In un articolo-appello pubblicato sulla rivista Catalyst (gruppo New England Journal of Medicine), un team di 13 medici suggerisce di andare oltre la strategia dell’ospedalizzazione attuata in Lombardia (la regione con il più alto numero di infetti da Covid-19 in Italia), invocando, dunque, un cambio radicale di prospettiva. Il loro invito è quello di arginare il contagio negli ospedali, capendo che non si tratta di una crisi di terapia intensiva, bensì di una crisi logistica e di salute pubblica.
“Lavoriamo presso l’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, una nuovissima struttura all’avanguardia con 48 letti per terapia intensiva” scrivono i 13 camici bianchi. Nonostante Bergamo “sia una città relativamente piccola” aggiungono, “questo è l’epicentro dell’epidemia italiana”.
“Il nostro ospedale – proseguono i camici bianchi – è “altamente contaminato e siamo ben oltre il punto di non ritorno: 300 letti su 900 sono occupati da pazienti Covid-19”.
Gli autori dell’articolo-appello provano a guardare oltre l’epicentro, lanciando uno sguardo sugli altri ospedali dei centri più piccoli che si avvicinano, anche loro, “al collasso”, e spiegando che quello che succede al “Giovanni XIII”, rappresenta solo il primo passo di un dramma che è innanzitutto collettivo.
Ed è per questo che, secondo i 13 firmatari, bisogna muoversi esattamente nella direzione opposta rispetto a quella intrapresa finora: bisogna, cioè, assistere l’intera popolazione perché questa è una crisi che investe la collettività. “I sistemi sanitari occidentali sono stati costruiti attorno al concetto di assistenza centrata sul paziente, ma un’epidemia richiede un cambiamento verso un concetto di assistenza centrata sulla comunità”, è il loro messaggio. “Questo focolaio – rimarcano ancora – è più che un fenomeno di terapia intensiva, piuttosto è una crisi di salute pubblica e umanitaria. Richiede scienziati sociali, epidemiologi, esperti di logistica, psicologi e assistenti sociali”.
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