Roma, 1° febbraio 2022 (Agonb) – Il cancro del fegato, il cui tipo più comune è noto come carcinoma epatocellulare, è la terza causa di decessi per cancro a livello globale. Sebbene le immunoterapie abbiano modificato la prognosi dei pazienti con carcinoma epatocellulare avanzato, la maggior parte dei pazienti ancora muore a causa di questa malattia che, in più della metà dei casi, si ripresenta, a causa di una malattia micrometastatica residua o, talvolta, di un tumore completamente nuovo.
Finora nessuna terapia somministrata prima o subito dopo l’intervento chirurgico aveva dimostrato un reale miglioramento della sopravvivenza per i pazienti: ora invece si apre uno spiraglio grazie a uno studio condotto da ricercatori del Mount Sinai e pubblicato su The Lancet Gastroenterology & Hepatology. I risultati dello studio di fase 2 hanno suggerito che l’immunoterapia neoadiuvante, la terapia somministrata prima dell’intervento chirurgico, può uccidere non solo il tumore, ma anche le cellule tumorali microscopiche che possono sfuggire alla chirurgia e che in seguito potrebbero causare la recidiva o la metastasi del cancro.
In sostanza, la terapia insegna al sistema immunitario a combattere eventuali recidive. I ricercatori hanno somministrato a 21 pazienti con cancro al fegato in fase iniziale due cicli dell’agente immunoterapico cemiplimab, un anticorpo anti-PD-1, prima del loro intervento chirurgico e hanno studiato la morte del tumore e l’attivazione del sistema immunitario antitumorale tramite risonanza magnetica e sangue, tumore e campioni di feci. (Agonb) Cdm 11:00.