Roma, 31 ottobre 2021 (Agonb) – Uno studio pubblicato su JACC CARDIOVASCULAR IMAGING dalla Cardiologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS ha individuato alcuni meccanismi sulle cause scatenanti.
È stata evidenziata un’associazione tra i livelli di esposizione alle polveri fini (PM2,5) e la presenza di placche aterosclerotiche più infiammate ed aggressive, cioè pronte a causare un infarto per rottura di placca, il peggiore tra i vari meccanismi che portano all’infarto.
Hanno preso in esame 126 pazienti con infarto miocardico, sottoposti ad Optical Coherence Tomography, un’indagine speciale eseguita con un particolare microscopio che permette di visualizzare le placche coronariche all’interno dei vasi. Le placche sono state correlate con la precedente esposizione, per un periodo di circa due anni, a vari fattori inquinanti ambientali dimostrando che i pazienti che respirano a lungo aria inquinata, in particolare il particolare fine, presentano placche aterosclerotiche coronariche più aggressive e predisposte alla rottura. Nelle persone esposte ad elevati livelli di polveri fini, il fattore scatenante, risulta essere più spesso la rottura della placca aterosclerotica.
L‘inquinamento atmosferico costituisce un fattore di rischio ben noto per le malattie cardiovascolari. E’ ormai dimostrata infatti la stretta correlazione tra l’incremento della concentrazione di nano polveri e altri inquinanti e l’aumento dell’insorgenza di scompensi cardiaci che, soprattutto in persone con un cuore già affaticato, possono portare all’infarto.
L’Organizzazione mondiale di sanità stima che l’inquinamento sia responsabile di oltre un milione di morti premature ogni anno. Anche brevi esposizioni a inquinamento atmosferico sono associate ad un aumento della mortalità cardiovascolare. L’infarto colpisce più di 23 milioni di persone in tutto il mondo, soprattutto anziani, ha un tasso di ospedalizzazione annuo del 2%, con conseguente mortalità ad un anno del 30% e costituisce il motivo più frequente di ricovero e di riammissione ospedaliera nelle persone anziane.
Prima si pensava che gli organi più colpiti fossero i polmoni. Ora gli studi indicano che a soffrirne di più è l’apparato cardiovascolare. Sono le polveri sottili presenti nell’aria capaci di penetrare all’interno delle cellule danneggiandole. Il legame con le malattie del cuore inizia sin dalla nascita. È stato dimostrato che i giovani che vivono in zone molto inquinate possiedono un rischio maggiore di riscontrare questa malattia più elevate rispetto a chi soggiorna nelle zone meno inquinate.
Il professor Filippo Crea, Direttore UOC di Cardiologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemello IRCCS chiarisce che molti studi hanno suggerito che l’inquinamento contribuisce ad aumentare il rischio di eventi cardiovascolari. In questo senso la ricerca aiuta a comprendere i meccanismi e questo dovrebbe aiutarci a cambiare lo stile di vita per poter vivere una vita con abitudini diverse e per quanto possibile “green”. (Agonb) Matteo Piccirilli 9:00