Roma, 31 agosto 2022 (AgOnb) – Tramite il rilascio di energia termica, la termoablazione si è rivelata efficace per trattare i noduli benigni della tiroide. Sebbene questa tecnica sia consolidata in molti paesi europei e asiatici, l’Italia si trova tra i primi posti al mondo per le evidenze scientifiche in materia.
E l’ospedale Santa Maria Goretti di Latina è diventato uno dei centro di riferimento nel trattamento termoablativo.
A completare e supportare il lavoro medico è il riconoscimento dalla AACE (American Association of Clinical Endocrinology) per la pubblicazione di un documento di consenso scientifico sulla prestigiosa rivista Endocrine Practice. Tra gli autori, il dottor Roberto Cesareo, specialista in endocrinologia e direttore dell’Unità Operativa Malattie Metaboliche dell’Ospedale S. M. Goretti.
«Mi sento onorato di essere l’unico europeo ad essere stato inserito in questo board scientifico dove gli statunitensi hanno ritenuto opportuno definire delle headlines e delle raccomandazioni da indirizzare a tutti ma non solo; l’intento è di divulgare e di rendere più fruibile la conoscenza delle tecniche termoablative».
La tiroide è una piccola ghiandola, essenziale per il buon funzionamento di tutto l’organismo. La presenza di noduli però può provocare disfunzioni e talvolta disturbi compressivi come difficoltà respiratoria o di deglutizione.
Sentirsi un nodo in gola per tanti, infatti, non è solo un modo di dire. Il nodulo che può essere singolo o multiplo è tra le patologie endocrine più frequenti nella popolazione.
Una cellula particolarmente addensata che può avere contenuto solido o liquido.
Con l’avanzamento delle tecniche diagnostiche e la loro maggiore disponibilità, le persone che scoprono di avere noduli tiroidei sono sempre di più ma a fronte di un incremento dei casi viene da chiedersi quando preoccuparsi.
Fortunatamente, solo una piccola parte di essi si rivela di natura maligna.
Anche se benigni, possono essere di grandi dimensioni e richiedere comunque un intervento. Una valida alternativa sicura e con ridotti effetti collaterali per trattarli è la termoablazione.
Non si sostituisce alla tecnica chirurgica ma diventa preferibile quando il paziente, con noduli benigni, non si trova nella condizione di poter affrontare l’operazione.
Come funziona praticamente questa procedura? La termoablazione provoca la necrosi del tessuto tramite l’emissione di energia termica all’interno del nodulo. Come tutte le tecniche mini invasive, si esegue in ambiente sterile in day surgery. E a questo proposito il dottor Cesareo chiarisce che «solitamente una sola seduta è sufficiente, si tratta un solo nodulo per trattamento e si può ripetere in caso ci sia una mancata risposta o una ricrescita nel tempo».
Numerosi i vantaggi per il paziente e significativo l’abbattimento dei costi per le strutture sanitarie. La termoablazione può essere effettuata mediante diverse metodiche ed è proprio la loro differente efficacia che è stata testata per la prima volta al mondo.
«Abbiamo pubblicato l’unico lavoro che ha messo testa a testa il confronto tra le due tecniche che hanno le maggiori evidenze scientifiche, ovvero radiofrequenza e laser» commenta Cesareo e nello specifico: la radiofrequenza è più efficace del laser.
A dimostrarlo sono stati proprio i risultati dello studio prospettico condotto nel 2021 e realizzato da un’equipe tutta italiana presso l’ospedale dello specialista con la collaborazione dell’Università Campus Bio-Medico di Roma. Il lavoro è stato poi pubblicato sulla prestigiosa rivista di endocrinologia Journal of Clinical Endocrinological and Metabolism.
La caratteristica dello studio LARA (Laser Ablation versus Radiofrequency Ablation) è l’utilizzo di un metodo randomizzato, ovvero la scelta di una o dell’altra tecnica ablativa sul paziente è stata fatta in modo del tutto casuale. Il che presuppone, secondo la comunità scientifica, che i risultati siano più veritieri e attendibili.
E sono altrettanto positivi e soddisfacenti i dati finali della ricerca: gli autori hanno confermato una notevole riduzione volumetrica dei noduli. Il risultato è significativo con entrambe le tecniche ma se con il laser si arriva al 60 percento con la radiofrequenza ancor di più, le riduzioni sono superiori al 70 percento.
Il dottor Cesareo però precisa «non c’è eradicazione totale quindi il nodulo andrà comunque controllato nel tempo, gli ottimi risultati ottenuti dimostrano che la possibilità di una ricrescita è molto ridotta».
La ricerca fatta e i risultati ottenuti fino ad oggi sulle tecniche termoablative non sono solo un traguardo importante per la cura ma un punto di partenza verso nuove scoperte. «Stiamo lavorando per cercare di capire perché alcuni noduli rispondono meglio di altri, questa sarebbe la scommessa del futuro» conclude lo specialista.
E una grande scommessa per il futuro potrebbe essere quella di riuscire a scoprire come prevenire la formazione di noduli per salvaguardare la salute del nostro direttore d’orchestra, la tiroide. (AgOnb) Anna Lavinia 9:00