Roma, 29 dicembre 2020 (AgOnb) – ‘’Per me la cosa migliore della vita da laboratorio è che a volte, anche se rarissime volte, se scopri effettivamente qualcosa e la notte della scoperta quando sei già a letto sei l’unica persona al mondo a sapere una nuova verità’’. Scoprire qualcosa di nuovo è sempre eccitante, chissà cosa avranno provato i ricercatori del San Raffaele di Milano, i colleghi dell’University Hospital di Münster, dell’ICM di Parigi e della McGill University di Montreal quando durante la loro collaborazione hanno raggiunto un importante punto di svolta nella comprensione dei meccanismi alla base della sclerosi multipla. La sclerosi multipla è una malattia neurodegenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale.
Rientra tra le patologie autoimmuni, ed è caratterizzata dal fatto che presenta una reazione anomala sull’organismo: le difese immunitarie attaccano alcuni componenti del sistema nervoso scambiandoli per estranei. E’ come una ferita (sclerosi) che però provoca una infiammazione e può danneggiare sia la mielina (la guaina che circonda e isola le fibre) sia le cellule specializzate nella sua produzione o le stesse fibre, le aree in cui la mielina è lesionata, possono sorgere ovunque e colpire ad esempio il nervo ottico o il midollo spinale. Sono 122 mila i pazienti in Italia, 600mila in tutta Europa. Può esordire in ogni età della vita, ma è più frequente nella fascia di età tra i 20 e i 40. Le donne rappresentano il doppio dei pazienti rispetto agli uomini. Attraverso due studi internazionali, nati dal programma sostenuto dalla Progressive MS Alliance (PMSA) e dall’Associazione Italiana Sclerosi Multipla, e coordinato da Gianvito Martino, prorettore alla ricerca e alla terza missione dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Gli studiosi hanno confrontato gli oligodendrociti derivati dalle cellule staminali pluripotenti indotte di sei persone: tre con sclerosi multipla e tre sane. Dai risultati dello studio è emerso che le cellule delle persone con sclerosi multipla sono indistinguibili da quelle dei soggetti sani. La capacità di queste cellule di produrre mielina sembrerebbe compromessa solo dal fatto che queste si trovino a contatto con cellule infiammatorie. I risultati indicano chiaramente che l’incapacità rigenerativa che si osserva nelle persone con sclerosi multipla non è dovuta a differenze intrinseche degli oligodendrociti, ma piuttosto dipende dall’ambiente infiammatorio presente nelle lesioni di sclerosi multipla.
Proprio da ciò nasce l’esigenza di sviluppare nuove terapie neuro protettive in grado di bloccare il processo infiammatorio presente fin dall’esordio della malattia e la degenerazione dei tessuti che ne consegue che poi è la responsabile ultima dei deficit neurologici che si sviluppano. Così facendo le cellule del sistema nervoso di persone con sclerosi multipla, che oggi sappiamo essere sane, possono tornare a fare il loro lavoro. Per questo il programma BRAVEinMS nasce con l’intento di sviluppare nuove terapie farmacologiche per combattere la sclerosi multipla, il progetto è coordinato attraverso otto centri di ricerca. E come ci ricorda Hemingway, ‘’La pioggia si fermerà, la notte finirà, il dolore svanirà. La speranza non è mai così persa da non poter essere trovata’’. E questa scoperta rappresenta per tutti noi una speranza tangibile di riuscire a sconfiggerla. (AgOnb) Matteo Piccirilli 9:00