Roma, 24 novembre 2021 (Agonb) – Consumo di sale e flusso sanguigno nel cervello: un team interdisciplinare di scienziati guidato da Javier Stern, professore di neuroscienze alla Georgia State University e direttore del Centro universitario per la neuroinfiammazione e le malattie cardiometaboliche, ha sviluppato un nuovo approccio che combina tecniche chirurgiche e neuroimaging all’avanguardia, descritto in un paper pubblicato su Cell Reports. Il team si è concentrato sull’ipotalamo: tramite l’utilizzo della risonanza magnetica funzionale, ha esaminato come il flusso sanguigno all’ipotalamo fosse cambiato in risposta all’assunzione di sale.
“Quando si ingerisce cibo salato, il cervello lo percepisce e attiva una serie di meccanismi compensatori per riportare i livelli di sodio verso il basso”, ha detto Stern. In parte, il corpo lo fa attivando i neuroni che innescano il rilascio di vasopressina, un ormone antidiuretico che svolge un ruolo chiave nel mantenere la corretta concentrazione di sale. In contrasto con studi precedenti che hanno osservato un legame positivo tra l’attività dei neuroni e l’aumento del flusso sanguigno, i ricercatori hanno riscontrato una sua diminuzione quando i neuroni si sono attivati nell’ipotalamo. “I risultati ci hanno colto di sorpresa perché abbiamo osservato la vasocostrizione – ha aggiunto Stern -. Normalmente si osserva una riduzione del flusso sanguigno nella corteccia in caso di malattie come l’Alzheimer o dopo un ictus o un’ischemia”.
Il team ha chiamato il fenomeno ‘inverse neurovascular coupling’. “Se ingerisci cronicamente molto sale, si avrà un’iperattivazione dei neuroni della vasopressina – ha concluso l’autore principale -. Questo meccanismo può quindi indurre un’eccessiva ipossia, che potrebbe portare a danni ai tessuti del cervello”. (Agonb) Cdm 10:00.