Sin dai primi giorni della sua diffusione a Wuhan (provincia di Hubei), in Cina, molto si è discusso sulla cause dell’origine del virus di polmonite COVID-19 (noto anche come HCoV -19). Le infezioni da SARS-CoV-2 sono ormai diffuse e dall’11 marzo 2020 sono stati confermati 121.564 casi in oltre 110 paesi, con 4.373 decessi. Ebbene, in uno studio, pubblicato il 17 marzo su Nature (Medicine), un team di ricercatori capitanato da Kristian G. Andersen (Department of Immunology and Microbiology, The Scripps Research Institute, La Jolla, USA), e composto da Andrew Rambaut (Institute of Evolutionary Biology, University of Edinburgh, Edinburgh, UK), W. Ian Lipkin (Center for Infection and Immunity, Mailman School of Public Health of Columbia University, New York, USA); Edward C. Holmes (Marie Bashir Institute for Infectious Diseases and Biosecurity, School of Life and Environmental Sciences and School of Medical Sciences, The University of Sydney, Sydney, Australia), Robert F. Garry (Tulane University, School of Medicine, Department of Microbiology and Immunology, New Orleans, USA) e Robert F. Garry (Zalgen Labs, Germantown, USA), prova a passare in rassegna cosa si può dedurre sull’origine del SARS-CoV-2 dall’analisi comparativa dei dati genomici. Quella che “viene offerta – scrivono gli scienziati – è una prospettiva sulle notevoli caratteristiche del genoma SARS-CoV-2” inoltre “discutiamo gli scenari in base ai quali il virus potrebbe essere sorto”. “Le nostre analisi – è l’assunto – mostrano chiaramente che SARS-CoV-2 non è un costrutto di laboratorio o un virus appositamente manipolato“.
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