Roma, 31 gennaio 2022 (Agonb) – La cosiddetta anemia spaziale è nota dall’epoca dei primi voli con equipaggio ed è secondo le interpretazioni più accreditate una risposta fisiologica allo spostamento verso la testa dei fluidi presenti nel corpo degli astronauti, in virtù della bassa gravità
In un recente studio è stato rilevato, che per la prima volta, come i viaggi spaziali possano causare una diminuzione considerevole della conta dei globuli rossi. L’analisi di 14 astronauti ha infatti mostrato come i loro corpi ne abbiano distrutti il 54% in più rispetto a quanto avrebbero fatto normalmente sulla Terra.
Prima di questa ricerca, si pensava che l’anemia spaziale fosse dovuta ad un rapido adattamento dell’astronauta ai fluidi, che si spostavano nella parte superiore del corpo. È stato invece scoperto come tale degradazione sia un effetto primario della permanenza nello spazio, non solo una conseguenza dallo spostamento di liquidi. Grazie alle misurazioni dirette hanno quindi dimostrato un aumento nella distruzione dei globuli rossi in 14 astronauti durante le loro missioni spaziali di sei mesi.
I ricercatori hanno poi notato come l’anemia legata allo spazio sia comunque reversibile, fortunatamente, con i livelli di globuli rossi che tornavano progressivamente alla normalità tre o quattro mesi dopo il ritorno sulla Terra.
Questa scoperta è arrivata grazie alle tecniche e ai metodi sviluppati per misurare con precisione la distruzione dei globuli rossi, attraverso la rilevazione della quantità di monossido di carbonio nei campioni di respiro degli astronauti. Infatti è noto come venga prodotta una molecola di monossido di carbonio ogni volta che si distrugge una di eme, che conferisce il pigmento rosso intenso ai globuli rossi.
Si presume comunque che gli astronauti abbiano generato globuli rossi extra per compensare le cellule perse, altrimenti avrebbero avuto una grave anemia e quindi serissimi problemi di salute nello spazio.
Il team ha poi ripetuto le stesse misurazioni un anno dopo il ritorno degli astronauti sulla Terra e ha scoperto che la distruzione dei globuli rossi era ancora del 30% rispetto ai livelli pre-partenza. Questi risultati suggeriscono che gli astronauti potrebbero sperimentare cambiamenti strutturali nello spazio tali da vedersi modificare il controllo dei globuli rossi fino a un anno dopo missioni spaziali di lunga durata.
Naturalmente più lunga è la missione spaziale più grave è l’anemia, e questo potrebbe avere un impatto su lunghe missioni sulla Luna e su Marte. In ogni caso il deficit di produzione di globuli rossi richiederà una dieta particolare studiata per gli astronauti.
Ma quello che più impensierisce è la non conoscenza di quanto il corpo possa mantenere questa situazione senza danni irreversibili. (Agonb) Matteo Piccirilli 9:00