Roma, 6 luglio 2021 (Agonb) – Si apre uno spiraglio nella possibilità di intercettare precocemente persone a rischio elevato di Parkinson: sequenziando il genoma di pazienti, sono stati individuati, tra gli altri, 16 geni associati per la prima volta alla malattia. La scoperta, che porta la firma di I.R.C.C.S. Neuromed e Istituto di genetica e biofisica “Adriano Buzzati Traverso” del Cnr di Napoli, ha evidenziato come la presenza simultanea di alcune varianti genetiche rare possa esercitare un ruolo importante nell’accrescere il rischio di ammalarsi di Parkinson.
Lo studio – il più ampio su pazienti italiani con tecniche di sequenziamento di ultima generazione, pubblicato sulla rivista scientifica Molecular Neurodegeneration – ha analizzato i dati genetici di pazienti appartenenti a famiglie nelle quali la malattia di Parkinson è ricorrente e quelli in cui la patologia era comparsa senza che ci fosse familiarità (i cosiddetti casi “sporadici”). Gli autori hanno inoltre esaminato l’espressione genica: cinque dei geni studiati sono risultati particolarmente espressi in neuroni dopaminergici della Substantia Nigra la cui degenerazione è la causa principale del morbo di Parkinson. Una delle evidenze più significative è che le varianti esaminate possono avere una sorta di effetto cumulativo.
“La presenza contemporanea di due o più di queste varianti rare si è rivelata associata con un aumento della probabilità di sviluppare il Parkinson nel 20% dei pazienti – ha detto Teresa Esposito, ricercatrice del Cnr-Igb e responsabile del Laboratorio Cnr presso il Neuromed, ultimo autore dello studio -. Possiamo parlare di un ‘carico’ di mutazioni crescente che, in futuro, potrebbe portarci a valutare il rischio di malattia proprio attraverso l’individuazione del numero di varianti dannose presenti nel DNA di una persona”. (Agonb) Cdm 09:00.