Roma, 11 luglio 2024 (Agenbio) – Un gruppo internazionale di studiosi ha messo in luce per la prima volta in che modo il nostro cervello riesce a estrarre significati musicali a partire da una serie di suoni, e cosa succede quando si introducono variazioni all’interno di una sequenza già nota. I risultati dello studio, al quale ha partecipato anche l’Università di Bologna, sono stati descritti in un articolo su Nature Communications. Per svelare i meccanismi cerebrali che ci permettono di costruire questi significati musicali, gli studiosi hanno utilizzato la magnetoencefalografia, una tecnica di neuroimaging che permette di registrare l’attività del cervello misurando i campi magnetici prodotti dalle correnti elettriche al suo interno. Agli 83 partecipanti all’esperimento sono state prima presentate alcune sequenze musicali da memorizzare e in seguito, mentre la loro attività cerebrale veniva registrata, gli sono state fatte ascoltare sia sequenze uguali a quelle memorizzate che sequenze con alcune variazioni sistematiche al loro interno. I risultati hanno mostrato una complessa rete di aree cerebrali che si attivano e lavorano insieme per processare e riconoscere la musica. A partire dalla corteccia uditiva, si attivano connessioni che si estendono verso l’interno del cervello, all’ippocampo, al giro cingolato anteriore e al giro cingolato mediale: aree cerebrali associate alla memoria e ai processi di previsione. Allo stesso tempo, però, l’esperimento ha messo in luce connessioni che si attivano in direzione opposta. Il funzionamento di questi meccanismi di risposta è in linea con la teoria del “predictive coding”, secondo la quale il nostro cervello è costantemente al lavoro nel fare previsioni a partire dalle informazioni sensoriali in ingresso. Quando queste previsioni sono confermate, o quando al contrario vengono contraddette, diverse regioni cerebrali si attivano di conseguenza, ognuna con specifiche dinamiche temporali e relazioni gerarchiche. (Agenbio) Etr 11:00