Roma, 14 ottobre 2024 (Agenbio) – L’esposizione ai metalli derivanti dall’inquinamento ambientale è associata a un aumento dell’accumulo di calcio nelle arterie coronarie, un livello simile a fattori come fumo e diabete. Lo rivela lo studio della Columbia University Mailman School of Public Health. “I risultati pubblicati su Jacc, confermano che i metalli presenti nell’organismo sono associati alla progressione dell’accumulo di placca nelle arterie e forniscono una nuova strategia per gestire e prevenire l’aterosclerosi, considerando l’esposizione ai metalli come un fattore di rischio significativo per l’aterosclerosi e malattie cardiovascolari”, ha dichiarato Katlyn E. McGraw, ricercatrice post-dottorato in Scienze della salute ambientale presso la Columbia Mailman School e autrice principale dello studio. Nell’aterosclerosi le arterie si restringono e induriscono a causa di un accumulo di placca, che limita il flusso di sangue causando coaguli, alla base di infarti, ictus e malattie delle arterie periferiche (Pad) e malattie cardiovascolari (Cvd). L’aterosclerosi provoca la formazione di calcio nelle arterie coronarie (Cac) e l’esposizione a metalli inquinanti è un fattore di rischio recentemente riconosciuto. Lo studio ha utilizzato i dati del Multi-Ethnic Study of Atherosclerosis (Mesa), che ha seguito 6.418 uomini e donne tra i 45 e gli 84 anni, privi di Cvd clinica, per misurare i livelli di metalli nelle urine. Sono stati esaminati metalli non essenziali (cadmio, tungsteno, uranio) ed essenziali (cobalto, rame, zinco) entrambi comuni nelle popolazioni statunitensi e associati a Cvd. L’esposizione ai metalli può associarsi all’aterosclerosi nell’arco di 10 anni, confrontando il quartile più alto con quello più basso di cadmio urinario, i livelli di Cac erano più alti del 51% al basale e del 75% nel periodo di 10 anni. Per il tungsteno, l’uranio e il cobalto urinari, i livelli di Cac nel periodo di 10 anni erano più alti rispettivamente del 45%, 39% e 47%. Per il rame e lo zinco, le stime sono scese dal 55% al 33% e dall’85% al 57%, dopo l’aggiustamento per fattori quali quelli di rischio cardiovascolare come la pressione arteriosa e i farmaci per la pressione, il colesterolo alto e il diabete mellito. “Piccole quantità di questi metalli si trovano un po’ ovunque, questo studio mette in evidenza che anche una bassa esposizione influisce sulla salute cardiovascolare – ha dichiarato Kathrin Schilling, assistente alla cattedra di Scienze della salute ambientale presso la Columbia Mailman School – dobbiamo prestare maggiore attenzione all’analisi dei metalli tossici nelle popolazioni per prevenire e intervenire sull’esposizione”. “L’inquinamento è il maggior rischio ambientale per la salute cardiovascolare – ha aggiunto McGraw – questo studio richiede una maggiore consapevolezza e misure normative per limitare l’esposizione e proteggere la salute cardiovascolare”. (Agenbio) Mmo 11:00