Roma, 3 agosto 2021 (AgOnb) – Pubblicata su Scientific Reports, una ricerca del gruppo guidato dal prof. Alfredo Berardelli, I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS) e Università Sapienza di Roma, secondo cui i pazienti affetti da Parkinson, in forma moderata e avanzata, presentano nella saliva un livello di caffeina inferiore rispetto a soggetti sani. Questo studio potrebbe aprire la strada a metodi rapidi e meno invasivi per monitorare l’avanzare della malattia. «È noto che l’assunzione di caffeina – spiega Giorgio Leodori, primo autore del lavoro scientifico – riduce il rischio di sviluppare il Parkinson. Abbiamo studiato 86 pazienti in diversi stadi della patologia e confrontati con un gruppo di controllo costituto da 83 soggetti sani. Si è valutato il livello di assorbimento della caffeina, il relativo metabolismo e la quantità di caffeina presente nella saliva». I risultati hanno dimostrato che l’assorbimento e il metabolismo della caffeina era simile, mentre il livello di caffeina nella saliva era inferiore nei malati di Parkinson. «Non sappiamo con chiarezza – aggiunge Leodori – quali siano le cause della differente concentrazione di caffeina tra pazienti e controlli, dato, che non abbiamo osservato alterazioni nell’assorbimento o nel metabolismo nei pazienti studiati. La misurazione della caffeina nella saliva può costituire un valido strumento per definire con maggiore precisione lo stadio a cui si trova la malattia e seguire la sua progressione. Ci troviamo davanti a un potenziale “biomarker”. Approfondire i meccanismi che legano caffeina e Parkinson potrebbe portare a nuove conoscenze sulla genesi e sullo sviluppo di una patologia così rilevante, sia per la qualità di vita delle persone colpite sia per il peso sul Servizio Sanitario Nazionale». (AgOnb) Mmo 10:00