Roma, 1° giugno 2022 (Agonb) – È più vicino un recupero dell’udito più simile a quello fisiologico per chi indossa impianti cocleari, dispositivi impiantati chirurgicamente con lo scopo di ripristinare la percezione del suono in soggetti affetti da perdita dell’udito profonda o da sordità.
Quelli attuali, malgrado il grande successo nel recupero della comprensione del parlato in situazioni di silenzio, ha una risoluzione spettrale (ovvero la capacità di distinguere onde sonore con frequenze diverse) limitata, e non consente di apprezzare la musica o di seguire conversazioni in presenza di rumore.
Uno studio pubblicato sul Journal of the American Chemical Society e condotto dall’Institute for Bioengineering of Catalonia, in collaborazione con lo University Medical Center di Göttingen, il CIBER-BBN e l’Institute for Advanced Chemistry of Catalonia del CSIC segna un passo avanti verso il superamento di questi limiti. I ricercatori hanno sviluppato e utilizzato, per la prima volta, un agente farmacologico controllabile con la luce e in grado fotoattivare i neuroni uditivi di mammifero. I nuovi impianti cocleari sono in grado di convertire i suoni in stimoli luminosi che a loro volta vengono trasmessi all’orecchio interno tramite la tecnica dell’optogenetica. “Al fine di evitare la manipolazione genetica, in questo nuovo progetto abbiamo invece sviluppato un metodo alternativo per accoppiare la luce all’attività elettrica dei neuroni.
Abbiamo così ideato una molecola, denominata TCPfast – ha detto Carlo Matera, il chimico farmaceutico dell’IBEC che l’ha sintetizzata, dal 2020 ricercatore all’Università Statale di Milano -, in grado di legarsi covalentemente a un recettore neuronale e di funzionare come una protesi molecolare che trasforma i normali neuroni uditivi in neuroni in grado di attivarsi con la luce”. TCPfast è stata progettata per essere attivata con luce blu e in futuro sarà studiata più a fondo l’effettiva capacità di molecole di questo tipo di ripristinare l’udito. (Agonb) Cdm 13:00.