Roma, 17 aprile 2020 (Agonb) – L’Alzheimer, malattia che colpisce il 5% delle persone over 60 in Italia, è la più comune forma di demenza senile, che provoca una progressiva perdita di cellule neuronali in specifiche aree del cervello e un alterazione delle funzioni cerebrali. Studi dimostrano che lo stile di vita e l’alimentazione, possono influenzare la funzione cerebrale e la neuro-degenerazione. Questi meccanismi sono in grado di alterare l’espressione dei geni e compromettere la funzionalità delle cellule del nostro organismo, ma non di alterare la sequenza del DNA, per cui la loro azione è reversibile. È quindi importantissimo ottenere una diagnosi precoce, per identificare una terapia che blocchi la neuro-degenerazione e ritardi il progredirsi della malattia. Un nuovo studio internazionale, coordinato da ricercatori del Dipartimento di Medicina sperimentale della Sapienza, con le università di Pisa, Barcellona, Amsterdam, Vienna e Gerusalemme, ha scoperto un’associazione fra l’alterazione del gene Presenilin1 (PSEN1) e la malattia di Alzheimer. I risultati, pubblicati sulla rivista Epigenetics, suggeriscono la metilazione “non-CpG” come possibile bio-marker da monitorare sia per identificare i fattori ambientali in grado di innescare il processo di neuro degenerazione, sia per valutare la risposta a un trattamento terapeutico per la malattia. (Agonb) Mmo 11:00.