Roma, 4 novembre 2022 (Agonb) – Una molecola intestinale è stata individuata come ulteriore fattore di rischio cardiovascolare, scoperta che consente di compiere passi in avanti nella conoscenza dei fattori che infiammano le arterie e favoriscono l’insorgenza dell’infarto: la molecola “imputata” è il Lipopolisaccaride (LPS), una endotossina della parete dei batteri intestinali, che può raggiungere i vasi arteriosi provocando infiammazione e trombosi. È quanto emerge da una serie di ricerche effettuate da ricercatori dell’Università La Sapienza pubblicate sulla rivista Nature Reviews-Cardiology. Lo studio ha messo in evidenza che, per motivi legati a un disturbo funzionale della parete intestinale, il Lipopolisaccaride può attraversare la parete stessa e raggiungere le arterie favorendone l’infiammazione fino alla trombosi. I risultati hanno dimostrato che questa endotossina è presente nelle arterie carotidee affette da grave danno aterosclerotico in soggetti ad alto rischio di ictus, e nei trombi prelevati dalle coronarie di pazienti che erano andati incontro a un infarto del miocardio. Infine, in più di 900 pazienti a rischio di eventi cardiovascolari, i ricercatori hanno stabilito che la misurazione nel sangue di Lipopolisaccaride permetteva di individuare quelli a maggiore rischio di infarto e di ictus, fornendo un nuovo strumento per studiare l’arteriosclerosi e le sue gravi complicanze cardiovascolari. La ricerca ha anche indagato le principali cause che possono portare all’aumento della permeabilità intestinale (e quindi all’aumento di LPS nel sangue): tra queste, una dieta particolarmente grassa, l’alcool, l’uso prolungato di anti-infiammatori, le infezioni e l’infiammazione sistemica, ma anche l’età avanzata. (Agonb) Cdm 14:00