Roma, 29 maggio 2021 (AgOnb) – Sono state evidenziate per la prima volta specifiche differenze nell’attività elettrica cerebrale durante il sonno, che diversificano la malattia di Alzheimer dal decadimento cognitivo lieve (MCI). Lo studio di queste alterazioni in generale in special modo nel soggetto anziano e nello specifico nella malattia di Alzheimer e, ancora più, per lo specifico quadro MCI (Mild Cognitive Impairment o MCI degli anglosassoni), uno stadio intermedio tra demenza ed invecchiamento normale che in moltissimi casi rappresenta l’anticamera dell’Alzheimer.
Lo studio è stato coordinato dai ricercatori della Sapienza e dell’IRCCS San Raffaele Roma, in collaborazione con l’IRCCS Fondazione Policlinico Universitario Gemelli e dell’Università dell’Aquila i quali hanno rilevato specifiche differenze nell’attività elettrica cerebrale durante il sonno che distinguono la malattia di Alzheimer dal decadimento cognitivo lieve dagli anziani san (MCI).
Il “buon sonno” svolge un ruolo importante nell’eliminazione metaboliti ‘cattivi’ della proteina b-amiloide facilitandone l’aggregazione ed il deposito tipico dell’Alzheimer.
Quello che hanno scoperto i ricercatori, è la relazione fra il sonno in questi pazienti con le già descritte alterazioni dell’EEG durante lo stato di veglia.
Lo studio è iniziato una decina di anni fa quando un gruppo di scienziati decisero di studiare la correlazione fra stato di veglie e sonno in un ampio gruppo di pazienti con la malattia di Alzheimer.
Hanno diviso in due gruppi i pazienti: malati di Alzheimer e quelli con lo stato intermedio fra demenza ed invecchiamento normale (MCI). L’idea era di capire se potessero esserci delle alterazioni nel sonno e se queste fossero presenti anche durante la veglia. Come risultati principali dello studio hanno identificato:
- in entrambi i gruppi clinici (Alzheimer ed MCI) un rallentamento dei ritmi cerebrali nel sonno REM (quello in cui si sogna) paragonabile a quello già descritto in veglia;
- questo fenomeno del sonno REM correla con il decadimento cognitivo dei pazienti;
- una drastica diminuzione nell’attività sigma del sonno NREM, sempre in entrambi i gruppi clinici;
- una consistente riduzione della funzione del sonno nel consentire processi di recupero cerebrale conseguenti alle attività di veglia”.
Le conseguenze di questo studio potranno aprire nuovi orizzonti per specifici trattamenti delle alterazioni del sonno in generale nel soggetto anziano e nello specifico nella malattia di Alzheimer e, ancora più, per lo specifico quadro MCI che in moltissimi casi rappresenta l’anticamera dell’Alzheimer. (AgOnb) Matteo Piccirilli 9:00