Identificata da un gruppo di scienziati italiani, “PIN1” con il compito di protegge il nucleo cellulare da malformazioni. Se assente o presente in quantità ridotte, il DNA perde la sua organizzazione, vengono così prodotte molecole che scatenano l’infiammazione e le cellule degenerano
Roma, 28 settembre 2021 (AgOnb) – Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica ‘Cell Reports’, condotto da una sinergia tra un gruppo di scienziati italiani dell’Università e dell’Icgeb (Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologia) di Trieste e dell’Istituto Firc di oncologia molecolare (Ifom) di Milano, e che inoltre ha potuto contare sulla collaborazione della Sissa (Scuola internazionale superiore di studi avanzati) del capoluogo giuliano, ha scoperto un ruolo fondamentale svolto da Pin1, una proteina che ricopre il delicato ruolo di “guardiana” del nucleo cellulare, proteggendolo così da malformazioni che possono causare malattie legate soprattutto all’invecchiamento, come ad esempio lo è l’Alzheimer. Una scoperta decisamente importante che individua in questo modo un possibile bersaglio farmacologico, potenzialmente utile a sviluppare terapie in grado di contrastare quello che viene identificato come il ‘ladro della memoria’. I risultati di questa sensazionale scoperta sono stati diffusi durante la Giornata mondiale dell’Alzheimer. “Il lavoro svolto dal gruppo di ricercatori mostra come “Pin1” regoli la funzione di proteine importanti per preservare la struttura del nucleo cellulare e l’organizzazione e l’ancoraggio del genoma al suo interno” – spiegano i ricercatori – “Questo controllo permette al nucleo di sopportare stress meccanici senza che l’organizzazione del Dna e la regolazione dei geni venga alterata. Durante l’invecchiamento, altre disfunzioni possono portare a riduzioni significative dei livelli di Pin1. Nei neuroni ciò causa malformazioni del nucleo, disorganizzazione del genoma, danni al Dna e produzione di molecole che scatenano reazioni infiammatorie. Queste, a loro volta, conducono le cellule nervose alla degenerazione”. Andando più nel dettaglio possiamo sintetizzare che, quando la proteina Pin1 è assente o la sua presenza è rappresentata in quantità minore, come accade ad esempio nei neuroni dei pazienti Alzheimer, il Dna perde la sua organizzazione, e vengono così prodotte molecole che sollecitano l’infiammazione e le cellule in questo modo degenerano. “Diverse alterazioni nell’organizzazione del genoma e nell’attività dei geni sono associate all’invecchiamento e possono comportare danno al Dna e infiammazione, contribuendo alla degenerazione cellulare”, sottolinea Giannino Del Sal, ordinario all’Università di Trieste, direttore del Laboratorio “Cancer Cell Signalling” dell’Icgeb e responsabile del programma di ricerca ‘Segnalazione, microambiente tumorale e metabolismo cellulare’ all’Ifom, coordinatore dello studio con la collaborazione di Simona Polo di Ifom e Università degli Studi di Milano, Fabrizio d’Adda di Fagagna di Ifom e Istituto di genetica molecolare (Igm) del Cnr di Pavia, e Claudio Tripodo di Università di Palermo e Ifom. “Tra queste alterazioni” – precisa – “una in particolare sta emergendo per la sua particolarità e rilevanza: l’attivazione di sequenze mobili del genoma dette trasposoni, che hanno la capacità di spostarsi all’interno del genoma cellulare danneggiando il Dna e causando quindi ulteriori problemi. E’ proprio l’anomala attivazione di questi elementi mobili del genoma che abbiamo osservato come prima conseguenza della mancanza o riduzione dei livelli di Pin1”. “Studiando la drosofila, ossia il moscerino della frutta” – aggiunge Francesco Napoletano dell’Università di Trieste, nonché primo autore dell’articolo insieme alla postdoc Gloria Ferrari Bravo – “abbiamo capito che Pin1 è essenziale per tenere sotto controllo queste sequenze mobili, in particolare in presenza di stimoli meccanici come quelli legati alla formazione di aggregati intracellulari tipici dell’Alzheimer, e che questo meccanismo protegge il Dna, soprattutto durante l’invecchiamento quando questi stress sono più significativi. Tale meccanismo coinvolge la regolazione della struttura stessa del nucleo, con modalità conservate dalla drosofila fino agli esseri umani”, e “risulta alterato in pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer, nei cui campi biologici abbiamo osservato una riduzione dei livelli di Pin1 addirittura superiore alle attese, associata all’attivazione anomala degli elementi mobili”. “Questo studio” – commenta ancora Del Sal – “ha portato all’identificazione di proteine la cui funzione può essere modulata farmacologicamente allo scopo di prevenire o migliorare il decorso di malattie dell’invecchiamento come l’Alzheimer. La prima è Pin1, ma abbiamo individuato anche altri possibili bersagli. L’obiettivo è ora sviluppare molecole che ne promuovano la funzione protettiva nei confronti del nucleo cellulare, e verificarne l’effetto in modelli preclinici della malattia”. “Infine” – evidenzia lo scienziato – “sono coinvolto in un programma di ricerca collaborativa sostenuto da Fondazione Airc per la ricerca sul cancro e dedicato allo studio delle metastasi come malattia meccanica”. Infatti “ci sono altre malattie legate all’invecchiamento, dove gli stimoli meccanici hanno un ruolo determinante: i tumori. Stiamo attivamente conducendo le nostre ricerche anche in questa direzione” – conclude Del Sal – “per comprendere meglio il ruolo di Pin1 e del meccanismo che abbiamo scoperto in quel contesto, e come possiamo sfruttarlo a nostro vantaggio per sviluppare nuove strategie terapeutiche”. (AgOnb) 9:00 Marco Modugno