Roma, 17 gennaio 2025 (Agenbio) – Le tecniche di riproduzione assistita non aumentano il rischio cardiovascolare. A dirlo è un’analisi pubblicata sull’European Heart Journal a firma di Giulio Stefanini, cardiologo responsabile della Ricerca Clinica del Cardio Center di Humanitas e di Nicoletta Di Simone, ginecologa responsabile del Centro Multidisciplinare di Patologia della Gravidanza di Humanitas San Pio X.
La meta-analisi ha preso in considerazione dieci studi e ha incluso complessivamente oltre 500.000 donne che si sono avvalse di tecniche di procreazione assistita, con oltre 36 milioni di donne non trattate come gruppo di controllo.
«I risultati ottenuti sono rassicuranti – commenta Giulio Stefanini –: non è stata riscontrata alcuna evidenza significativa che l’uso della PMA aumenti il rischio di eventi cardiovascolari gravi, cioè di infarti, ictus o tromboembolie, nei 10 anni di follow-up inclusi negli studi. Non solo, ma il tasso di rischio di disturbi cardiovascolari, anche non acuti, tende a diminuire con il passare del tempo, fino a stabilizzarsi a livelli simili a quelli delle donne non trattate. Questi risultati sono importanti per le donne che ricorrono alle tecniche di riproduzione assistita e per i professionisti sanitari, poiché suggeriscono la necessità di monitorare la salute cardiovascolare delle pazienti soprattutto nei primi anni dopo il trattamento».
Il passo successivo sarà studiare l’impatto cardiovascolare specifico delle diverse tecniche di PMA e come questo cambi in base al numero di cicli effettuati, per identificare eventuali disparità tra le tecniche e fattori di rischio particolari, su cui occorrerà porre particolare attenzione. (Agenbio) Etr 14.00