Roma, 25 giugno 2020 (AgOnb) – Uno studio pubblicato su JNeurosci, dimostra come la solitudine “alteri” il cervello, modificando le connessioni e la rappresentazione delle relazioni. Il recente lockdown ha permesso alla comunità scientifica di analizzare a fondo il tema. Un’équipe del Massachusetts Institute of Technology, ha svelato come la solitudine da quarantena scateni nel cervello una sorta di astinenza simile a quella della fame. Un altro studio, del 2017, della Psychological Science Agenda, organo della American Psychological Association, confrontando i risultati di centinaia di ricerche sul tema, mostra come la solitudine si associ a stati di depressione, declino cognitivo, rischio di insorgenza di demenza e disfunzione nei circuiti di ricompensa del cervello. Gli autori della ricerca pubblicata su JNeurosci, hanno studiato la corteccia mediale prefrontale (mPfc), deputata a mappare le relazioni sociali dell’individuo, analizzando l’attività cerebrale dei partecipanti alla ricerca mentre venivano indotti a pensare a: se stessi, amici intimi, conoscenti e Vip. Nei soggetti non solitari, a pensieri diversi corrispondevano diversi pattern di attivazione nella mPfc: uno per sé, uno per i Vip e uno per amici e conoscenti. In quest’ultimo caso, più intima era la relazione, più l’attività cerebrale diventava simile a quella di quando si pensava a sé, come una sorta di continuum nella rappresentazione cerebrale delle due sfere. Per i solitari, le cose sono diverse. L’attività cerebrale legata al pensiero di sé risulta assai diversa rispetto a quella legata agli altri; come se il cervello percepisca il sé e gli altri come entità staccate, piuttosto che fluide e continue. (AgOnb) Mmo 9:30