Secondo un recente studio, è stata scoperta la presenza di nanoplastiche e microplastiche nei tessuti umani che aumenterebbero il rischio di infarti e ictus
Roma, 30 marzo 2024 (Agenbio) – Grazie a uno studio dell’Università della Campania “Vanvitelli”, in collaborazione con vari enti di ricerca, come ad esempio Harvard Medical School, di Boston, IRCSS Multimedica di Milano, le Università di Ancona e La Sapienza di Roma, di Salerno e l’IRCSS INRCA di Ancona, è stata portata alla luce una scoperta che è stata definita rivoluzionaria in un editoriale del The New England Journal of Medicine: «Anche se non sappiamo quali siano le altre esposizioni che potrebbero aver contribuito agli esiti negativi tra i pazienti in questo studio, la rilevazione della presenza di microplastiche e nanoplastiche nel tessuto della placca aterosclerotica è di per sé una scoperta rivoluzionaria che solleva una serie di domande urgenti».
I risultati dimostrano per la prima volta la presenza di un mix di inquinanti nelle placche arteriosclerotiche e oltre a questo hanno provato la loro pericolosità, poiché le placche inquinate sono più infiammate e quindi aumentano di oltre 2 volte il rischio di infarti e ictus rispetto a chi ha placche non inquinate.
Per 34 mesi sono stati seguiti 257 over 65 dopo un intervento di endoarterectomia alle carotidi, procedura chirurgica per rimuovere le placche che occludono i vasi, poi osservate al microscopio per valutarvi la presenza di nanoplastiche. Grazie a queste analisi sono giunti a nuove scoperte, come ha dichiarato Giuseppe Paolisso, coordinatore dello studio e ordinario di Medicina Interna alla Vanvitelli: «ha dimostrato la presenza di particelle di PE polietilene a livelli misurabili nel 58.4% dei pazienti e di particelle di PVC nel 12.5%». Questi composti plastici sono quelli di maggior consumo, volti a formare contenitori, rivestimenti, materiali per l’edilizia e pellicole.
Una domanda che sorge spontanea è: come riusciamo a ridurre l’esposizione al rischio cardiovascolare? L’ epidemiologo Philip J. Landrigan, direttore del Global Public Health Program del Boston College, ritiene che «Il primo passo è riconoscere che il basso costo della plastica è ingannevole e che, di fatto, nasconde grandi danni, come il contributo della plastica agli esiti associati alla placca aterosclerotica. Dobbiamo incoraggiare i nostri pazienti a ridurre l’uso della plastica e sostenere il Trattato Globale sulla Plastica delle Nazioni Unite per rendere obbligatorio un tetto globale alla produzione»
L’aumento della produzione di plastica è sempre più nocivo per la nostra salute. Si pensi che nel mondo dal 1950 a oggi la produzione annuale è passata da 2 milioni di tonnellate a 400 milioni. Secondo il rapporto di Future Brief della Commissione Europea, ogni anno un adulto inala dalle 39.000 alle 52.000 particelle plastiche, cioè 5 grammi di plastica alla settimana. Principalmente, come ha anche puntualizzato Antonio Ceriello dell’IRCSS Multimedica di Milano, le particelle che con maggiore probabilità penetrano nei tessuti sono quelle più piccole. Recentemente, però, sono state rinvenute anche di maggiori dimensioni.
«La qualità di questo studio dimostra -ha ribadito Gianfranco Nicoletti, il rettore dell’Università Vanvitelli- quanto la nostra Università sia cresciuta e che grandi potenzialità di sviluppo essa ha nel prossimo futuro». (Agenbio) Eleonora Caruso 9:30