Tumori: svelata correlazione tra ossisteroli e risposta immunitaria

Roma, 28 febbraio 2023 (AgOnb) – Tra i vari tipi di tumore, il linfoma diffuso a grandi cellule B è il più frequente e tra i più aggressivi. Un recente studio dell’Istituto Tumori “Giovanni Paolo II” di Bari in collaborazione con l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, ha dato nuove speranze. La ricerca, pubblicata sulla rivista internazionale “Hematological Oncology” è stata condotta presso il laboratorio di diagnostica ematologica e terapia cellulare, guidato dal dottor Sabino Ciavarella, affiliato all’Unità di Ematologia.
I risultati hanno svelato una correlazione tra metabolismo del colesterolo e i macrofagi, le cellule immunitarie incaricate di ripulire l’organismo da cellule malate come quelle tumorali.
Il lavoro che il team porta avanti da circa due anni è orientato a comprendere i nuovi meccanismi e i fattori biologici in grado di predire la risposta ai farmaci. Un salto di qualità è stato fatto anche grazie a complesse analisi di Big Data clinici e molecolari raccolti in database internazionali ed esplorati dai ricercatori attraverso interrogazioni bioinformatiche.
Lo studio si inserisce in un innovativo filone, sempre più rilevante negli ultimi anni nella scienza oncoematologica, volto a comprendere tutto ciò che vive intorno alla cellula tumorale: il microambiente. Un insieme di cellule non neoplastiche che risentono nel comportamento biologico dell’azione e dell’influenza delle cellule tumorali. Data la sua “vicinanza” con le cellule malate, il microambiente condiziona lo sviluppo e la progressione della malattia. «Ci si è resi conto che non è solo la cellula malata a guidare il comportamento della malattia ma tante altre componenti come macrofagi, linfociti, neutrofili, pur non essendo dannose di per sé, producono effetti che possono essere anti o pro-tumorali» aggiunge l’oncoematologo responsabile del laboratorio barese.

Nello specifico, gli studiosi si sono interrogati sul funzionamento di alcune delle cellule al suo interno come i macrofagi che si possono classificare in due modalità contrastanti. I pro-infiammatori o antitumorali e gli immunosoppressori che, al contrario, riducono la capacità del sistema immunitario favorendo indirettamente la progressione del cancro. «Perché in due persone diverse con la medesima malattia, la stessa situazione clinica e lo stesso numero di macrofagi, la risposta alla stessa terapia può risultare differente?» si chiedono gli autori della ricerca. Occorre spiegare che i macrofagi sono influenzati nella loro funzione da alcuni recettori nucleari denominati LXR (Liver-X-receptors). Essi «fungono da fattori di trascrizione: a stimolo recepito determinano una modifica nel DNA della cellula, modificando l’espressione di alcuni geni che andranno ad impattare sulla funzione del macrofago stesso» precisa Ciavarella. In questo caso, entra in gioco “lo stimolo” ovvero l’ossisterolo, una sostanza chimica derivata dal metabolismo del colesterolo, necessaria alla sopravvivenza delle cellule. Questa piccola molecola potrebbe avere variabili livelli di concentrazione atti ad influenzare il comportamento dei macrofagi.

Per la prima volta, infatti, l’espressione LXR è stata correlata con una funzione macrofagica pro-infiammatoria. Lo studioso spiega che «i tumori che avevano dentro più macrofagi che esprimevano maggiormente il recettore LXR erano quelli pro-infiammatori ed erano significativamente associati ad una migliore risposta ai farmaci». Sui soggetti valutati, i risultati hanno mostrato che, a parità di trattamento, le persone con una minore espressione del recettore sono quelle a più alto rischio e rispondono peggio alle cure, ma con la modulazione di questo recettore potrebbero migliorare l’andamento della malattia.

Nello stesso lavoro, è stato fatto un passo avanti anche nelle terapie, i ricercatori hanno sperimentato (in vitro) un farmaco già in corso di valutazione clinica sull’uomo per valutarne l’efficacia sul linfoma,

Il vero successo, ci tiene a sottolineare Ciavarella, è che in futuro attraverso un farmaco si possa modificare la funzione macrofagica, rendendola positiva contro il tumore. La terapia farmacologica diventerebbe innovativa poiché non si “combatterebbe” direttamente la cellula tumorale, ma quelle che le stanno intorno.
Il lavoro compiuto assume anche una valenza prognostica. Attraverso una tecnologia denominata Nanostring è già possibile misurare l’espressione di LXR direttamente al momento della diagnosi, senza ulteriori analisi o esami invasivi per il paziente. Un innovativo studio che pone oggi, sotto diversi aspetti, un tassello importante nel progresso scientifico in oncoematologia. (AgOnb) Anna Lavinia 9:00