Roma, 10 marzo 2020 (Agonb) – La pellicola è diventata intelligente: cambia colore se il cibo si sta deteriorando o ne prolunga la scadenza con materiali al cento per cento biodegradabili e compostabili. Sono proprio così le nuove “plastiche verdi” sviluppate dai ricercatori del Centro ricerche Enea di Brindisi per probabili applicazioni nell’imballaggio alimentare, nell’arredamento e nei rivestimenti interni dei mezzi di trasporto come auto, aerei, treni.
Le bio-plastiche vengono ottenute dalla modificazione degli zuccheri presenti nel mais e nelle barbabietole e invece i bio-compositi sono stati ricavati inserendo nella plastica bio additivi derivati dagli scarti di lavorazione dei settori agroalimentari tipici del territorio. «Siamo impegnati da anni nella sfida per la sostenibilità – sottolinea Claudia Massaro, ricercatrice presso il Centro Enea di Brindisi nel laboratorio materiali funzionali e tecnologie per applicazioni sostenibili – in linea con i principi della valorizzazione delle risorse locali e dell’economia circolare. Ci siamo dedicati in particolare allo sviluppo di soluzioni per ridurre l’impatto ambientale dei contenitori a fine vita, in linea con gli obiettivi della direttiva europea SUP (Single Use Plastics) che ha vietato entro il 2021 l’utilizzo di molti prodotti in plastica monouso e stabilito, a partire dal 2025, un contenuto obbligatorio minimo di materiale riciclato nelle bottiglie in plastica pari al 25%, che salirà al 30% nel 2030».
Testate e realizzate in collaborazione con l’Università del Salento, le bio-pellicole antimicrobiche, particolarmente adatte a prolungare la scadenza dei prodotti grazie a ossido di zinco e alluminio, sono state pensate per rispettare gli obiettivi di riduzione degli sprechi alimentari proposti dall’Agenda ONU 2030. Hanno la possibilità di fornire una risposta precisa all’ambiente con cui il film contenitivo viene in contatto grazie all’aggiunta di olio di cardanolo, derivato dall’anacardo, e di una molecola come la porfirina. Le “nuove” proprietà antiossidanti e antifungine, molto adatte nel confezionamento alimentare, si aggiungono alla capacità di segnalare l’alterazione del prodotto alimentare avvolto: reagendo dinamicamente con l’atmosfera interna della confezione, cambiano colore a seconda dell’ambiente acido-base con cui sono in contatto, diventando segnalatori dello stato di conservazione.
I nuovi materiali in bio-composito sono stati migliorati aggiungendo fibre o additivi di origine naturale come lino, canapa, scarti di vegetazione olearia e di lavorazione del caffè. Non sono da sottovalutare le proprietà meccaniche e di resistenza al fuoco, in particolare nei manufatti realizzati in bio plastica e nocciolino, scarto di lavorazione del settore oleario, i quali hanno dimostrato una maggiore resistenza al fuoco rispetto alla matrice in bio plastica “pura”.
«Le bio-plastiche e i bio-compositi a fine vita subiscono – conclude Claudia Massaro – un processo di degradazione che produce sostanze innocue o utili, come i fertilizzanti; inoltre possiedono caratteristiche chimico-fisiche in grado di sostituire completamente le plastiche di origine fossile in molteplici applicazioni». La sfida per la sostenibilità si è spostata, quindi, dal contenuto al contenitore e a ciò che l’avvolge, ma a frenare lo sviluppo della bio-plastica è ancora il costo di produzione, due o tre volte superiore alla plastica ottenuta da petrolio e carbone. I ricercatori dell’Enea, però, non demordono e sperano negli effetti positivi che potranno arrivare dalla citata direttiva UE 2019/904, del 5 giugno 2019. Parlamento e Consiglio europeo hanno voluto prevenire e ridurre negli Stati membri l’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente, in particolare l’ambiente acquatico, e sulla salute umana, nonché promuovere la transizione verso un’economia circolare con modelli imprenditoriali, prodotti e materiali innovativi e sostenibili, contribuendo, in tal modo, al corretto funzionamento del mercato interno. (Agonb) Gianpaolo Palazzo 9:30.