Roma, 23 giugno 2021 (AgOnb) – Pubblicati su Nature Materials e Nature Communications gli studi del Mit e della North Carolina State University, che rivelano come etichette e anteprime dei file aiutino a trovare rapidamente i dati memorizzati nel Dna: «Occorrono nuove soluzioni per immagazzinare le enormi quantità di dati che il mondo sta accumulando – spiega Mark Bathe, docente di bioingegneria al Mit -. Il Dna ha una densità mille volte superiore a quella di una memoria flash e una volta realizzato il polimero di Dna, non consuma energia. Si può scrivere sul Dna e archiviarlo per sempre». Il problema è individuare ed estrarre i dati che interessano. La tecnica più usata è quella della Pcr, la reazione a catena della polimerasi: si usa un’esca di Dna, chiamata primer, che si lega all’etichetta di Dna su cui è scritto il nome del file: come lo riconosce, entra in azione l’enzima polimerasi che produce tantissime copie del filamento di Dna di interesse, che viene sequenziato e letto. Il problema è che spesso c’è confusione e finiscono per legarsi in maniera non specifica a filamenti diversi. Per superare l’ostacolo, i ricercatori hanno sviluppato due strategie alternative, alla North Carolina State University hanno realizzato una specifica nomenclatura dei file che consente di aprirli per intero o parzialmente, modificando alcuni parametri della Pcr. «Sebbene abbiamo archiviato solo immagini, questa tecnologia è compatibile anche con altri tipi di file», sottolinea il ricercatore Kevin Volkel. Diversa la strategia del Mit, dove si è provato a incapsulare i file in una particella di silice grande appena 6 millesimi di mm ed etichettata con una breve sequenza di Dna, come un codice a barre che rivela il contenuto del file che può essere riconosciuto da un primer fluorescente o magnetizzato per facilitarne la separazione. (AgOnb) Mmo 12:00