Il “Biologo di Comunità” nella pubblica amministrazione (locandina): per dare coerenza alle strategie per la cosiddetta “rivoluzione verde” ed accelerare il percorso verso la transizione ecologica. Se ne discuterà il prossimo 4 febbraio (dalle 15.30 alle 18.30), nell’aula “Zuccari” del Senato della Repubblica, dove il presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi, dr. sen. Vincenzo D’Anna, accompagnato dai rappresentanti del Coordinamento Nazionale dei Biologi Ambientali (CNBA), incontrerà i sindaci delle principali città metropolitane, nonché i membri dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI).
AL SENATO L’INCONTRO CON GLI ENTI LOCALI
Scopo dell’incontro: sensibilizzare, appunto, i rappresentanti degli enti locali, circa l’opportunità di potenziare, a livello territoriale, i servizi di “Tutela e valorizzazione Ambientale, Igiene e profilassi pubblica, protezione della flora e della fauna, controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore, gestione dei rifiuti” attraverso l’istituzione di questa nuova “figura professionale”.
IL BIOLOGO AL CENTRO DELLE POLITICHE DI TUTELA AMBIENTALE
All’iniziativa di Palazzo Madama, che punta a ricollocare il “Biologo” al centro delle politiche di tutela ambientale del Belpaese, parteciperà anche l’associazione l’Altritalia Ambiente, che di recente ha sottoscritto un protocollo d’intesa con l’Ordine Nazionale dei Biologi (ONB).
L’IMPIEGO DEL BIOLOGO DI COMUNITA’
Ma chi è il Biologo di Comunità e quale contributo potrebbe fornire a sindaci, presidenti e governatori in ambito ambientale? E’ presto detto. Alla luce, infatti, di un percorso formativo ben definito e sulla base di quanto sancito dall’art. 3 della Legge 396/67 (quella istitutiva della professione), questa innovativa “figura”, se opportunamente coinvolta, potrebbe essere chiamata ad assumere un ruolo di supporto tecnico fondamentale nell’azione amministrativa operando nei programmi di “Protezione, Manutenzione e Gestione del Territorio“. Azioni, quest’ultime, finalizzate a trasformare in atti amministrativi le numerose istanze dei cittadini in tema di qualità ambientale, oltre ad ottemperare agli obblighi normativi vigenti in materia e favorire la transizione ecologica attraverso un supporto operativo alle misure del PNRR.
VISIONI IN LINEA CON LE STRATEGIE UE DI SVILUPPO SOSTENIBILE
Non solo. In un contesto amministrativo locale, oltre ad incidere sulle attività di gestione ordinaria, il supporto tecnico-professionale fornito dal Biologo di Comunità potrebbe anche aiutare ad introdurre innovazione e visioni di politica amministrativa in linea con le strategie europee di sviluppo sostenibile.
L’IMPORTANZA DI UNA NUOVA FIGURA PROFESSIONALE
In primo luogo, la presenza del Biologo di Comunità permetterebbe l’adozione di efficaci strumenti di protezione e valorizzazione della Biodiversità, in coerenza con la “Strategia ‘Ue sulla Biodiversità per il 2030: “riportare la natura nella nostra vita“. Allo stesso tempo, il Biologo di Comunità faciliterebbe l’accesso alle risorse economiche messe a disposizione da Bruxelles e dai governi nazionali e regionali in tema di “Biodiversità, Servizi Ecosistemici e Sviluppo sostenibile”. Rientrerebbero in tale contesto sia le attività di pianificazione e progettazione che quelle di gestione e controllo. Il ventaglio di attività spazierebbe, dunque, dall’introduzione di strategie sostenibili di progettazione, come le NBS – Nature Based Solutions e i servizi ecosistemici e ambientali, per arrivare alla riforestazione urbana, al biomonitoraggio della qualità dell’aria, dell’acqua e del suolo, della gestione integrata delle aree e delle risorse marine e costiere (marine spatial planning) fino alla gestione del ciclo dei rifiuti. Senza tralasciare un’azione che vede già molto impegnati i biologi, ossia il settore delle valutazioni e certificazioni ambientali come, ad esempio: VinCA, VIA, VAS, AIA, VIS.
UN PROFESSIONISTA TRASVERSALE E MULTIDISCIPLINARE
Insomma: il Biologo di Comunità si configura come un professionista “trasversale“, multidisciplinare, che grazie anche ad un percorso di formazione universitaria preciso e mirato, è capace di una visione “unitaria” dei processi naturali. Questo approccio “olistico“, risulta, oggi, più che mai essenziale per affrontare il grande tema della conservazione della biodiversità e dello sviluppo sostenibile, due pilastri portanti del Green Deal europeo che ha ispirato anche il PNRR italiano.