d’opera e dei quali è nota l’azione farmacologica, seppur contro altre attività virali (HIV, HCV)(5).

Alcune tecniche utilizzate sono applicate in vitro o su animali, ma pongono un problema di efficacia in vivo sull’uomo, come spesso accade. Intanto il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Salute (W.H.O.) Dr Tedros chiede praticamente aiuto (“We need our collective knowledge…”)(6). Ci sono certamente delle risposte da dare a domande senza risposta, ma ci sono domande che forse non sono state poste, dato che nell’elenco degli “imperativi necessari alla ricerca per salvare vite umane” non è inserito proprio l’assioma che probabilmnete viene dato per scontato: il virus DEVE usare la cellula ospite e l’ospite è geneticamente ed epigeneticamente diverso nella suscettibilità al virus, nella sua risposta immunitaria ed infiammatoria. Tra i geni del complesso maggiore di istocompatibilità (MHC I), HLA-B27 (human leukocyte activate) rappresenta un elemento strettamente dominante nelle risposte antivirali(7) nonché responsabile della variabilità dei fattori di rischio per la spongilite anchilosante e della diversità rispetto alla “sorveglianza” delle azioni virali anche insieme ad altri fattori di predittività quali i geni ERAP1 e ERAP2 (Endoplasmic Reticulum Aminopeptidase)(8,9). In realtà gli studi relativi alla diversità dei sottotipi di HLA-B27 (centinaia) sono numerosi(10) ed in particolare vanno evidenziati i sottotipi HLA-B27:02 (mediterraneo) HLA-B27:04 (cinese) HLA-B27:05 (caucasico) ovvero rappresentativi delle varie popolazioni(11,12). In questo quadro è nota la diversa risposta dei diversi polimorfismi alle infezioni virali. L’allele HLA-B27 è utile nella risposta contro il virus dell’epatite C (HCV) ed è stata osservata una diversa immunodominanza dei diversi sottotipi verso uno degli epitopi della proteina virale. La variabilità di risposta del polimorfismo HLA-B27 è stata osservata anche nell’infezione da HIV (virus dell’immunodeficienza umana) rispetto al ritardo di insorgenza della malattia. La variabillità polimorfica di popolazione è spesso studiata per comprendere la storia genetica di una persona o di un cluster di persone distribuite all’interno di un’area geografica e spesso è riferita ad un fenotipo (colore forma degli occhi etc..) prima ancora che ad una funzionalità genetica, ma la comprensione di una variabile funzionale non solo racconta una storia evolutiva, per esempio quella della anemia mediterranea, ma in particolare una storia di adattamento funzionale anche rispetto alle attività di un parassita che si sono succedute nel tempo. La distribuzione etnica di HLA è variabile nel mondo(13) e così quindi anche la risposta ad un virus.

La domanda che forse NON è stata presa in considerazione alla riunione del WHO è: quanto è importante la caratterizzazione di un polimorfismo genetico wild type per un’area geografica piuttosto che per un’altra al fine di poter dichiarare l’evidenza di una grave pandemia mondiale? Quanto è importante caratterizzare un polimorfismo genetico al fine di valutare la responsività di un sistema immunitario individuale e quindi la responsività anche ad una eventuale azione terapeutica (antivirale o vaccinale?): “… HLA polymorphisms affect immune responses…”(14). La domanda che suggerisco al WHO è “con quale variabilità individuale?” e quindi “quanto una azione terapeutica sarà efficace rispetto alla variabilità dei polimorfismi genetici?, quale sottotipo HLA è presente nei pazienti che hanno subito l’infezione e quali variabilità polimorfiche non hanno impedito una sorte infausta e cosa ha aiutato un paziente “infetto” fino alla guarigione?. A proposito dell’allele HLA-B27:04 è si, cinese, ma è presente in particolare nella popolazione di Wuhan e forse “l’esplosione” virale, questa come quella del 2002 ha un “senso” rispetto alla azione obbligata del virus: ha necessità dell’ospite e quest’ultimo ed in quella area ha forse le caratteristiche genotipiche e polimorfiche utili alla replicazione di massa di quel virus. Una valutazione approfondita (genetica) dell’ospite, oltre che del virus, delle caratteristche polimorfiche del gene fin qui discusso, ed anche di quei polimorfismi utili o necessari alla risposta immunitaria ed infiammatoria, rende possibile allertare, ma non allarmare, prevenire, ma non barricare, se non avendo una maggiore accuratezza nel controllo della attività virale e magari con più serenità rispetto alla “generica pandemia”. Spero che il WHO nel 2020 prenda in seria considerazione che nel terzo millennio possa ancora valere l’assioma che “il virus non vive di vita propria” e rispetto al 2002 oggi conosciamo meglio l’ospite ed il suo DNA e quindi la sua (della persona o della popolazione) possibilità nel ricevere e nel rispondere ad una attività virale ed alla terapia (medicina di precisione??). Non dimentico che le azioni epigenetiche possano influenzare sia l’aggressività sia l’attività virale nell’ospite che lo stesso percorso terapeutico: la prima e più importante attività epigenetica è quella del microbiota, lo studio del genobioma oggi è possibile e potrà dare un contributo più alto sia alla prevenzione che alla terapia e cura.

 

 

1          Cureus. 2018. Genetic Predisposition to Infectious Disease. Klebanov N.

2          Annu Rev Genomics Hum Genet. 2001;2:373-400. The genomics and genetics of human infectious disease susceptibility. Hill AV.

3          PLoS One. 2012;7(2):e25431. Trends in population-based studies of human genetics in infectious diseases. Rowell JL1, Dowling NF, Yu W, Yesupriya A, Zhang L, Gwinn M.

4          Drug Discovery Today (2020) Recent discovery and development of inhibitors targeting coronaviruses T. Pillaiyar, Set al. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1359644620300416?via%3Dihub#!

5          Nature Reviews Drug Discovery (2020) G. Li, E. De Clercq https://www.nature.com/articles/d41573-020-00016-0

6          COVID-19 Public Health Emergency of International Concern (PHEIC) Global research and innovation forum: towards a research roadmap (2020) WHO https://www.who.int/blueprint/priority-diseases/key-action/Global_Research_Forum_FINAL_VERSION_for_web_14_feb_2020.pdf?ua=1

7          D Clin Exp Immunol. 2017. The interplay between HLA-B27 and ERAP1/ERAP2 aminopeptidases: from anti-viral protection to spondyloarthritis. Vitulano C, et al..

8          Immunogenetics 1984. HLA-B27, a dominant restricting element in antiviral responses Gomard E, et al.

9          Front Immunol. 2017 J. Human Leukocyte Antigen (HLA) and Immune Regulation: How Do Classical and Non-Classical HLA Alleles Modulate Immune Response to Human Immunodeficiency Virus and Hepatitis C Virus Infections?

10       Curr Rheumatol Rep (2013), Polymorphism of HLA-B27: 105 Subtypes Currently Known M. A. Khan

11       F Rheumatol Int 2010 The Association of HLA-B*27 Subtypes With Ankylosing Spondylitis in Wuhan Population of China Xiang Liu et al.

12       Curr Rheumatol Rep (2017) An Update on the Genetic Polymorphism of HLA-B*27 M. A.Khan

13       The Immuno Polymorphism Database (IPD), International ImMunoGeneTics (IMGT) HLA Database – Release 3.27.0, 2017–01 IPD-IMGT/HLA

14 HLA polymorphisms affect immune responses (2020) Pubmed NIH    https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/?term=HLA+polymorphisms+affect+immune+responses