Roma, 10 novembre 2022 (Agonb) – La Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e l’Università Cattolica hanno individuato nei gruppi di persone con diabete di tipo 2, due diverse tipologie di aterosclerosi, una più stabile e l’altra più acuta. Lo studio condotto dai due poli universitari e pubblicato su Cardiovascular Diabetology dimostra che a fare la differenza è la presenza o meno di complicanze microvascolari. Il diabete, infatti, è uno dei principali fattori di rischio di malattie cardiovascolari come infarto e ictus. Il cardiologo e dirigente presso l’U.O.C. di Terapia Intensiva Cardiologica del Gemelli, Rocco Antonio Montone, chiarisce che nella popolazione diabetica analizzata sono stati individuati due tipi di pazienti «quelli che hanno un’unica grossa placca aterosclerotica ‘soft’, cioè ricca di lipidi e dunque pronta alla rottura (la tipologia alla base degli infarti più gravi, magari intorno ai 50-60 anni) e quelli che hanno estese calcificazioni e tante piccole placche ‘guarite’, diffuse su tutto l’albero coronarico, che danno sintomi cronici di tipo anginoso, piuttosto che un grave infarto acuto». I risultati dimostrano che i pazienti con diabete (ne sono stati arruolati 320) che hanno avuto complicanze microvascolari tendono a manifestare cardiopatia ischemica caratterizzata da calcificazioni, “placche guarite” che non si risolvono in infarto. I soggetti, invece, senza complicanze microvascolari tendono a presentare una cardiopatia ischemica con grandi placche aterosclerotiche lipidiche. (Agonb) Anna Lavinia 9:00