Roma, 23 luglio 2022 (Agonb) – Individuare cure che funzionino quando la chemioterapia non risulta efficace per trattare una forma molto aggressiva e a rapida evoluzione di leucemia, la leucemia linfoblastica acuta (LLA) di tipo T che colpisce i linfociti T. Il 10% dei pazienti in età pediatrica e il 60% dei pazienti adulti vanno incontro, infatti, a una progressione del tumore anche dopo la chemio.
Un nuovo studio, coordinato da Isabella Screpanti e Antonio Francesco Campese del Dipartimento di Medicina molecolare della Sapienza in collaborazione con l’Istituto italiano di tecnologia e pubblicato su Frontiers in Immunology, ha individuato uno dei meccanismi coinvolti nella maggior parte dei casi. I ricercatori hanno acceso i riflettori su alterazioni della via di Notch – una via di segnalazione biochimica che regola i processi di proliferazione e differenziamento di diversi tipi di cellule, tra cui i linfociti T – responsabili dello sviluppo di alcune forme di LLA-T.
Sono state così identificate alcune cellule del sistema immunitario coinvolte nella ricaduta del tumore, cioè le cellule soppressorie mieloidi. Se in grande quantità, queste cellule, solitamente deputate a bloccare la risposta immunitaria per evitare che risulti eccessiva, riducono la risposta immunitaria anche contro le cellule cancerose. I linfociti T, che nel caso di LLA-T sono anche cellule tumorali, rientrano tra i bersagli naturali delle cellule soppressorie mieloidi e, per questo, ci si aspettava che potessero inibire la proliferazione del tumore.
Tuttavia è stato osservato il contrario, perché le cellule leucemiche riescono a far volgere a proprio favore l’azione delle cellule soppressorie mieloidi. Ciò che è emerso dalla ricerca è che è l’interleuchina 6 (IL-6), una molecola proteica prodotta dalle stesse cellule tumorali, a promuovere lo sviluppo delle cellule soppressorie. Gli esperimenti confermano infatti che la somministrazione degli inibitori di IL-6 limita l’espansione di queste cellule. (Agonb) Cdm 11:00.