Roma, 31 ottobre 2021 (Agonb) – L’ingestione di frammenti di plastica sta facendo diventare gli uccelli marini sempre più piccoli, leggeri e affetti da una serie di disturbi della salute come alti livelli di colesterolo o difficoltà renali: lo rivela uno studio dell’Università della Tasmania pubblicato sulla rivista Environmental Science & Technology che per la prima volta ha preso in esame gli effetti non immediatamente letali dell’inquinamento da plastica sulla dieta dei volatili.
I ricercatori hanno analizzato campioni di sangue provenienti da una colonia di Berte piedicarnicini, un uccello marino della famiglia Procellariidae, nell’isola di Lord Howe, al largo della costa orientale dell’Australia: dai rilevamenti è emerso come microparticelle e frammenti di plastica siano entrati in maniera stabile nella dieta alimentare degli uccelli marini, determinando una contrazione nelle dimensioni e nel peso dei nuovi nati, una ridotta apertura alare e una serie di disturbi della salute che vanno dall’aumento del colesterolo ai problemi cardiaci, fino alla riduzione del calcio nel flusso sanguigno e ad alte concentrazioni di acidi urici che inficiano il sistema renale.
Il primo global assesment sulla gravità del fenomeno ha stimato che oggi circa il 90% delle specie di uccelli marini ha ingerito plastica e se continuiamo così nel 2050 la percentuale salirà al 99%.
L’ingestione della plastica è un problema molto serio che rischia di spazzare via intere colonie come quella degli Albatros di Laysan, sull’atollo di Midway (Hawaii), come ha raccontato il fotografo Chris Jordan in un terribile documentario.
Ogni anno vengono prodotte circa 400 milioni di tonnellate di plastica.
A partire dal 2020, è stato accertato che circa 180 specie di uccelli marini hanno ingerito plastica. Se non c’è un’inversione di rotta nel 2050 saranno il 99% delle specie marine che ingeriranno plastica.
Una soluzione però c’è. È necessario migliorare il livello della nostra educazione ambientale e gestire meglio i rifiuti urbani: non abbandonare plastica e lenze per esempio. Mentre per micro e nano plastiche non possiamo più fare molto: solo evitare di immetterne altre nell’ambiente con leggi ad hoc come quella che ha messo al bando le microsfere nei cosmetici. O ancora, lavando i vestiti inserendoli in apposite retine che trattengono le microfibre, impedendone la dispersione in mare. E poi. Dobbiamo puntare sul biodegradabile dove è possibile. La plastica è tossica di per sé e diventa sempre più pericolosa col passare del tempo, man mano che accumula sostanze inquinanti dall’ambiente marino circostante. Una volta ingerita, le tossine assorbite vanno a finire nel flusso sanguigno.
Sono dati allarmanti. Non ci vuole molto a pensare che quel che sta accadendo alla fauna potrebbe succedere anche a noi. (Agonb) Matteo Piccirilli 9:00