“Calo demografico, problema sociale o patologia?”, di Vincenzo D’Anna

L’Istat, l’istituto nazionale di statistica dello Stato, ci conferma che il calo delle nascite nel Belpaese continua. Lo scorso anno la soglia è calata di un ulteriore 3,5 per cento per ogni mille italiani. Il cosiddetto inverno demografico non trova sollievo nella nostra penisola e permangono tutti gli interrogativi futuri legati alla denatalità, alle future pensioni, alla desertificazione della nazione, all’invecchiamento della popolazione la cui età media ormai è di quasi 83 anni, con il peso economico che questo già comporta sul piano sanitario ed assistenziale.

Argomenti questi ultimi, che appassionano politici, sociologi ed economisti già da molto tempo, ossia da quando il fenomeno della natalità negativa rispetto alla mortalità, ha assunto dimensioni costanti nel corso degli anni. Uno degli argomenti che spesso si inseriscono come corollario del fenomeno è quello dei flussi migratori, ossia di quella massa di persone che da decenni sbarca sulle nostre coste e che, sia pure in minima parte, resta poi sul suolo patrio. Con quegli indici numerici sulla natalità, ragguagliati agli indici di coloro che si insediano come migranti, è del tutto ovvio che ci avviamo verso un futuro multirazziale, multiculturale e multiconfessionale.

Che questa doppia prospettiva sia auspicabile oppure deprecabile è materia di dibattito politico e, lungo lo Stivale, se ne sono già dette di ogni foggia e colore. Si tratta, in ogni caso, di argomentazioni  che, per quanto valide e credibili, ci porterebbero comunque verso altre sponde rispetto allo specifico tema che qui intendiamo trattare. Un tema che da tempo gli uomini di scienza denunciano come grave al punto tale da poter divenire esiziale per la procreazione naturale nel futuro e che incide anch’esso in maniera cospicua sulla denatalità. Tutto questo mentre il sistema politico focalizza la questione sotto il profilo sociale, trascurando le altre concause che parimenti incidono sulla questione. Si corre ai ripari per incentivare, con i bonus economici, la spinta a rimuovere gli ostacoli ed i costi pratici che un nuovo figlio rappresenta dentro il nucleo familiare, oppure si organizzano sistemi complessi e costosi per codificare l’immigrazione.

Nessuno però guarda all’aspetto delle patologie che frenano la fertilità. Il sistema One Health adottato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ossia il ritenere tutt’uno l’aspetto dei fattori ambientali e di quelli sanitari ai fini del mantenimento dello stato di buona salute, ci spinge a guardare alle nuove interazioni tra ambiente e salute e tra questi e la capacità di procreare delle nuove generazioni. Innovativi ambiti di ricerca biomedica hanno individuato le cause del diffuso calo della spermatogenesi e delle malattie dell’apparato genitale femminile, che rendono un’elevata percentuale delle coppie incapaci di procreare per via ordinaria e naturale. La tossicità ambientale, le scorie biologiche e chimiche presenti negli alimenti, nelle acque e nell’aria, determinano il forte incremento delle patologie legate alla fertilità di coppia. Più del 40 per cento delle nascite sono assistite, determinate, da procedure medico- biologiche. Il numero dei gameti maschili si è ridotto 80 per cento e le endometriosi e le disfunzioni ovariche galoppano tra il genere femminile. Condizioni patologiche diffuse che costringono migliaia di coppie a sottoporsi a costose procedure pre e post impianto di ovuli fecondati artificialmente. Siamo nell’ordine di decine di migliaia di euro e di un calvario fisico per la donna.

Altro fattore incidente sulla patologia, anche laddove non si rilevano altri ostacoli sui gameti e sugli organi riproduttivi, è il microbiota intestinale, ossia la corretta composizione della flora batterica con le migliaia di specie batteriche che la compongono. La tossicità degli alimenti, gli stili di vita, l’ignoranza di questi fattori, alimentari ed ambientali, come incidenti, defrauda migliaia di coppie dalla possibilità di concepire un figlio. Solo nel prossimo anno il Sistema Sanitario renderà gratuite parte di quegli esami propedeutici alla verifica di questi fattori per il concepimento. Il rimanente, non di poco conto economico, resta a carico della coppia. La recente legge che rende reato universale “l’utero in affitto” per quanto moralmente ineccepibile, sbarra la strada ad una delle soluzioni, la più estrema ed eticamente opinabile, per procreare. Una condizione che spingerà l’umanità ad organizzarsi verso sistemi medicali e biologici che “costruiscano” i bambini invece di concepirli secondo le millenarie leggi di natura. Se i figli diventano un costoso artefatto, l’eugenetica sarà la pratica ricorrente e la selezione dei nascituri soggetta a prezzolate manipolazioni. Un’umanità rarefatta nei paesi occidentali, colonizzata dai paesi più poveri che vi migrano, ma che saranno composti da esseri umani di migliori attitudini e prospettive di vita. La razza superiore si para alle porte come deterrente, di un Europa vecchia e spopolata?

 

Dott. Vincenzo D’Anna

Presidente Fnob