Roma, 15 giugno 2020 (AgOnb) – Come ben sappiamo, i cani oltre che fedeli compagni di vita quotidiana, vengono considerati i migliori amici dell’uomo. Un recente studio, condotto da un team di esperti allergologi italiani, ha però rivelato che circa il 15-20% della popolazione italiana e’ costretta a limitare il contatto con i propri pelosi amici a quattro zampe a causa di una allergia assai diffusa ma altrettanto sottovalutata. Grazie alle loro ricerche gli esperti infatti sostengono che alla base delle cause predominanti di questa allergia, potrebbe esserci una proteina presente solamente negli esemplari di cane maschio, si tratterebbe dell’allergene prostatico “Can f 5”. Questo tipo di scoperta dà il via a tutta una serie di scenari, sia per quanto riguarda la ricerca di una terapia desensibilizzante, che purtroppo al momento è assente, sia nella prospettiva prossima che permetterebbe, alla maggior parte dei pazienti ai quali è stata diagnosticata con certezza l’allergia esclusiva al cane maschio, la possibilità invece di tollerare la vicinanza ad un esemplare femmina. È stato infatti riscontrato che alcune persone, pur risultando allergiche agli epiteli di cane non manifestano particolari sintomi a contatto con l’animale. Nella maggior parte dei casi i sintomi tipici di quest’allergia si manifestano con starnuti, naso che cola, arrossamenti della pelle, prurito e lacrimazione agli occhi e, in alcuni casi anche la presenza di tosse ed affanno. Purtroppo, in presenza di una documentata sensibilizzazione allergica e con la conseguente comparsa dei sintomi, dopo essere stati a contatto con i nostri fidati amici, la misura più efficace che gli esperti consigliano di adottare è l’allontanamento dell’animale, questa misura difatti è molto dolorosa e comprensibilmente poco adottata dai pazienti, altra misure che è bene adottare sono le pulizie a fondo degli ambienti in cui si vive. Attualmente sappiamo che, il cane produce ben sette tipi di proteine allergeniche, la maggior parte delle quali sono di origine epiteliale. Una di queste proteine, come già accennato, è stata denominata Can f 5, ed è l’equivalente dell’antigene prostatico umano. Gli studi condotti fino ad oggi, l’ultimo dei quali proprio in Italia, hanno dimostrano che un numero considerevole di pazienti risulta sensibilizzato a questa proteina, parliamo del (69,02%), e per molti di questi, il (57,92%), l’allergia è legata solo ed esclusivamente al Can f 5. “Il vantaggio di essere allergici solo all’antigene prostatico – spiega il dottor Gennaro Liccardi, allergologo AAIITO – Associazione Allergologi Immunologi Italiani Territoriali e Ospedalieri – è quello di avere una maggiore tolleranza nei confronti degli esemplari femmina e di essere meno sensibili agli allergeni che il cane condivide con altri mammiferi, come conigli, cavalli e criceti”. “Lo svantaggio invece di essere allergici prevalentemente al Can f 5 – aggiunge il dottor Liccardi – è la scarsa efficacia dei vaccini antiallergici fino ad oggi messi a disposizione, perché tutte le formulazioni in commercio contengono un mix di allergeni e non solo il Can f 5 come sarebbe auspicabile. Un altro svantaggio di tale condizione è il maggior rischio di sviluppare allergia al liquido seminale umano, l’antigene umano è l’equivalente di quello del cane, con manifestazioni reattive locali e, talora, generali durante i rapporti sessuali non protetti. Non sono eventi molto frequenti, ma sono ben descritti in letteratura”. Appurato che il Can f 5 è prodotto esclusivamente da cani maschio: essere allergici solamente al Can f5, e non agli altri, può dipendere dal contatto prevalente con cani di sesso maschile? Il team coordinato da Liccardi, che ha coinvolto 14 Centri di allergologia italiani e 627 pazienti allergici solo al Can f 5, risponde che c’è una forte associazione tra un alto livello di allergia al Can f 5 ed il contatto con un cane maschio (86,3%). In pazienti senza cani ma a contatto con animali di entrambi i sessi e nei possessori di esemplari femmine il grado di allergia invece è risultato modesto (11,8%). “La maggior parte dei soggetti allergici al cane riconosce sia gli allergeni epiteliali che l’allergene prostatico. I nostri studi hanno dimostrato che la positività all’allergene prostatico è molto frequente nei pazienti allergici al cane ed è fortemente associata al contatto con cani maschi. E’ verosimile pertanto che, in questi soggetti, il possesso di un cane femmina possa essere ben tollerato – afferma Liccardi – E’ necessario tuttavia valutare, nel singolo paziente, a quali allergeni dell’animale risulta sensibilizzato poiché’ la gestione diagnostica e terapeutica risulta differente a seconda degli allergeni che riscontriamo: il vaccino anti-allergico standard, ad esempio, potrebbe non essere efficace perché’ non contiene esclusivamente il Can f 5”. Ecco dunque i consigli e le raccomandazioni dagli esperti: Prestare attenzione e diffidare delle razze di animali definite ipoallergeniche. E’ documentato che non esistono razze in grado di produrre meno allergeni rispetto ad altre, i cosiddetti cani (o gatti) “ipoallergenici”. Possedere un animale “ipoallergenico” per soggetti con allergia specifica potrebbe costituire un rischio per la salute. Nascere in un ambiente agricolo, esposti a diversi animali, conducendo uno stile di vita sano, può proteggere dallo sviluppare allergie. Non ci sono ancora prove chiare sull’effetto protettivo, dell’esposizione precoce ad animali da compagnia in ambienti urbani dove sono presenti fattori “pro-allergici” come l’inquinamento atmosferico ed il vivere prevalente in ambienti confinati. (AgOnb) Mmo 9:30