Sono alla guida dei Biologi italiani da sei anni e mezzo. Cinque come presidente del disciolto Ordine nazionale e poco più di un anno come presidente della neonata Federazione Nazionale degli Ordini dei Biologi regionali e sovra regionali (Fnob): undici in tutto gli enti dislocati territorialmente, in rappresentanza di circa sessantamila iscritti.
Per quanti sforzi siano stati fatti finora, tutti documentati e documentabili, siamo ancora abbastanza lontani dall’aver costruito uno spirito di categoria, un diffuso sentimento di “appartenenza”. Ed è proprio su quello che ancora manca e non su quel non poco che è stato fatto – sotto ogni profilo – che ho voluto impostare questo editoriale. Se ci volessimo infatti cullare su quanto fin qui portato a termine, anche solo a mo’ di comparazione con le epoche pregresse, potremmo mostrare la coda del pavone illudendoci di aver esaurito la spinta propulsiva e propositiva di cui s’era avvertito il bisogno per il definitivo salto di qualità della nostra categoria.
Tuttavia, adusi a guardare avanti e non indietro, preferiamo evitare di menar vanto di questo o di quel traguardo di tappa, se non per misurare cosa resta ancora da fare per arrivare a fine corsa. Qualunque sia la considerazione sullo “stato dell’arte” preme dire, con franchezza, che molte mete non sono state ancora raggiunte perché amministriamo gli interessi, le opportunità, i diritti e le tutele di una rappresentanza che, per ancora ampia parte, non ha alcuna voglia di progredire, se non quella di migliorare le proprie sorti individuali ed integrare i rispettivi redditi professionali. Insomma, per parlarci chiaro, non siamo evidentemente arrivati a coinvolgere, interessare, rendere consapevoli e partecipi tutti gli iscritti. Almeno non quella vasta massa di colleghi che ancora vive una realtà particolare, egoistica e disinteressata rispetto ai progressi generali della categoria alla quale pure essi appartengono.
Un insieme di solipsisti che tutto ignora e che spesso è incline a criticare, a lamentarsi ed a commiserarsi di tutto! A questo “insieme”, che potremmo chiamare atarassico, nulla giunge del nuovo e del buono che pure si raggiunge se non riguarda loro personalmente, se non tange il piccolo interesse o minaccia l’orticello domestico. È da quella massa che partono le critiche qualunquistiche o le grida d’allarme quando qualcuno o qualcosa ne minaccia il quieto vivere e il personale esercizio della professione. A questi “apatici” si sommano i cosiddetti “benaltristi” coloro per i quali niente riveste carattere di progresso e di miglioramento, ma c’è sempre bisogno d’altro. Discorso vecchio e già fatto il nostro? Sissignore! Ma quantunque sia ripetitivo, pochi sono quelli che lo hanno focalizzato.
Da dove si evince tutto questo? Non certo da un’opinione vaga e generica, ma da un sondaggio (il quarto) che abbiano fatto svolgere su un campione di iscritti rappresentativo, quello che gli statistici chiamano “orizzonte di riferimento”. Potrete trovare e consultare tale statistica, commentata da Antonio Noto, famoso sondaggista della Rai Tv, sui nostri consueti canali d’informazione e su questo numero del giornale: scoprirete che mette a nudo, con l’eloquenza dei numeri, le cose che ho appena affermato. Ebbene: al sondaggio ha risposto qualche migliaio di colleghi, ma altrettanti si sono rifiutati di farlo per paura di esporsi o per una forma di innata reticenza! Certo rispetto a quello di quattro anni fa, i dati sono migliorati ad ogni livello ed una migliore disponibilità la si è comunque notata in quelli che hanno accettato di rispondere. Così come migliori sono risultate le opinioni sull’opera svolta della Federazione.
La maggioranza degli intervistati ha dichiarato di apprezzare molto, oppure abbastanza, l’attività formativa, informativa, eventi e le altre opportunità offerte, a tutela dei Biologi iscritti, in ogni regione, anche per il tramite degli Ordini locali. Questi ultimi scontano pure il lento abbrivio sui territori e la mancanza di esperienza “politica” nella gestione di un organismo elettivo e pubblico. Non mancano certo disparità tra gli stessi ordini territoriali, essendo la percezione degli iscritti dipendente dal diverso grado di attività presente ai livelli territoriali. Quello che non va affatto è ancora la scarsa conoscenza e l’informazione adeguata sulle vicende degli Ordini insieme con la partecipazione personale ad eventi ed appuntamenti decisionali. In democrazia gli eletti somigliano agli elettori che li scelgono, ed è quanto accade per tutte le istituzioni elettive e democratiche. Ma che il disimpegno possa riguardare il quaranta percento del totale degli iscritti non è tollerabile! Che migliaia di colleghi non siano ancora muniti di PEC oppure non conseguano il numero stabilito di crediti ECM, seppure offerti gratuitamente (ed in maniera qualitativa!), non è un segno accettabile. Così come non è più tollerabile non applicare le sanzioni di legge (sospensione dall’Albo e multa salata) che ci vengono sollecitate dal Ministero vigilante. In sintesi: i conti non tornano, ma dovranno tornare. Piaccia o meno.
di Vincenzo D’Anna
Presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Biologi