Nei pochi mesi trascorsi dall’inizio della pandemia di Covid-19 causata dal virus Sars-Cov-2, la ricerca medica su questa condizione ha iniziato a correre, nell’urgenza di raggiungere nuove conoscenze e fornire indicazioni ai clinici su come intervenire in una patologia finora completamente sconosciuta. Inevitabilmente, le riviste mediche, anche le più prestigiose, hanno dovuto abbreviare i tempi di pubblicazione degli studi che sono stati loro proposti, spesso saltando del tutto la peer-review, il fondamentale processo di verifica degli studi che è la norma per le riviste importanti, e che garantisce, per quanto possibile, la qualità di quanto viene pubblicato. Un fenomeno che ha investito anche le riviste più prestigiose, come The Lancet e New England Journal of Medicine, che si sono viste costrette a ritirare due studi pubblicati da poco, rispettivamente sull’idrossiclorochina e sull’effetto di alcuni antipertensivi sull’andamento del Covid-19, in quanto basati su dati inattendibili, che un’adeguata peer-review avrebbe certamente scoperto, bloccandone la pubblicazione. Ma al di là di questo incidente, che dimostra ancor di più quanto sia importante il processo di selezione e verifica che le grandi riviste mediche fanno di routine, The Lancet e New England Journal of Medicine (Nejm) sono tra le riviste mediche più importanti al mondo. Pubblicano ricerche, articoli di revisione ed editoriali importantissimi per la comunità medica internazionale. Corriere Saluteha intervistato i suoi due direttori, Richard Horton ed Eric Rubin sulle criticità che devono affrontare oggi le pubblicazioni scientifiche, su alcuni problemi della ricerca medica e sulle modalità di funzionamento delle riviste.
L’articolo completo su corriere.it