Roma, 19 gennaio 2022 (Agonb) – I viaggi nello spazio sembrano essere sempre più “a portata di mano”, ma chi ne ha la possibilità non è esente da rischi per la salute. Tra i rischi a lungo termine figurano la perdita ossea, le radiazioni cosmiche e la debolezza muscolare. Uno finora poco esplorato è stato invece esaminato da ricercatori della Medical University of South Carolina, che hanno studiato il cervello e l’effetto della gravità sulla vista. In un recente articolo pubblicato su JAMA Network Open, hanno analizzato la sindrome neuro-oculare associata al volo spaziale e confrontato le scansioni cerebrali prima e dopo il volo. Più a lungo gli astronauti rimangono nello spazio, più segnalano problemi di vista e visione offuscata quando tornano sulla terra: quando ciò accade, mostrano un’acuità visiva alterata e fanno fatica a distinguere le forme a distanza. I globi dei loro occhi si appiattiscono, parti delle loro retine mostrano lesioni e i loro dischi ottici si gonfiano. Alcuni si riprendono da questi cambiamenti in poche settimane, mentre altri possono avere bisogno di mesi o addirittura anni. Ci sono anche alcuni che non si riprendono mai completamente. Il team ha scoperto che gli astronauti con la sindrome sindrome neuro-oculare associata al volo spaziale (Spaceflight-Associated Neuro-Ocular Syndrome) mostravano un aumento dei volumi venosi durali intracranici rispetto alle scansioni MRI effettuate appena prima del volo. I risultati suggeriscono dunque che esiste un’associazione tra la congestione venosa intracranica e lo sviluppo della sindrome neuro-oculare associata al volo spaziale. (Agonb) Cdm 10:00.